Notte. Stelle.
L’aria è piena dell’odore della pioggia appena caduta, dell’odore della terra bagnata dopo giorni e giorni di sole ardente.
Il vento soffia leggero. Tanto leggero da non riuscire a sollevare nemmeno un granello di sabbia. Nessun mulinello.
I capelli di Ilaria si muovono delicati, le accarezzano il viso. Una chioma fondente che, come una mano invisibile, la solletica sulla pelle dorata.
Sorride Ilaria.
Note indistinte le arrivano all’orecchio dal locale poco lontano. Si mischiano al rumore di sonore risate.
La spiaggia è deserta. Gli ombrelloni ormai chiusi somigliano ad una schiera di militari sull’attenti davanti al comandante. Il mare è il comandante.
Tornato silenzioso dopo la mareggiata, si diverte a giocherellare con quelle poche conchiglie sul bagnasciuga. Avanti, indietro e ancora avanti.
Ilaria è incantata a guardare lo spettacolo. Le piace quel posto, le è sempre piaciuto.
Il profumo di salsedine la fa sentire viva. Rinvigorita nell’anima.
Ricordi di tempi passati le tornano alla mente.
È tornata bambina. È insieme al suo papà. Stanno giocando a costruire castelli di sabbia.
“Coraggio! Vediamo chi riesce a farlo più bello. Chi vince si aggiudica un gelato al cioccolato”.
Un grand’uomo il suo papà. Il suo primo amore. Il più immenso. Quello che, veramente, dura tutta la vita. Per sempre.
Le manca. Le manca da morire.
Vorrebbe averlo accanto. Vorrebbe sentirsi stringere forte come solo lui sapeva fare. Vorrebbe farsi consolare per quella giornata andata non troppo bene. Vorrebbe sentirsi incoraggiare.
Sì. Ha bisogno di coraggio. Per vivere. Per riuscire a vivere i suoi sogni.
Ne ha tanti Ilaria. Tanti sogni e desideri speciali che in testa non lasciano spazio a nient’altro.
L’acqua, capricciosa, le arriva a bagnare i piedi. Sta camminando Ilaria. Sopra la schiuma del mare.
Orme piccole e precise rimangono per un po’ dietro di lei. Non un’ombra, una testimonianza del suo passaggio.
Non ha voglia di tornare in albergo. È una bella serata. Una serata di stelle.
Non le importa di sapere che domani, come ogni giorno ormai da più di tre mesi, la sveglia suonerà prestissimo. Non le importa di sapere che domani dovrà di nuovo indossare quel grembiule, di nuovo correre tra un tavolo e un altro. Tra gente che non sa niente di lei. Che a volte la rispetta e a volte no. Non le importa.
Continua a camminare Ilaria. Silenziosa. Sola.
Per quella sera almeno vuole sentirsi diversa. Vuole sentirsi una principessa. Un po’ come Cenerentola. Non pensa alla mezza notte che prima o poi scoccherà. Vive il momento.
Peccato che per lei non ci sia nessun principe azzurro nei paraggi. Davvero un peccato.
Vuole sentirsi amata Ilaria. Forse questo è il suo desiderio più grande.
Di nuovo un ricordo.
Di nuovo suo padre.
“Anche se non potrò essere con te in carne ed ossa, sappi che non ti abbandonerò mai. Sei il regalo più bello che la vita abbia potuto offrirmi. Il gioiello più prezioso. Il diamante più splendente. Non permettere mai a niente e nessuno di offuscare la tua bellezza. Vivi, vivi con il cuore. Sempre”.
Ci aveva provato Ilaria. Tante, tantissime volte. Non è facile.
Il mondo non è come lo avrebbe voluto. Le persone, spesso, non sono come si vorrebbero.
Se lo ripete nella testa… nessun principe azzurro nei paraggi.
Continua a mandare i piedi uno avanti all’altro Ilaria. Non è stanca.
Molto probabilmente il sonno, per quella sera, non sarebbe più arrivato.
Allora tanto vale continuare. Avrebbe aspettato l’alba. Avrebbe vissuto la notte in tutti i suoi particolari. Continuando a pensare. Era un’altra cosa che le piaceva.
Nulla di particolare in mente. Solo il continuo sibilo di una voce profonda e insistente. Forse sconosciuta. Non lo sa Ilaria.
La incita a cercare. Un cuore che batte non può battere a vuoto. Vuole far battere il suo per qualcuno.
Si mette a giocherellare con la sabbia bagnata Ilaria. Con le dita dei piedi solleva da terra piccoli riccioli. Piccole onde marroni che, presto abbandonate dall’umidità, tornano ad essere solo granelli. Tanti granelli.
Quel posto la affascina anche per questo. Per tutti quei granelli. Immagina il lavorio che c’è voluto per un simile risultato. Non è questione di poco. Secoli probabilmente.
Le piace riflettere sulle origini di ciò che la circonda. A volte cambia la realtà, mischiandola insieme alle sue fantasie, a volte no. Dipende dal momento.
La spiaggia. Per lei solo il risultato di un’enorme clessidra rotta. Il mare… l’insieme di tante lacrime. Non lacrime umane. Lacrime d’angelo.
Mentre osserva ancora i piccoli, quasi minuscoli cerchi che, fitti fitti, sono disegnati su quella distesa, marrone come i suoi occhi, le torna in mente quella convinzione.
Sì. Una convinzione singolare in vero. Qualcosa che riguarda la pioggia. Qualcosa in tema con quella giornata insomma.
Gocce dal cielo, gocce fredde… lacrime d’angelo. Questo pensava. Questo pensa.
La pioggia non è altro che la tristezza degli angeli che si fa acqua. La tristezza di piccole creature alate che vivono nelle nuvole e ci osservano da lontano. Ci guardano, e ridono di noi e gioiscono per noi e piangono. Piangono perché in questo mondo quasi nulla va come dovrebbe. Perché è un mondo che sempre più spesso lotta per le cose sbagliate e lascia perdere le “guerre” giuste.
Ma si può dire che una guerra è giusta? Ilaria non lo sa.
Tante cose non sa, ma questo non è mai stato un problema.
Ilaria continua a camminare. Ancora sola. Ancora con la testa piena di tanto, forse di troppo.
Sa perfettamente di essersi allontanata di molto dal suo alloggio, ma non le importa.
Vuol continuare ad andare avanti. Quella sera. Nella vita. Sempre.
È fatta così. Lei. Tutto il suo mondo. Quel suo strano modo di passare il tempo.
A chi verrebbe in mente di camminare al buio in riva al mare?
Chi penserebbe di passare in quel modo una piacevole sera d’estate?
Molti affollano le discoteche. In tanti se ne stanno seduti ai banconi dei bar con la speranza che il cameriere si accorga di loro e gli dia qualcosa per placare la sete. Altri ancora, magari, decidono di rimanere a casa in compagnia della tv. Lei no. Lei si sente estranea a tutto questo. Preferisce il mare. Ama il mare.
Una passione presa dai suoi genitori. Si erano conosciuti proprio su quelle coste. Proprio di fronte a quello stesso panorama.
Sa a memoria la storia del loro incontro. Se la faceva raccontare, da bambina, ogni volta che non le riusciva di addormentarsi.
Che romantico. Un inizio da favola. Ogni istante da favola.
Sua madre le raccontava di essersi trovata in vacanza lì poche settimane dopo aver sostenuto l’esame di maturità. Era riuscita a diplomarsi con il massimo dei voti. Alle magistrali.
Suo padre, invece, più grande di tre anni, lavorava in spiaggia come stagionale. Un bagnino dal fisico non troppo vistoso, ma bello nel complesso, nei suoi centonovanta centimetri d’altezza.
Un incontro indimenticabile. Era una sera d’agosto proprio come quella.
Il sole era da poco calato. Il caldo che aleggiava nell’aria era quasi insopportabile. Sua madre Maria stava tornando a casa dopo essersi concessa una lunga nuotata rinfrescante, quando un inaspettato soffio di vento le portò via il pareo che teneva distrattamente in mano, insieme ad altre cose.
Buffo a pensarci.
Ebbene, quel piccolo pezzo di stoffa multicolore andò a finire proprio ai piedi della postazione di vedetta di Luigi. Suo padre.
Nel cielo sembrarono saettare milioni di fulmini quando gli sguardi si incontrarono. Marrone contro blu. Terra contro acqua. Fu fatale. Non scoccò la scintilla, sembrò essere esplosa una bomba.
Questo le diceva sua madre ogni volta. Ogni volta con le lacrime agli occhi. Ogni volta con una felicità immensa nel cuore.
Dio quanto vuole anche lei provare una felicità simile.
A venticinque anni comincia a sentirsi fin troppo triste quando pensa a certe cose.
Perché l’amore non può arrivare quando più lo si desidera? Perché colpisce quando meno te lo aspetti?
Interrogativi. Ancora interrogativi.
Pazzi, folli, troppi, confusi. Ha smesso di cercare di razionalizzare la cosa. È inutile. Quella è la sua testa. Così è fatta.
Continua a camminare Ilaria. Aumenta l’andatura. Sa che sono passate più di due ore dal momento in cui ha mosso il primo passo.
Ancora è buio, ma presto, molto presto sarà un nuovo giorno.
È stanca di quell’oblio. Presto il sole tornerà a reclamare la scena. Proprio come l’estate era tornata a reclamare il suo ruolo di protagonista dopo quelle ultime quarantotto ore di pioggia ininterrotta.
Un fenomeno strano per essere agosto. Ilaria ricorda di più la violenza dei temporali estivi. Per lei è spontaneo, come forse anche per altri, abbinare le lunghe giornate grigie e bagnate con i mesi più freddi. Novembre, dicembre, gennaio. Questi. Non agosto.
Nessuna intenzione di fermarsi. Vuole arrivare agli scogli poco più in là Ilaria. Quelli che conosce bene. Quante cozze staccate da lì…quante spaghettate fra parenti…
La sabbia, man mano, si fa più fina e asciutta. Non più agglomerati.
Piccole manine di bambini addormentati non aspettano altro. Di poter giocar di nuovo con quella polvere particolare, di potercisi rotolare come fossero fette di carne da panare, di potersela tirare per dispetto, di poterla modellare con secchiello, paletta ed altre formine. Proprio come faceva lei un tempo con suo padre.
Magari anche lei, l’indomani, avrebbe trovato il modo di tornare in quel paradiso incontaminato. Lontana dai rumori del posto di lavoro, lontana da quel tizio tanto autoritario. Il suo principale.
Magari si sarebbe finalmente licenziata e sarebbe corsa in spiaggia a godersi la giornata.
È stanca di camminare al buio. Stanca.
Guarda gli scogli ben distinti a pochi metri di distanza. Sorride Ilaria.
Correndo, lasciando che il mare l’accarezzi per l’ennesima volta, arriva fino a toccarli, fino a sedercisi sopra.
Che meraviglia. Una nuova potente ondata di salsedine le riempie le narici.
È il paradiso. Questo è il paradiso. Lo urla al cielo.
È sicura di essere sola in quel momento. In quel momento tutto per lei.
Si sbaglia.
Da dietro una voce d’uomo, di ragazzo per meglio dire, la coglie di sorpresa: “Anche fosse vero, non sa che non può stare qui a quest’ora? Non ha letto il cartello accanto alle cabine?”
Ilaria sorride senza dir niente. Continua a dondolare i piedi nell’acqua che le arriva poco sopra le caviglie.
L’altro, quasi irritato da quella sua indifferenza, ripete la domanda: “Allora? È sorda per caso? Le ho chiesto se ha letto il cartello”.
Prima si deve accontentare di un singolo cenno di diniego. Poi, anche per lui, una domanda: “Lei che vuole da me, scusi? Non ha visto che sto provando a rilassarmi? È stata una brutta giornata. In fondo non corrodo mica la pietra se me ne sto un po’ seduta qui!”
“Sono il bagnino. Da qualche tempo è severamente vietato stare in spiaggia dalle 11 di sera alle 5 di mattina”.
Ilaria non riesce a trattenere una risata. Questa si che è bella. Proprio nelle ore in cui lei può ritenersi libera, la spiaggia, il suo posto preferito in assoluto, è off limits.
Scende con grazia dalla scogliera. L’immediato contatto con la sabbia le provoca piacere. Fresco.
Allunga una mano verso il bello sconosciuto dagli occhi verdi e i capelli color miele: “Mi chiamo Ilaria. Piacere”.
Lui è Marco. Bellissimo Marco. Affascinantissimo.
Continuando a tenerla stretta per la mano, le ripete: “Non può stare qui. Gliel’ho detto”.
Ilaria continua a non badare a quello stupido particolare.
Con una familiarità disarmante per Marco, lo tira fino a dove il mare non arriva più con la sua danza.
Si siede a terra, attende che anche lui faccia altrettanto, poi, senza lasciargli il tempo di dire altro: “Mi ci voleva proprio un po’ di compagnia questa sera. Sei capitato al momento giusto”.
Si sdraia supina su quel materasso naturale Ilaria. Belle le stelle. Le fissa con un’intensità particolare. Bello il cielo in generale.
Marco sorride di quella buffa ragazza. Deve ammettere che non gli è mai capitata una situazione del genere. Di solito è lui a farsi avanti. Di solito ha a che fare con ragazze troppo timide anche per riuscire ad esprimere sentimenti piacevoli. Piacevoli come quelli che stava provando in quel momento. Sentimenti caldi, confusi, in parte sconosciuti.
Rimane a fissare Ilaria in silenzio per un po’.
Allora guarda anche lui le stelle, e di nuovo Ilaria, e di nuovo le stelle e di nuovo Ilaria.
“Se vuoi vado a prendere il binocolo in cabina. Così forse riuscirai a scorgerle meglio se dovesse caderne qualcuna”.
Che sciocca. Se ne era proprio dimenticata.
Agosto. Il 10 agosto. La notte delle stelle cadenti. La notte di San Lorenzo.
“Non serve. Le scie che lasciano sono così luminose da non passare certo inosservate. Piuttosto, sdraiati anche tu. Avrai qualche desiderio da affidare all’universo no?”
“E tu ne hai?”
Ilaria non risponde.
Poggiandosi su un gomito, torna a fissarlo negli occhi.
È bello. Nonostante l’oscurità ancora tutt’intorno, i suoi lineamenti sono ben chiari.
Un leggero movimento in avanti, la ricerca della sua mano, la ricerca del suo calore, del suo sapore… un bacio.
Tenero, nulla di più. Tanto tenero da far desiderare altro.
“Ne ho molti”.
Poi Ilaria si appoggia su quel torace muscoloso. Per nulla spaventata da quel suo comportamento. Dimentica di tutto quanto. Di tutto il resto.
Anche se di stelle ancora non ne sono cadute davanti ai suoi occhi… vuol provare a realizzare il suo desiderio più grande.
PS: Eccomi di nuovo qui, non sono sparita nel nulla. Anche se sembrava. Le giornate continuano ad essere lunghe e frenetiche e, come sono sicura capirete, il tempo per tutto questo rimane sempre troppo poco. Così, posto oggi un racconto scritto un pò di tempo fa per un concorso. Spero vi piaccia. A presto!
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