sabato 24 dicembre 2011

domenica 11 dicembre 2011

La raccolta delle Olive (Seconda Parte)

Il primo Post di dicembre, per la seconda ed ultima parte del racconto!

Il tempo, fino al momento di andare a dormire di nuovo, passò come il solito, tra una partita a carte ed una semplice chiacchierata. Il letto, nella loro camera, fu di nuovo il custode dei loro sogni, delle loro speranze e delle semplici aspettative che sembravano aver riempito la mente di entrambi su quella che sarebbe stata la raccolta del giorno che doveva arrivare e dei tanti altri, fino al momento della molitura che, seppur parve non farsi sentire minimamente, arrivò presto.

Da quando avevano iniziato al quindici dicembre, infatti, il tempo sembrò aver messo le ali.

Le produzioni d’ogni singola giornata di raccolto rimasero, nel complesso, sugli stessi livelli della prima, per un totale di circa novanta quintali d’oliva.

La mattina del quindici, Roberto si alzò presto, diede un bacio a sua moglie promettendole che avrebbe fatto il possibile per tornare ad un’ora decente per la cena, dopodiché si diresse, con un piccolo rimorchio pieno di quanto avevano raccolto sistemato dietro all’auto, fino al frantoio che, da casa loro, distava ben 25 km.

Una volta giunto a destinazione fu subito accolto dai due operai che si occuparono dello scarico delle sacche dalla vettura.

Entrando dentro, seppur non fosse la prima volta, fu enormemente colpito e affascinato allo stesso tempo, da tutto ciò che significava un vero e proprio sistema di molitura a freddo.

Seppur il rumore fosse assordante per un orecchio poco abituato, a lui sembrava non dare minimamente fastidio, anzi.

I suoi occhi si persero nell’osservare il perfetto giro delle macine di granito, il perfetto attrito che avevano con il pianale, dello stesso materiale, posto al di sotto di loro, il meccanismo, fin troppo laborioso, utilizzato dagli addetti per impilare le presse ed infine, pur saltando qualche passaggio, la bellezza nel vedere, come per magia, per mezzo di uno strano e caotico mezzo, il separarsi dell’acqua dall’olio.

Attese con calma il suo turno, per nulla dispiaciuto di dover indugiare di fronte a tanto ingegno e bellezza.

Nel momento in cui l’orologio appeso al muro segnò l’una precise, vide avvicinarsi il proprietario dell’intero stabile: “Ci dispiace averla fatta attendere, purtroppo in lavori come questi non si sa mai a quale contrattempo si può incorrere. Comunque adesso stiamo iniziando la lavorazione della sua oliva, preferisce rimanere per tutto il tempo, oppure tornare una volta che avremo finito?”.

Roberto sorrise a quella domanda, poi, ringraziando per la cortesia, rispose: “Non c’è problema. Ho già avvisato a casa che sarei tornato solo per l’ora di cena, se non le dispiace preferirei rimanere qui tutto il tempo. Non per sfiducia nei vostri confronti, tutt’altro, sono semplicemente affascinato da tutti questi meccanismi, tutto qui”.

A sua volta anche il frantoiano sorrise, più che felice di sapere che a qualcuno piaceva tutto ciò che nel tempo aveva costruito.

Osservando che aveva un po’ di tempo libero e che il signor Roberto sarebbe stato il penultimo cliente della giornata, disse: “Mi fa piacere sentirglielo dire. Una volta tanto, in mezzo a tutte le lamentele che ricevo per l’insopportabile rumore, è bello ascoltare una campana discordante dal coro”. Fece una breve pausa per riprendere fiato, dopodiché parlò di nuovo: “Ho notato che il cliente che dovrebbe esserci dopo di lei non è ancora arrivato, che ne direbbe di fare un accurato giro di perlustrazione, magari potrei farle vedere tutte le fasi di questo tipo di produzione, dalla prima all’ultima, cosi, tanto per passare un po’ di tempo, anche se in realtà non è la prima volta che viene qua”.

Roberto accettò con piacere.

Saltando la fase in cui il cliente arriva con il frutto, anche se fondamentale, per così dire, iniziarono con quella in cui il frutto è dato alle macine attraverso un sistema di cattura dal basso, d’aspirazione e di rigetto dall’alto. La seconda, come già accennato, invece, fu la molitura.

Il proprietario, perso nelle sue accurate descrizioni, gli spiegò che, all’incirca, l’oliva era fatta schiacciare per bene per una mezz’ora.

Più sbrigativa fu la spiegazione delle fasi successive e delle modalità utilizzate per la preparazione, con la pasta d’oliva appena ottenuta dalla macinazione, della pila posta sopra di un carrello, sorretta da un forte fulcro in ferro, destinato, a sua volta, alla compressione mediante una pressa. Ciò che ne usciva fuori era l’olio misto ad acqua, insomma, il prodotto allo stato grezzo.

Come ultima fase si ritrovò davanti a quel macchinario tanto rumoroso che all’inizio lo aveva colpito, il separatore.

Roberto cercò di capire meglio che poté il funzionamento di quello strano marchingegno, alla fine, però, si limitò ad ammirarne solo il risultato.

Il giro era finito.

Per quanto lo avesse voluto, ora il proprietario non aveva proprio più tempo da dedicargli, cosi, rimuginando su tutto ciò che aveva appena appreso, se ne tornò al suo posto in attesa di vedere anche il suo olio distinguersi dall’acqua.

Il momento non tardò poi molto ad arrivare, o così gli sembrò.

L’orologio segnava le sei e mezza del pomeriggio.

Avvicinandosi al separatore, Roberto assisté, orgoglioso, alla fuoriuscita delle sue prime gocce d’olio.

Come un bambino alle sue prime esperienze, non poté evitare di infilare la punta di un dito sotto a quel raggio denso al tatto e verde acceso alla vista. Il sapore, come ogni anno, lo stupì, ricordandogli di quanto si possa essere sempre troppo poco abituati al pizzicore e al gusto forte del olio appena prodotto.

Era felice, non c’era che dire.

La sua gioia aumentò ancora di più nel momento in cui si trovò in macchina, sulla strada che lo avrebbe presto riportato a casa da sua moglie che lo attendeva.

Anche per quel tragitto inverso il rimorchio era pieno.

Questa volta, a sostituirsi al frutto d’origine, c’era il prodotto finale, un buonissimo prodotto finale, alla faccia di chi non c’aveva creduto per niente, pensò.

Il tempo fu un lampo.

Attendendolo sulla soglia di casa, Lucia lo abbracciò forte, consapevole di essersi sentita fin troppo sola in quella grande casa vuota, poi chiese: “Allora, come è andata?”.

Gli occhi di Roberto che la stavano fissando le risposero prima della sua voce. Il loro incessante brillare fu accompagnato dalle parole di lui: “È andato tutto molto bene. Oserei dire benissimo. Ogni quintale d’oliva ha prodotto circa 20 chili d’olio”.

Non si dissero altro, entrarono a casa, si abbracciarono di nuovo, dopodiché, affamati, provvidero alla cena.

Ovviamente, per assaggiare il risultato di tanto impegno e dedizione, non mancò anche una fetta di bruschetta ciascuno, tra le altre tante cose che Lucia, sicura d’avere qualche cosa da festeggiare al ritorno del marito, aveva preparato durante tutto il pomeriggio.

La mattina dopo si svegliarono presto come sempre, pur non avendo nulla in particolare da fare.

Con l’occasione, si dedicarono alla preparazione dei doni di Natale per i parenti ed amici e alla preparazione dell’albero.

A metà mattinata si recarono al vivaio per acquistarne uno piccolo, comprarono anche qualche nuovo addobbo, dopodiché tornarono a casa, dove già in sala c’era un posto vuoto ad attendere il giovane sempreverde.

Erano l’una e mezza e già tutto era finito di sistemare.

Prima di procedere con il pranzo, Lucia si fissò ad osservare il bel lavoro fatto e, guardando anche Roberto, con voce tremolante, disse: “Sai, è da un po’ di tempo che dovrei dirti una cosa. Vista la gioia di questi giorni, questo mi sembra il momento migliore”.

Fece una breve pausa, poi continuò: “Aspetto un bambino, o meglio…aspettiamo un bambino”.

Roberto rimase in silenzio, complice anche il fatto che nemmeno Lucia sapeva più cosa dire.

La baciò e la strinse a sé fino a farle mancare quasi il respiro, dopodiché disse: “È il regalo di Natale più bello che avresti mai potuto farmi”.

Lei era contentissima di sentirglielo dire.

Attesero ancora un po’, non volendo guastare la magia che si era creata, poi andarono a mangiare.

Questa volta il pasto non fu silenzioso come di solito succedeva, anzi.

La bellissima novità aveva portato un fervore in casa che da tempo non si avvertiva più nella felice monotonia d’ogni singolo giorno.

Seduti intorno al tavolino, poco distanti dal camino, ora entrambi stavano fantasticando su che cosa sarebbe diventata la loro vita con un pargoletto in casa.

Non riuscendo a trattenere le risa che i suoi buffi pensieri gli provocavano, Roberto esplose dicendo: “Pensa quanto sarebbe bello se fosse un maschietto. Un piccolo ometto di casa. Sarebbe fantastico potergli un giorno imparare a prendersi cura del nostro modesto oliveto e della casa, non credi?”.

Lucia sorrise, consapevole del fatto che suo marito da sempre era più incline a voler un figlio maschio, poi però, pensando anche all’altro cinquanta per cento delle possibilità, disse: “E se invece fosse una femmina, ti dispiacerebbe? In quel caso potrei essere io ad impararle tante piccole cose, a cucinare, cucire, lavorare a maglia. Sono sicura che, alla fine, suo padre sarebbe contento di ricevere in dono i piccoli oggetti che lei confezionerebbe, tutti solo ed esclusivamente per lui, il primo uomo della sua vita”.

Era vero, anche nel caso di una femminuccia la prospettiva non sarebbe stata molto diversa, in fondo l’amore che li legava a quella casa e a quella terra sarebbe stato trasmesso in ogni modo.

Alla luce di tutte quelle nuove considerazioni Roberto e Lucia si rilassarono, accoccolati accanto al fuoco.

In fondo nessuno dei due aveva la capacità di prevedere il futuro.

L’unica cosa che sembrava essere certa era che sarebbe stato radioso, perché, anche se non avevano mai avuto una vita troppo mondana e sfarzosa, era nella semplicità e nel dare il valore alle piccole cose che loro, insieme al loro amore e alla loro voglia di stare sempre uniti, erano riusciti a vivere in una serenità e felicità immense che pochi conoscono.

In realtà erano più ricchi di qualsiasi altro, possedendosi sempre l’un l’altro.

Fine

Buona lettura e buona domenica! A presto.