La porta aperta, di un ristorante
ancora chiuso. Tre ragazzi lì davanti, chiacchiere vivaci e una specie di ‘pausa
sigaretta’. Giovanissimi. Forse vent’anni, o poco più. Per tutte le volte in
cui mi capita ancora di ritrovarmi a dover rispondere a domande tipo: “Come va
la scuola?”; direi che stabilire l’età di qualcuno dopo una semplice occhiata è
tutto; fuorché facile. Ascoltare il mondo intorno, mentre a ogni passo mi
avvicino un po’ di più alla macchina parcheggiata in fondo alla strada. Uno di
loro è agitato. Lo vedo gesticolare, prima di sentire il suo tono di voce
sostenuto. Indossa un paio di pantaloni color cachi. Non belli, ma in grado di
dare nell’occhio. “Io gliel’ho detto”, lo sento gridare. “Se sta con me, sta
con me e basta. Non esiste che esce con altri”. Gesticola in maniera
importante. So che non dovrei farlo, ma mi ritrovo a rallentare un po’. “Per le
altre non mi è mai importato niente, ma per lei è diverso. Non voglio che veda
altri”. Mi fa sorridere. “Io gliel’ho detto”, ripete. E mi ritrovo a domandarmi
perché in una coppia che, stando a quel poco che c’è di intuibile, dovrebbe
essere appena nata, debba insinuarsi una stranezza del genere. Una debolezza
del genere. Un difetto del genere, mi sentirei di dire. Non dovrebbe essere logico?
Normale? Come mai un ragazzo giovanissimo teme di dover dividere la sua Lei con
qualcun altro? Mi immagino se un giorno dovessero essere dette a me certe
parole. Un “Tu sei mia, mia e basta”. Non vorrei mai che fosse per l’intensione
di placare un dubbio. Vorrei si trattasse di una sottolineatura. Di un colpo di
evidenziatore su qualcosa di ovvio. Di una freccia lampeggiante, a indicare una
strada percorribile in una sola maniera. Penso allora a un’altra volta, in cui
mi è capitato di ritrovarmi a discutere con una persona per il semplice fatto
di aver detto che in una coppia considero importante (fondamentale) il fatto di
essere l’uno un po’ ‘proprietà’ dell’altro. Il mio ragazzo, la mia ragazza. Mia
moglie, mio marito. È quel ‘mio’ e quel ‘mia’, che rendono il concetto
speciale. L’altra parte sosteneva di non poter privare una persona della
propria individualità, che ciò avrebbe voluto dire considerarla un oggetto. Ho sentito
le orecchie chiudersi di colpo. L’amore. Quello vero. Che sia folle. Che ci
faccia sentire ‘proprietari’ di qualcosa che non siamo disposti a condividere. Di
qualcuno che non siamo disposti a condividere. Di cui non possiamo fare a meno,
come del bene più prezioso che abbiamo. Quel qualcuno per cui niente è la
stessa cosa, rispetto a ciò che è già il vissuto e, magari, rispetto anche a ciò che potrebbe essere l'immaginato. Ecco. Perdere
la testa in questo modo è ciò che in fondo cerco; andando per la mia strada. Esiste
qualcosa di più bello? Esiste altro, per cui valga la pena di barattare la
propria indipendenza? Io dico di no!
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