La pioggia, che da giorni ormai sembrava voler allagare le campagne, aveva finalmente cessato di battere sopra i tetti della piccola Gubbio. A rubarle la scena, ora c’era un fortissimo vento gelido.
Gli infissi della finestra della camera da letto di Roberto e Lucia non sembravano accennare nemmeno ad una leggera pausa, tra un tonfo e l’altro. Il vetro era costantemente colpito dai tanti turbinii di foglie ormai secche, che - dai prati poco distanti dal casale di campagna - si alzavano continuamente, mosse dal respiro del cielo, come se volessero festeggiare quella piccola tregua, dopo aver nuotato per troppo tempo in litri e litri d’acqua, con una danza sublime e allo stesso tempo accattivante.
L’orologio sul grande comodino in legno di noce segnava già la mezza notte.
Nonostante l’ora tarda, la camera era ancora perfettamente inanimata, piena soltanto del buio di fuori e dell’ululare del vento che gli spessi doppi vetri non riuscivano a tener fuori.
Di sotto, nella calda e piccola cucina, accanto al fuoco che, ormai quasi del tutto spento, sembrava voler esulare in fretta l’ultimo respiro nel grande e vecchio camino, c’erano loro.
Stretti in una soffice coperta di lana, ragionavano su che cosa sarebbe stato il giorno dopo, fin troppo consapevoli che la ricorrenza di santa Caterina, 25 novembre, era oramai passata. I tempi della raccolta delle olive erano maturi.
Stettero lì ancora un po’, poi, con una sola mezza candela fra le mani, si diressero di sopra.
Pochi istanti dopo spensero anche quell’ultimo barlume, lasciando spazio solo al loro bisogno di dormire e all’ormai fin troppo persistente rumore dell’inverno che, seppur anticipatamente, sembrava essere arrivato già da un po’.
Il mattino dopo furono svegliati dalla flebile luce del sole appena sorto e dal gracchiare, anche un po’ stonato rispetto a quello che sarebbe dovuto essere, dell’attempato gallo del loro pollaio.
Si alzarono di buona lena, si vestirono in fretta, fecero una breve e frugale colazione, dopodiché iniziarono i preparativi per l’imminente raccolto.
Come prima cosa si diressero in garage, a prendere quei pochi teli che avevano per sistemarli sotto le piante e qualche balla per poter riportare ciò che sarebbero stati i risultati del loro lavoro.
L’oliveto, da molti anni ormai, sembrava aver riacquistato il suo solito splendore. Il verde uniforme e fin troppo fitto su quei grandi rami e la presenza nera del frutto maturo, erano i segni più evidenti e felici degli ottimi risultati che la loro cooperazione aveva portato.
Cosi cominciarono.
Durante quelle ore di lavoro non si dissero niente, ognuno occupato nella sua specifica mansione, ognuno contento di godere di quella pace naturale.
Mentre Roberto si adoperava con agilità in braccio alle sue amate olive, Lucia si occupava della sistemazione dei teli sotto alle stesse e alla pulizia accurata dei rami più bassi, non volendosi pericolare troppo altrove.
Acino dopo acino era già arrivata l’ora di pranzo.
Volendo approfittare della bellezza di quella giornata di sole, Lucia tornò a passo svelto verso casa, preparò come meglio poté un cestino colmo di vivande, dopodiché torno dove era Roberto.
Seduti sotto l’ombra di una pianta, interruppero finalmente il silenzio.
Sempre con il pensiero rivolto all’attività che stavano portando avanti, fu Roberto a parlare per primo.
Indicando tutta la vastità che avevano di fronte, disse: “Che ne dici, credi che ci vorranno più di dieci giorni per completare il lavoro?”.
Osservando anche lei ciò che la circondava, Lucia rispose: “Non saprei cosa dirti. Quest’anno, a differenza degli altri, sembra esserci un’abbondante produzione. Fare un conto più o meno preciso del tempo che occorrerà per pulire tutte le piante è un po’ difficile. Ciò che è certo è che, comunque vada, per finire in tempi ragionevoli, occorrerà impegnare sia mattina che sera, non possiamo permetterci delle pause”.
Roberto annuì, dandole ragione, poi continuò: “Non vorrei essere in ritardo con la consegna al frantoio. Come ogni anno ho prenotato per i primi giorni di dicembre, diciamo intorno al 15 o 16 del mese, giusto per prendercela un po’ con comodo”.
Finirono in breve tempo di mangiare ciò che Lucia aveva preparato, mentre continuavano a ragionare insieme sul da farsi.
Alle due e mezza del pomeriggio diedero di nuovo il via alla raccolta e al silenzio, fino al momento dell’imminente avvicinarsi del tramonto.
Al calare del buio sulla grande distesa di piante, ripresero tutto ciò che si erano portati dietro e tornarono a casa, impazienti più che mai di sapere quanto erano riusciti a staccare, oliva dopo oliva, dalle cinque piante che, in quella prima giornata, avevano sistemato.
I loro occhi s’illuminarono di gioia quando videro il peso segnato dalla bilancia posta in garage. Facendo un rapido conto, ogni pianta, mediamente parlando, aveva prodotto quasi un quintale di frutto.
Rincasarono soddisfatti.
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