Questa è la storia di due fiori innamorarti.
Il caldo della primavera cominciava a farsi sentire
e i due, teneri boccioli appena nati e in attesa di mostrarsi in tutto il loro
splendore, passavano le giornate a chiacchierare.
Chiacchiera, chiacchiera, chiacchiera… finisce che
erano alcune le cose in cui proprio non si trovavano d’accordo, tante quelle in
cui si capivano e tantissime quelle in cui… non serviva nemmeno di parlare.
Ed era magico quando accadeva. Perché l’uno
riusciva a pensare e a capire quello che stava per dire l’altro e non era raro
nemmeno che si venissero incontro con le parole; per completarsi a vicenda.
«Devo confessarti una cosa…». Disse un giorno il
bocciolo di destra, a quello di sinistra. Quindi, senza aspettare il permesso
per poter continuare, aggiunse: «Mi sono innamorato di te». Lo stelo del
bocciolo di sinistra tremò, ma non per paura. Il giovane fiore in attesa di
potersi aprire alla luce del giorno era felice. Perché anche lui era
innamorato. Senza esitare, allora, rispose: «Anche io mi sono innamorato di
te». E fu il giorno più bello. Dopo essersi confessati l’amore che provavano l’uno
per l’altro, i due ripresero a chiacchierare e furono chiacchiere fatte anche
di progetti. I due giovani boccioli si immaginavano quando sarebbero diventati
fiori e non vedevano l’ora di potersi ammirare l’un l’altro. C’era sono una
cosa, che proprio non andava giù a nessuno dei due. Quell’essere così distanti,
ma così distanti… da non riuscire a toccarsi o a sfiorarsi nemmeno per sbaglio.
Un giorno il bocciolo di sinistra era talmente
tanto affranto per questo, che quasi non disse una parola.
Il bocciolo di destra provò per ore ed ore a
spronarlo, ma niente da fare. Erano entrambi sicuri che il giorno dopo sarebbe
stato quello della fioritura, ma il bocciolo di destra proprio non riusciva a
pensare ad altro se non al fatto che si sentiva esplodere d’amore e che non c’era
altro modo di poterlo dimostrare, che non fosse con le parole.
Era notte da un po’ e le stelle luccicavano
numerose in cielo, quando al bocciolo di sinistra venne in mente una soluzione:
«Senti un po’…», disse senza esitazione. «Per come la vedo io… domani sarà il
giorno della fioritura e sarà bellissimo potersi guardare per la prima volta a
petali aperti». Adesso il bocciolo di sinistra lo stava ascoltando con
attenzione e sembrava proprio che lo capisse, anche. Quando il bocciolo di
destra riprese a parlare, successe la meraviglia. «Sono sicuro che avere i
petali aperti sarà tutta un’altra cosa. E penso potrà essere possibile anche…».
«…Toccarsi!». Lo dissero insieme. Poi, per quella
sera non aggiunsero altro e si misero a dormire.
Il giorno dopo i raggi del sole erano più caldi di
sempre. Il primo bocciolo a svegliarsi fu proprio quello di sinistra, che si
mise a gridare di gioia per il fatto di essere finalmente un fiore aperto. Quello
di destra si destò di colpo e anche lui si ritrovò felicissimo di non dover più
attendere di diventare grande. «Dai… proviamoci subito!», disse poi all’altro.
In due si allungarono a più non posso nel tentativo
di toccarsi, ma niente da fare.
Questa volta fu il fiore di destra a prenderla
malissimo e servì tutta la ragionevolezza del fiore di sinistra, perché la
situazione non sfociasse in un disastro assoluto.
«Cerchiamo di vederla in questo modo… dobbiamo
ritenerci comunque fortunati, secondo me!». Rischiava di essere una di quelle
volte in cui proprio non si capivano. Per questo, il fiore si affrettò ad
aggiungere: «Per come abbiamo vissuto tutti questi giorni è necessario
riconoscere che siamo fortunatissimi. Insomma, guardati intorno…». Il fiore di
destra si sforzò un po’ nel girarsi, ma riuscì a vedere tutto intorno a sé. Quando
tornò a fissarsi sull’altro, il fiore di sinistra riprese a parlare: «Siamo
fortunati, perché siamo innamorati. Ed esserlo non è cosa da poco. Ci sono
fiori vicino a noi che rimangono soli tutto il giorno e che si sono sempre
rifiutati di parlare con chi gli vive accanto. Altri c’hanno provato, ma non è
durata più di pochi giorni. Altri ancora, sono talmente distanti dal capirsi
che non fanno che discutere e litigare. Noi… no!». Il tempo che passarono in
silenzio non fu più di dieci secondi, poi: «Noi siamo fortunati, perché ci
siamo sempre stati l’uno per l’altro e ci saremo sempre!». Lo pensarono e lo
dissero insieme e fu di nuovo magia. E anche quel giorno, partito nel peggiore
dei modi, tornò ad essere splendido e importante.
I due fiori ripresero a chiacchierare fitto, fitto.
Parlando di progetti e riempiendosi di complimenti, fino a che il sole non
abbassò la guardia e il buio cominciò ad abbracciare ogni cosa.
Quando si va a dormire c’è sempre quel momento, in
cui la soddisfazione per ciò che si è vissuto si mescola con l’incertezza per
quel che verrà. I due fiori erano entusiasti e felici di quella loro nuova
condizione. Ma, ogni felicità può subire enormi scossoni e fu proprio quello
che successe.
Era mattina presto. Il sole non c’era, coperto da
una fittissima coltre di nuvole nere. All’improvviso, il silenzio del cielo
venne squarciato dal rumore di un tuono. Allora… non solo i fiori si
svegliarono di colpo, ma fu subito panico. Se c’è una cosa che da fiore sai
bene è che è difficile sopravvivere alla pioggia, se la pioggia è un temporale
e se il temporale è uno di quelli seri.
Guardando il nero tutto intorno e il chiarore dei
lampi, che in lontananza annunciavano l’imminente arrivo di un putiferio, i due
fiori capirono subito che non ci sarebbe stato scampo. Non persero tempo a
dirsi chissà che cosa, perché non ci sarebbero più state chiacchiere sul tempo
che passava o su quello che avrebbero potuto raccontarsi l’indomani, per
sconfiggere la noia. Non ci sarebbe più stato il tempo per ammirarsi, né quello
per continuare a dirsi fortunati. Sarebbero morti di sicuro, non c’era modo di
evitarlo. Si guardarono un’ultima volta, si bearono di quel calore interiore,
che arriva anche d’estate e che non ti abbandona mai quando nasce da un forte
sentimento e, insieme, dissero solo: «Sono innamorato di te e lo sarò per
sempre!». Il tempo di un breve silenzio, poi le prime gocce d’acqua e il vento
forte.
In pochi minuti, nulla rimase com’era. I fiori e
non solo vennero uccisi e spazzati via dal temporale. Non servì a niente che la
pioggia decidesse di smetterla subito dopo. La violenza con cui era caduta era
stata tale, che anche il fiore più forte e cocciuto non sarebbe riuscito a
resistere.
Quando il sole tornò a splendere, i due fiori
innamorati non c’erano più. Altri boccioli ancora chiusi erano riusciti a
rimanere attaccati alla pianta, ma dei bellissimi petali nuovi dei due fiori
innamorati non c’era più traccia tra le foglie.
Lì per lì, anche se nessuno gli aveva mai rivolto
la parola, per gli altri fu un dispiacere non averli più tra loro.
Poi, d’improvviso, un giovane bocciolo alzò la voce
e riuscì a catturare l’attenzione di tutti: «Ehi! Guardate lì… guardate!»,
disse con tono emozionato.
Alcuni petali erano rimasti in terra e il sole li
aveva già asciugati. Pure se malridotti, si stavano toccando.
«Sono convinto che sia quella carezza speciale che
hanno sempre cercato e che non sono mai riusciti a darsi. Adesso, penso proprio
che loro siano felici… ovunque il vento li abbia portati». E per quel giorno
non si disse altro. Il chiacchiericcio dei due fiori innamorati non c’era più e
non avrebbe avuto senso rimpiazzarlo con qualcosa di meno speciale.
Magari, un giorno la stessa magia si sarebbe ripetuta.
Ma, fino ad allora… silenzio.
Tenero anche se con un velo malinconico questo tuo racconto. Un bacio.
RispondiEliminaCiao Sofia!
EliminaQuesto racconto è stata una sorpresa anche per me...
Alcune parole sono arrivate nella mente, mentre scattavo le fotografia. Ho pensato allora di poter realizzare un nuovo foto-racconto... non mi aspettavo certo che una volta davanti al computer le parole avrebbero preso a scorrere a fiumi. Da pochi minuti che avevo destinato di impiegare, è passata un'ora senza che io me ne rendessi conto.
Arrivata all'ultimo, con mia madre in cucina impegnata con il pranzo da preparare, ho commentato: "E' diverso, da ciò che mi aspettavo ne sarebbe venuto fuori". Lei, allora, mi ha chiesto perché e la mia risposta è stata: "Perché doveva essere una cosa simile allo scorsa storiella delle chiocciole, invece... sono tante parole".
Ho cominciato a rileggere con la convinzione di dover fare qualche taglio, ma niente... alla fine, mi sono ritrovata un tantino sconvolta.
Non so bene il perché, ma mi ha fatto male. La mamma se ne è accorta e ha commentato: "Se fa questo effetto a te, che lo hai scritto, cosa succederà a chi lo leggera?".
La malinconia non se ne è più andata, da stamattina, e penso proprio che questa sera andremo a dormire insieme.
Tramite la storia di due fiori ho lasciato uscire tutto ciò che credo sull'amore, tutto ciò in cui continuo a credere nonostante tutto e tutto ciò di cui non sono mai riuscita a liberarmi... pur volendo. Alle volte rifletto sul mio modo di vedere le cose e di affrontarle e mi riconosco una difficoltà debilitante... vorrei essere più superficiale. In mezzo a persone giovani a cui basta essere in compagnia di un bicchiere pieno di birra, davanti ad altre che si dicono tanto convinte che il batticuore sia solo un'invenzione da televisione o da romanzi... io vorrei essere più superficiale. Perché ho paura possa non esistere chi crede che per l'amore vero valga la pena tutto... perché in fondo ho anche paura di arrendermi... di smettere di crederlo possibile e di diventare come la maggior parte delle pecore che popolano il mondo...
Ti abbraccio forte e ti ringrazio come sempre delle visite che mi riservi... spero di non averti buttato a terra con questo commento... è uno solo un piccolo sfogo! Bacioni, a presto!