Quei piccoli ricordi che arrivano all'improvviso. Belli. Semplici. Comunque speciali.
Facebook dice che oggi Jovanotti compie 49 anni. Auguri! Cerco tra le sue canzoni la colonna sonora per questa giornata. Mica facile, le sue mi piacciono tutte. Mi imbatto in Safari e penso possa fare al caso mio. Mentre l'ascolto, come al solito divago con i pensieri e... mi ricordo di questo.
Un'insieme di ispirazioni. La bellezza di una sua vecchia canzone scoperta per caso, la magia di un messaggio ricevuto da un'amica virtuale. Il rimanere a guardare le due cose fondersi insieme nella mente, per poi provare a raccontarle insieme. Il tutto condito con una manciata di fantasia e con una pizzico di polvere di stelle; perché è importante non smettere mai di credere nella forza dei propri Sogni!
Il racconto è uno di quelli della raccolta "Sotto l'Albero". Siamo nel 2012. La scrittura risale a un anno prima. Lo rileggo e noto delle piccole differenze, rispetto al mio stile di oggi. Una consapevolezza che porta con sé un pizzico di piacere, perché vuol dire essere riuscita a crescere in qualche modo. Ma avverto anche un pizzico di fastidio, nel sentire presente quella parte di me che, dovesse riscriverlo adesso, non userebbe le stesse parole.
Consiglio di lettura: YouTube alla mano, cercate il brano. E' bellissmo! :-D
Il titolo della canzone? Il Re. E' il 1997...
Ok! Lo cerco io per voi... ecco il Link! Basta un click.
Buona domenica a tutti, alla prossima!
Ballo in Piazza
Hey, puoi veder la mia
corona? Guarda il colore rosso del mantello
e questo trono ed il
tappeto guarda
io sono il re e questo
è il mio castello…
La
voce di Angelo era più dolce che mai. L’orecchio di Alessandra ed il collo,
piacevolmente accarezzati da quel respiro caldo. Gli occhi, fissi sul cielo
stellato sopra di loro.
Alessandra
stava cercando di non mettersi a piangere. Ma una lacrima dispettosa sfuggì
comunque al suo controllo; per cadere dritta, dritta sopra alla giacca nuova di
lui.
Respirò
profondamente, prima di immergersi per l’ennesima volta nella profondità di
quello sguardo che l’aveva fatta innamorare mesi prima.
…Il regno mio si
estende all’infinito
Lungo le valli, i
monti, il cielo e il mare
Io sono il re del
tempo e della storia
Io sono il re venitemi
a guardare…
Le
labbra di Angelo, illuminate appena dalle luci gialle e lontane dei faretti,
continuavano a muoversi su quella canzone.
Quella
canzone, che lento non era. Ma che… era tutta loro.
Alessandra
lo strinse ancora più forte a sé e mosse la mano piccola, in quella più grande
di lui, fino ad intrecciare le dita con le sue.
Avrebbe
voluto confessargli per l’ennesima volta quanto lo amava, ma tacque.
Sperando
di non inciampare nei laccetti delle scarpe, che sapeva di non aver stretto
bene, continuò a ballare.
Se
era vero ciò che le avevano sempre detto sul primo giorno dell’anno; se era
vero che era da considerarsi un po’ lo specchio di tutti i restanti, allora
quel duemiladodici era cominciato sotto il migliore degli auspici.
Un
desiderio che si realizza è un battito di cuore più forte degli altri.
Ricordava
di aver parlato con Angelo di quel suo sogno speciale, ma… non pensava che
Angelo l’avrebbe presa tanto sul serio.
Era
stato l’agosto prima in spiaggia a Fregene, sdraiati sui lettini dopo una lunga
nuotata.
“Perché,
quel libro sempre appresso?”. Le aveva chiesto lui sorridendo, mentre lei era
già pronta ad aprire per l’ennesima volta quelle pagine.
Quindi,
incapace di trattenere l’entusiasmo, Alessandra aveva cominciato a raccontargli
di quella sua vacanza di anni prima a Gubbio.
Insieme
con i genitori era andata a trascorrere qualche giorno in Umbria e, camminando
per le vie della città dei Ceri, si era imbattuta nell’immagine della copertina
di quel libro.
Il
manifesto annunciava alla cittadinanza una presentazione ormai passata, ma… ad
Alessandra era bastato fissarsi per caso su quella che sembrava essere una
bella storia d’amore, per decidere che alla prima libreria che avrebbe
incontrato ne avrebbe acquistata una copia.
Da
allora, rileggeva quella storia almeno una volta all’anno.
“Spero
di poter vivere anch’io un amore così, un giorno”. Le aveva detto arrossendo.
Un
rossore che era andato peggiorando, quando Angelo – sorridendo a sua volta – le
aveva chiesto: “E quale sarebbe la parte che ti piace di più?”.
Alessandra
confessò di ripensare spesso a quel sogno che la protagonista aveva fatto
durante un viaggio in pullman, di perdersi nell’incanto di un romantico ballo
in piazza Grande e di rimanere proprio senza fiato ogni volta che nella mente
riusciva a focalizzare una scena simile.
“Ti
andrebbe di leggerlo per me?”. Angelo sembrava sincero, anche se Alessandra non
poteva negare di aver pensato che la stesse prendendo in giro.
Un
attimo. Un solo attimo, poi quel pensiero svanì e tutto ciò che rimase fu la
bellezza di poter condividere quel piccolo momento.
Aprì
il libro fino a pagina trentasei e lesse sicura.
Non
le era mai piaciuto leggere ad alta voce, ma… farlo per Angelo sembrava non
pesarle affatto.
…Perché sono
innamorato
E sono corrisposto
Io sono il re, io sono
il re di questo posto
Senza regno né corona
Con una donna che mi
vuole bene…
Quella
parte della canzone… quelle parole…
Alessandra
sentì una nuova lacrima rigarle il viso e la osservò morire nello stesso punto
della giacca; dove era morta la prima.
“Ti
amo”. Anticipò di una frazione di secondo il luccichio di un flash.
Poteva
essere che turisti arrivati sin lì da chissà dove stessero immortalando
l’imponente bellezza del palazzo dei Consoli; a ferma testimonianza di un orgoglioso:
“Ci sono stato anch’io”.
Ma
poteva anche essere che qualcuno lì avesse notati in mezzo a tutto il resto,
ballare stretti come se il mondo fuori non esistesse, ed avesse deciso di
immortalare quella testimonianza. Rendere indelebile un amore forte e
raccontare agli amici una volta a casa – magari davanti ad una pizza e con in
mano un bicchiere di birra – che si aveva avuta la fortuna di esserci; di
fronte alla dimostrazione del più potente dei sentimenti.
Alessandra
sorrise appena.
Poi,
prendendo Angelo in contropiede, si schiarì la voce e iniziò a cantare insieme
a lui.
Poco,
ma sicuro, se Jovanotti li avesse sentiti in quel momento non sarebbe riuscito
a farsi sfuggire un applauso; nemmeno per sbaglio.
Ma
niente rende ridicoli, se la decisione di fare parte dal cuore e porta con sé
le giuste motivazioni.
Alessandra
avrebbe voluto gridare al mondo intero la sua fortuna.
In
fondo, però, bastava che fossero due le orecchie tese ad ascoltare.
… Io sono il re, ma lo
so solo io
E lo sai solo tu amore
mio
Nessuno può veder la
mia corona
Ma sono il re, io sono
il re in persona…
Una
giravolta e un’altra ancora. Angelo continuò a farla danzare, come se stessero
ballando sul più importante dei palcoscenici.
I
suoi occhi si persero per l’ennesima volta in quelli di lei e – in quel momento
– furono sue, le lacrime a scendere.
“Ti
amo. Da sempre”.
…Perché sono
innamorato
E sono corrisposto
Io sono il re
Io sono il re di
questo posto
Senza regno né corona
Con una donna che mi
vuole bene
Con una donna che mi
vuole bene
Con una donna che mi
vuole bene…
Sorrisero.
Le dita, ancora intrecciate.
Ad
Alessandra parve di sentire nell’aria perfino il suono dei piatti, il rumore dei
tamburi e il trillo dei flauti.
Un
attimo di silenzio ancora, prima di un tenerissimo bacio.
Il
tocco delle labbra. Il suono possente del Campanone che rintoccava l’ora.
Sì,
Alessandra non aveva più dubbi.
Quella
piazza…
Tutto
e tutti, in quella piazza, stavano vivendo insieme a loro quel magico momento.
Lasciò
che la lingua di Angelo la accarezzasse ancora per un po’, poi – seppur dispiaciuta
– si staccò da quella bocca sorridente e chiese: “Pizza?”.
Il
tempo da trascorrere in quella bellissima città rimaneva poco, ma… Alessandra
sapeva esattamente dove andare.
A
passo lento lungo via dei Consoli, fino ad arrivare di fronte alla fontana del
Bargello.
“Il
battesimo dei matti lo rimandiamo alla prossima, vuoi?”.
Era
fuori discussione, che sarebbero tornati in quel posto; ogni volta che sarebbe
stata loro possibile.
E
Alessandra non poté fare a meno di impazzire di gioia, al solo pensiero.
Strinse
ancora una volta le braccia intorno al collo di lui, si mise ancora una volta
in punta dei piedi per poter arrivare a baciarlo senza che dovesse essere lui
ad abbassarsi, poi – con lo stesso filo di voce con cui lo aveva accompagnato
cantando – disse: “Grazie, per avermi concesso questo ballo. Sei il mio
Angelo”.
Nulla
di più.
In
fondo, non c’era nient’altro da dire.
Nessun commento:
Posta un commento