Elena continuava a
guardarsi le scarpe, senza prestare attenzione ai discorsi delle amiche. Le
piaceva uscire in loro compagnia, ma c’erano sere in cui avrebbe preferito
rimanere a casa. Magari, in compagnia di un libro. Se i pensieri non erano
troppo invadenti, da costringerla al sonno prima del solito.
Oltrepassarono la
gelateria affollata, dirette al Corso. L’avrebbero attraversato più o meno per
metà, poi sarebbero tornate indietro. Già lo sapeva.
Cercò di ignorare le
occhiate di alcuni passanti che, al contrario di lei, sembravano avere a
disposizione almeno un motivo per essere allegri e spensierati.
Non che lei non ne avesse.
Solo, non ne aveva a portata di mano quella sera.
“Elena… si va a ballare,
poi?”.
Odiava ballare, ma fece
comunque di sì con la testa. Quando non era il sonno l’escamotage per non
pensare, quasi sempre lo diventava la musica. Meglio, se ad altissimo volume.
Continuò a seguire la scia
di profumo che le amiche lasciavano, continuando ad ignorare completamente i
loro discorsi. Sembravano euforiche, concitate a tratti, ma non avrebbe saputo
dire il perché.
Ipotizzava si trattasse
delle solite questioni di cuore.
Proprio per questo, forse, la mente si rifiutava di coinvolgersi.
Ventisette anni. Una
storia finita male alle spalle, un’insensata passione per un ragazzo visto
cinque volte in totale e la voglia più assurda di sparire del tutto dal mondo;
emotivamente parlando.
Anche se aveva provato a
ripetersi che sarebbe stato normale, Elena non ce la faceva proprio ad ignorare
quella piccola vocina interiore che sempre, sempre, sempre le suggeriva di
tenersi al riparo dal rischio, dal dolore… dalla vita; in sintesi.
Non c’è il modo di
sfuggire alle ferite. Le aveva detto una volta una sua amica psicologa.
Aggiungendo che ogni medaglia ha un dritto e un rovescio. Che ogni rosa è
contornata di spine. Che per ogni giorno di sole ce n’è uno di pioggia. Eccetera,
eccetera, eccetera.
Se solo si fosse messa
d’impegno e se solo non le avesse fatto tanto male pensare a quanti, già,
avevano provato a spronarla… Elena avrebbe potuto scrivere un libro, su quelle
metafore di vita. Invece…
Rimaneva senza far niente.
Preferiva non prendere nemmeno in considerazione l’idea di quel ragazzo. Anche
se le aveva sorriso una volta o due e lei aveva ricambiato. Preferiva rimanere
al sicuro, insieme alle poche certezze che ancora era riuscita a conservare.
Piuttosto che correre il rischio di perdersi dentro a quegli occhi scuri.
Non contavano le volte in
cui pensava che sarebbe stato bello poterlo prendere per mano; che sarebbe
stato emozionante sfiorarlo con un bacio.
“Muoio di sete, voi?”.
Furono praticamente le prime parole che le uscirono di bocca, dopo il ‘ciao’ e
il ‘tutto bene grazie’ che appena arrivata aveva lasciato cadere tra altri
saluti.
Nessun dubbio sul locale
che avrebbero scelto. Il pub dava proprio sulla strada ed era uno dei posti più
frequentati della zona. Non si poteva passare un sabato sera da quelle parti e
non fermarsi per un bicchiere al pub.
Elena cercò di farsi
spazio tra la gente che consumava all’aperto. Stando attenta a non calpestare i
vetri di qualche bicchiere rotto.
“Se volete aspettare qui…
vado io a ordinare per tutte”.
Conosceva i gusti delle
amiche e conosceva i proprietari del locale. Non sarebbe stato difficile
avvicinarsi al bancone e tornare indietro il prima possibile. Anche per una
timida come lei.
“Quattro bicchieri di Coca
Cola, grazie”. Pagò e fece appena in tempo a riporre il portafogli nella borsa,
che il vassoio era già pronto.
Fuori, ancora chiacchiere
e sigarette. Elena passò ad ognuna un bicchiere e prese il suo tra le dita,
prima di tornare indietro per restituire il piatto.
Continuava a non avere le
giuste vibrazioni per quella serata, ma si sforzò comunque di sorridere.
Chiedersi se altri si sentissero tanto fuori posto in quel momento era
inevitabile; come era inevitabile costatare che nessuno sembrava comunque sull’orlo
di un attacco isterico per problemi, dubbi o perplessità di vario genere.
‘Si cerca di andare
avanti, piccola’. Forse era questo che sua nonna intendeva, tutte le volte che
le si era rivolta con quelle parole. Che non esiste qualcuno ‘più felice del
mondo’ e che ognuno cerca di sopravvivere alle proprie giornate al meglio che
può.
“Guarda… Guarda… Guarda…
Cecilia, penso proprio che tu abbia fatto colpo!”.
Simona sorrise, indicando
con gli occhi un tipo biondo dall’altra parte della strada.
Era un giochino vecchio.
Contare quanti in giro guardassero chi. Alla fine della serata, si tiravano le
somme.
Elena non era mai stata
troppo partecipe anche a quello. Non era certo un tipo appariscente e quelle
poche volte che le era capitato di calamitare lo sguardo di qualcuno, aveva
subito liquidato il discorso con un freddo: “Non è il mio tipo”. Tutte le
volte, tranne l’ultima. Lui era diverso. Lui sapeva guardarla senza farsi
accorgere. Lui meritava di essere ricambiato.
Prese un nuovo sorso di
Coca e rimase in silenzio.
La musica era piacevole.
Elena si sforzò di concentrarsi su quella.
Il suono della chitarra
elettrica la fece tremare nello stomaco. La batteria avrebbe potuto presto
contribuire al nascere di un mal di testa, ma…
La
luna si specchia ai vetri del tuo balcone
E
tu sei nascosta dietro le sue tendine
Cantando
son qui per dirti ti voglio bene…
Il timbro di voce inconfondibile
di Claudio Villa. Ma, cosa… Perché?
Elena sorrise dell’imprevisto.
Adorava quella canzone, anche se non era una tipica canzone da pub.
Le parole continuavano ad
andare.
Se
il tuo cuore lo permette
Son
venuto per cantare la canzone nella notte
Mi
batte il cuore
Come
tu non puoi capire
Queste
frasi appassionate
Le
racchiudo in sette note per poterti innamorar…
La folla vicino alla porta
si aprì all’improvviso. Elena sentì che le gambe avrebbero potuto cederle da un
momento all’altro. Lui.
Teneva in mano una rosa
rossa. Era bellissimo.
Sperare che potesse essere
lì per lei, con tutte le ragazze che sempre e dovunque avrebbe potuto avere,
sembrava assurdo. Quanto assurda era la morsa di dolore che le aveva
attanagliato irrimediabilmente lo stomaco. Vederlo insieme ad un'altra, non
pensava di poterlo sopportare.
Provò a girarsi dall’altra
parte, ma né le spalle né i piedi risposero all’impulso. Rimase a fissarlo
mentre oltrepassava la porta, mentre si passava una mano tra i capelli per
richiamarli all’ordine e mentre…
“Accetteresti di ballare?”.
Elena poggiò le sue dita
sul gambo della rosa. Accanto a quelle di lui, ma stando attento alle spine.
Odiava ballare, ma con
l’altra mano accettò comunque quella di lui che chiedeva di trasportarla in
quella serenata.
“La più bella sei di
tutte”. Un bisbiglio all’orecchio, mentre già si muovevano a tempo. Una sorta
di eco alla canzone. Le labbra di Elena si schiusero in un sorriso talmente
tanto luminoso, che sembrava quasi si fosse fatto giorno all’improvviso.
…Si
chiede ma chi sarà quella donna amata
Che
fa sospirare e fa spasimare un cuor
Amore…
Addosso, gli occhi di
tutti. Per la maggior parte curiosi. Elena strinse la mano di lui più forte che
poté: “Domani sera prendiamo un gelato insieme?”. Lo vide annuire solamente.
Sorrisero.
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