La sveglia alle sei e trenta.
Di tutti i giorni dell'anno, quello - nonostante si trattasse di una domenica - rientrava tra i pochi in cui non le pesava alzarsi a quell'ora.
Le coperte, più leggere da che era arrivata la primavera, sembravano quasi sollevarsi dal corpo da sole. Come a volerla invitare, anche loro, a lasciare l'incanto di quel riposo che - stranamente - non aveva subito interruzioni notturne.
Allora, ignorando il brivido lungo la schiena causato dal diretto contatto dei piedi con la superficie fredda delle mattonelle, Emanuela si diresse di corsa in bagno.
Fatta la doccia appena la sera prima, le serviva unicamente di lavarsi il viso ed i denti. Niente trucco.
Quindi, dopo un'occhiata veloce allo specchio, si concesse di perdere qualche minuto in più per ravvivarsi i capelli.
Era passato poco più di un anno, da che aveva deciso di lasciarli crescere, e la chioma era già sufficientemente lunga. Tanto da arrivare a sfiorarle le spalle.
Con le dita immerse in quell'intreccio di ricci, ignorando il pettine a denti larghi casualmente poggiato sul bordo del lavandino, cercò di districare alla meglio i pochi nodi che - nel sonno - erano riusciti a prendere vita.
Una, due, tre passate; fino a che fu sufficientemente soddisfatta del risultato e decise di procedere con le altre incombenze mattutine.
Da che aveva cambiato lavoro, passando dalla staticità di una scrivania allo stimolo di un impiego molto più consono alla sua predilezione per la manualità, anche l'abituale momento di fronte all'armadio aveva subito cambiamenti radicali.
Dopo quattro anni trascorsi a dover scegliere tra camicette e tailleur pantalone di diversi colori, tessuti e modelli; finalmente poteva abbandonarsi alla comodità di felpe, jeans e tute da ginnastica.
Difatti, la lancetta dei secondi aveva fatto appena in tempo a compiere trenta piccoli "passi", che Emanuela già stringeva in mano tutto l'occorrente per vestirsi.
Uscita in fretta dal pigiama ancora tiepido, con movimenti meccanici si coprì di nuovo.
In quel giorno speciale aveva voglia di rosso e... rosso fu. Un altro piccolo particolare vantaggio del non essere più obbligata ad osservare una certa etichetta: poter usare i colori nel vestire; come un eccentrico artista li adopererebbe su di una tela.
Quindi, scarpe ai piedi, scese al piano di sotto per la colazione.
Tralasciando l'abitudine di accendere il televisore per l'oroscopo quotidiano, si diresse subito di fronte al frigorifero.
Quella domenica, visto l'imminente appuntamento con Ilaria, avrebbe dovuto fare come fosse stata un qualsiasi giorno feriale.
Niente fette biscottate e miele, comodamente seduta di fronte ad una tazza di caffellatte bollente. Solo uno yogurt e due o tre biscotti integrali sgranocchiati al volo; con le chiavi della macchina già in una mano e la giacca stretta tra la piega del gomito.
Chiuso il portone alle spalle, minacciose nuvole nere l'accolsero dall'orizzonte.
La speranza era che non si mettesse a piovere proprio quella mattina, ma... Giusto per andare sul sicuro, Emanuela aveva preso comunque un ombrello con sé.
Le bastarono cinque minuti, per arrivare al parcheggio dell'appuntamento.
Puntuale come un orologio svizzero, Ilaria era già lì ad aspettarla.
Entrambe appassionate di musica andina, si erano conosciute cinque anni prima ad un corso per imparare a suonare il flauto di Pan. Corso che, puntualmente, poi entrambe avevano interrotto; convenendo in pieno sul fatto che fosse più semplice recarsi in un qualsiasi negozio di Cd adeguatamente fornito ed acquistare le novità del genere.
Il loro era un rapporto particolare; privo di serate prestabilite, di appuntamenti fissi e di telefonate quotidiane.
Si vedevano di tanto in tanto, senza fare peripezie tra impegni in agenda e svago personale e si chiamavano solo quando c'era qualcosa di veramente urgente da comunicarsi. Qualcosa che non potesse aspettare di ritrovarsi occhi negli occhi, magari in compagnia di due belle pizze vegetariane.
"Buongiorno! Dura la levataccia, eh?".
Ilaria, con gli occhi notevolmente messi in evidenza dalle occhiaie, le lasciò a mala pena il tempo di scendere dall'auto. A giudicare dall'aspetto, doveva riferirsi a lei.
Emanuela non poté trattenere un sorrisetto. Quindi, più per punzecchiarla, che per avere una risposta vera e propria, controbatté: "Fatto le ore piccole?".
Quindi, l'attenzione - per entrambe - si focalizzò subito sul motivo del loro essere lì. L'orologio al polso segnava le sette e un quarto.
Andando subito al nocciolo della questione, Ilaria sentenziò: "Non so tu, ma... io non ho lo spirito giusto oggi, per farmela tutta a piedi".
Chissà perché, ma Emanuela ci avrebbe scommesso che sarebbe andata a finire in quel modo.
Difatti, nonostante l'abbigliamento adeguato e le scarpe comode, non provò nemmeno ad obiettare.
Incamminandosi, prese a dirigersi verso la funivia: "Almeno spero vorrai darti comunque una mossa, adesso. Io... non ho intenzione di fare minuti e minuti di fila, per raggiungere la basilica".
Sì, signore!
Ilaria, con la sua moneta da due euro già tra le dita, in uno slancio le fu subito a fianco.
Fortuna loro, la celebrazione della messa era prevista per le otto. Niente fila da affrontare.
Il largo anticipo che avevano, permise loro non solo di non sprecare il tempo in un'interminabile attesa, ma anche di essere in cima al monte sufficientemente in orario, per potersi godere una gustosa colazione al tavolino del bar. Qualcosa che andasse ad integrare lo yogurt ed i biscotti che, più che saziarla, ad Emanuela avevano fatto aumentare la fame.
Or dunque...
Affacciate sul panorama della città, dalla loro cabina sospesa in aria, entrambe rimasero in silenzio per un po'.
Fu Ilaria, una volta riuscito ad ignorare il vento gelido ed i capelli continuamente sbattuti in faccia, a parlare per prima. Di nuovo, una domanda.
"Li hai visti?".
Non ci fu bisogno che specificasse il "soggetto". Romina aveva capito alla perfezione a cosa si stesse riferendo: "No. Sono settimane che ne sento parlare in giro per la città, ma... ho voluto conservarmi la sorpresa per oggi. E tu?".
"Idem. Non solo, gli impegni con l'università e la tesi ormai vicina mi hanno tenuta fuori più del previsto. Ma...".
Una piccola pausa per riuscire a toccare di nuovo i piedi a terra, prima di riprendere: "Ho sentito dire che sono uno spettacolo. Sono più che sicura di rimanere a bocca aperta, non appena me li ritroverò davanti".
... ... ... ... ...
Hey, scrivi veramente bene!
RispondiEliminaMa sbaglio o Emanuela somiglia a qualcuno che conosciamo???
Ciao mia cara, questa volta non voglio essere ripetitiva con gli elogi e quindi vengo al sodo....non farmi aspettare tanto per leggere il seguito perchè non stò più nella pelle!!!
RispondiEliminabaci
Ciao Elisabetta!
RispondiEliminaGrazie mille... sì, penso proprio che tu abbia ragione! Un abbraccio, a presto.
Ciao Sofia!
Sono felice che questa piccola lettura ti abbia catturato tanto, da non farti stare più nella pelle. Vedrò di fare del mio meglio per non metterci troppo a scrivere (eh, sì... non l'ho ancora fatto!) il finale. Un abbraccio grande, a presto!