Eccomi qui! Come promesso, una tazza di tè in mano (alla menta piperita... perché dopo averlo sentito nominare in un film, non sono riuscita a resistere dall'andare subito a cercarlo al supermercato!) e una bella fetta di pandoro... per godermi un po' di tranquillità (prima di uscire di nuovo per le immancabili, intense faccende che precedono il Natale!) e per rispolverare un po' la magia natalizia di questo racconto di qualche anno fa. Era il 2005 quando, su richiesta della redazione per cui all'epoca scrivevo, ho composto queste righe per un racconto di Natale che è stato poi pubblicato all'interno dello "Speciale" dedicato alle festività... Non è perfetto, ma non ho voluto stravolgerlo... Spero comunque che vi piaccia! Vi auguro di trascorrere una Sereno e Felice Natale... che possa essere un giorno speciale, da condividere con gioia insieme a tutta la Famiglia! Un abbraccio grande, a presto! :-)
Il vecchio orologio a
cucù segnava le dieci passate da qualche minuto.
Nella cucina del
casolare di campagna a est di Gubbio, poco lontano dalle ultime zone abitate
della periferia, a parte il trascurabile ticchettio delle lancette e l’immancabile
rumore di tarlo che, a far attenzione, si sentiva provenire dall’unico mobile dell’ambiente,
regnava il silenzio.
Il grande tavolo in
legno di noce, al centro della stanza, era in parte ancora apparecchiato. Come
a testimoniare la fretta con cui tutti erano usciti, dopocena.
Sopra, in ordine
sparso, vi erano rimasti quattro piattini da dolce, altrettanti bicchieri e
forchette e - su un vassoio a parte - quello che era avanzato di una deliziosa
(almeno a vedersi) torta di mele.
Poco più lontano il
fuoco, ormai quasi del tutto spento nel vecchio camino, sembrava attendere che
qualcuno che lo riattizzasse, per nulla intenzionato a esulare tanto presto l’ultimo,
caldo respiro. Non in quella sera, insomma.
Eh Sì! Perché quella
era una serata speciale….il 24 dicembre, la vigilia di Natale.
La data nel
calendario era stata cerchiata in rosso più volte. Che qualcuno avesse paura di
incorrere in una dimenticanza?!? No, di certo.
Era stata Chiara a
farlo, una volta tornati dalla messa della prima domenica d’avvento.
Seppur avesse soltanto
otto anni, Chiara era una bambina molto precisa e attenta.
Guardando il nonno mentre
si adoperava con colori e pennello, per riuscire a portare a termine quello che
sarebbe stato il regalo di Natale per sua madre e suo padre, con il grosso
pennarello rosso in mano aveva esclamato: “Ecco qua! Da adesso, tutti ci impegneremo
perché il giorno di Natale sia perfetto. Vero, nonno Gino?”.
Il nonno non era
riuscito a trattenere un sorriso. Sembrava non essere passato nemmeno un istante…
Un tempo quell’onore
era toccato al suo bambino. Adesso, era la volta della nipotina.
Chi avrebbe mai potuto
immaginare che un qualcosa nato per gioco, sarebbe poi diventato una ferrea
tradizione di famiglia?
Ricordava quell’anno
con esattezza. Era il 1960 e tutti si accingevano a festeggiare proprio la
prima domenica d’Avvento. Suo figlio aveva da poco compiuto sette anni.
Rammentava bene
quanto questi cominciasse a dare segni d’impazienza per quelle feste ormai
prossime. E ricordava di aver pensato che fosse perché aveva perso
prematuramente la madre.
Perciò, aveva
istituito il gioco del ‘cerchia la data’.
Quel modo facendo,
il piccolo Luigi sapeva che avrebbe avuto più poche settimane a disposizione
per comportarsi da bambino bravo, ubbidiente e per far in modo che tutte le
questioni natalizie, gli addobbi, i regali e altro, arrivassero ultimate nel
dettaglio alla sera della vigilia; quando l’attesa per la grande festa sarebbe
stata veramente agli sgoccioli.
Tornando alla
realtà, Gino rispose a Chiara: “Non sbagli bambina mia, tutti ci daremo da fare.
Anzi, inizieremo proprio oggi. Che ne dici di metterci subito all’opera, per
allestire un meraviglioso presepe e
realizzare uno splendido e luccicante albero di Natale?”.
Chiara non stava
nella pelle! Sperava di ricevere una proposta del genere.
Cominciando a
saltellare di gioia per tutta casa e a canticchiare le poche strofe che aveva
imparato a scuola di We wish You a Merry
Christmas, corse di volata al piano di sopra, nella sua cameretta, alla
ricerca di qualcosa di adatto da indossare per l’escursione in montagna (si fa
per dire) in caccia di belle e grandi pellicce di muschio verde.
Cinque minuti più
tardi era di nuovo scesa in cucina, infagottata fino alla punta dei capelli,
con giaccone, sciarpa, guanti e berretto. “Bene andiamo, sono pronta!”, riuscì
a stento a dire da sotto la spessa coltre che aveva addosso.
Il nonno la seguì
con passo svelto fuori di casa. Armati di cestino e coltello, si incamminarono
su per l’oliveto poco lontano, facendo attenzione ad aguzzare lo sguardo a
terra.
Passo dopo passo,
riuscirono a raggiungere l’altra estremità della piantagione e il grande abete
che, a pochi metri di distanza dall’inizio della fitta boscaglia, troneggiava
maestoso.
Chiara si incantò a
fissarlo. Era altissimo.
“Nonno, pensa che
bello se il nostro albero di Natale fosse così grande!”.
Le brillavano gli
occhi solo all’idea. Peccato che proprio non fosse possibile: “Sai benissimo
che non si può. Non solo, il nostro piccolo abete si offenderebbe se ti
sentisse parlare così…”.
Gino le sorrise
strizzando leggermente un occhio, dopodiché, mano nella mano, si incamminarono
di nuovo verso casa.
Dalla cappa del
camino si vedeva uscire una densa nuvola di fumo bianco, forse il pranzo era
pronto.
L’odore che gli
arrivò alle narici, una volta giunti a pochi metri di distanza dall’abitazione,
fu per entrambi una piacevole conferma. Qualcuno doveva aver cotto parecchia
carne alla brace.
Quasi con irruenza,
nonno e nipote, allora, entrarono in cucina. Si lavarono le mani, prima di
prendere posto intorno alla tavola già apparecchiata. Si mangia!
Fra un boccone e l’altro,
Chiara raccontò ai suoi genitori della piacevole passeggiata mattutina, facendo
attenzione a non tralasciare nemmeno il più piccolo dei dettagli.
Alzandosi in piedi, inoltre,
andò a spiccare il calendario dalla parete, volendo mettere in evidenza il
fatto che era iniziato per tutti il periodo di preparazione, come lei lo
chiamava.
A questo proposito
il padre, prima di recarsi in salotto, la invitò a sedersi di nuovo: “Aspetta
qui! Ho una piccola sorpresa per te!”.
Quando fu di
ritorno, con le mani dietro alla schiena, chiese: “Secondo te, cosa nascondo?”.
Chiara provò diverse
volte a indovinare, in alcuni casi menzionando anche soluzioni al limite
dell’immaginabile, ma il risultato fu un nulla di fatto.
Allora Luigi, non
volendo insistere oltre, svelò lentamente l’arcano, mostrando a tutti un freschissimo
ramoscello di vischio.
“Io e tua madre lo
abbiamo trovato poco lontano da qui mentre tornavamo dalla nostra passeggiata.
Era attorcigliato al ramo di un melo”.
Chiara lo afferrò
per toccarne le piccole foglie spesse, facendo attenzione che le bacche
madreperlacee non si staccassero. Poi, legando attorno al stelo un nastrino
rosso, si fece aiutare ad appenderlo sopra alla porta, come ulteriore segno di
buon auspicio per il Natale che si stavano accingendo a vivere.
Quindi, tutti
tornarono a tavola.
Il pranzo si poté
concludere come era iniziato. Tra una chiacchiera e l’altra, colmo di speranze
e di preparativi da avviare.
Nel primo
pomeriggio, ancora tutti insieme,
inaugurarono la fase clou degli allestimenti.
Prendendo una
piccola scodella dalla credenza dei piatti e quattro pezzetti di carta bianca,
Chiara disse: “Credo sia giunto il momento della nostra seconda
tradizione…quella istituita dalla mamma qualche anno fa”.
Gli altri, allora,
gridarono in coro: “il ‘forma la coppia’!”.
Ognuno scrisse il
proprio nome su un foglietto, lo piègò e lo mise nella ciotola in mezzo al
tavolo.
Una volta pronti
tutti e quattro, Chiara, mescolando attentamente con la sua manina, ne scelse
due a caso.
Nemmeno a farlo
apposta! I primo estratti furono Gino e Chiara.
Loro si sarebbero
occupati del presepe, gli altri, invece, dell’albero che, già pronto in sala da
tempo, attendeva solo di essere abbellito.
Tutto era pronto…Via,
si comincia!
In men che non si
dica, il pavimento diventò pieno di scatoloni e scatoline d’ogni genere.
Palline di natale, nastri colorati, statuine, luci d’ogni forma, colore e
dimensione erano dappertutto.
Nell’immensa
allegria di quelle quattro pareti, ognuno svolse accuratamente la propria
mansione, fino a che, appena poco prima che il cucù cantasse ad annunciare le
otto di sera, non fu tutto finito.
Il massiccio portone
di legno si aprì con un cigolio.
Una folata di vento
improvvisa non mancò di far entrare qualche fiocco di neve, che da poco aveva
iniziato a scendere copiosa al suolo.
Erano le due di
notte passate….il grande momento, dopo tanto attendere, era finalmente
arrivato. Come ogni anno, intenso più che mai.
Uno alla volta varcarono
la soglia, togliendosi subito i giacconi di dosso.
Chiara e gli altri,
prontamente accolti dai mille bagliori colorati che invadevano la stanza
adiacente l’ingresso, non riuscirono a trattenere di nuovo un fiume di commenti
entusiastici sulla serata, seppur non avessero parlato d’altro per tutto il
viaggio di ritorno.
I tanti presepi
parrocchiali che avevano visto erano uno più bello dell’altro, la celebrazione
di mezzanotte era stata toccante e gioiosa più che mai, complice anche la
particolare recita a tema realizzata dai bambini del catechismo, e, dulcis in
fondo, l’Albero di Natale più Grande del Mondo, imponente sulle pendici del
monte Ingino, come sempre era uno spettacolo di ineguagliabile splendore.
Chiara sapeva che
non avrebbe mai potuto prendere sonno, dopo tanta felicità. Ma, rassegnandosi
al volere dei genitori, lanciando un ultimo bacio a tutti, sussurrò: “Buon
Natale, famiglia mia!”. Andò a dormire.
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