domenica 24 marzo 2013

Un Premio... che bello!!!

Oggi... un post dietro l'altro!!!
Ho rimandato all'infinito, ma... spero che Roberta non se la sia presa. Assolutamente, non voleva essere una    mancanza di gratitudine.
... Eccolooooooooooooooo!!! Il premio ricevuto... Grazie, grazie, grazie!!!


Anche io, come Roberta, decido di ignorare la regola dei quindici Blog da elencare. E... decido di donare questo premio a chiunque lo riterrà qualcosa di gradito. I Mondi Blogger in cui mi sono imbattuta finora sono tutti assolutamente sensazionali e unici... tutti speciali e bellissimi! Navigare tra le pagine virtuali, è un modo stupendo, alle volte, per vincere quei piccoli-grandi momenti di sconforto che capitano... oltre che (scontato!) divertirsi, ridere, sorridere e... conoscere persone nuove ed imparare cose nuove. Quindi... a tutti, tutti, tutti... Grazie! Anche solo per esserci in maniera virtuale... questo premio è per Voi!!!
Ora... passiamo all'altra parte prevista dal premio. 7 cose di me!!! Mmmm... mica facile! Spero di non metterci un'eternità.... 1...2...3...via!!!

1 - nonostante alcune ferite che a volte ancora si fanno sentire, credo fortissimamente nella forza dell'Amore e sono convinta che sia inutile provare a convincersi del contrario. Una vita senza Amore non è vita!!!

2 - potrà apparire scontato, ma... leggere trovo sia uno dei modi migliori per trascorrere il tempo e alle volte penso che trovare tanto gratificante e salutare immergersi in mondi di carta e inchiostro sia sinonimo di qualcosa che non va nella società (o, forse, nei miei occhi che la osservano con il timore di venirne inghiottiti)... si esce la sera e le serate sono sempre tutte uguali... una tristezza assoluta e una sensazione di disagio che non c'è mai quando sono a tu per tu con le pagine!

3 - anche se alle volte me ne dimentico, credo nel potere dei sogni. Chi non è più in grado di sognare, è morto ancor prima che sia arrivata la sua ora.

4 - nonostante numerosi tentativi, non mi ritrovo con molte attività sportive. Le palestre sono luoghi lontanissimi dal mio modo di vivere e tutto ciò che mi fa 'ricaricare le batterie', per il momento almeno, è concedermi passeggiate più o meno lunghe e più o meno spedite in compagnia di Mat, il mio amico a quattro zampe

5 - sono una buona forchetta. Tra un invito a cena e un mazzo di rose, propendo senza dubbio per il primo. Anche se temo lo spauracchio del colesterolo alto, mangiare di tutto e sempre quando mi va non è mai stato un problema... i chiletti in più ci sono (non molti, ma ci sono), ma... non sono mai stati un problema nemmeno quello. 

6 - Mi ripropongo da tempo di riprendere lo studio della lingua inglese, ma è qualcosa che continuo a rimandare. D'ora in poi mi riproporrò di organizzare un viaggio in Inghilterra (sogno di visitare la Regione dei Laghi, dove nella casa della celeberrima Beatrix Potter è stato allestito un museo in suo ricordo), così anche il rispolverare e il perfezionare l'inglese sarà d'obbligo.

7 - Il più delle volte faccio a cazzotti con la mia personalità. Forte e debole. Sensibile e menefreghista. Simpatica e noiosa. Attenta e superficiale. Pare sempre di essere in bilico. Sempre di essere tutto e il contrario di tutto.

Ecco. arrivata fino all'ultimo punto senza troppa fatica. Di certo, ce ne sarebbero ancora moltissime di cose da dire su di me. Ma, sul momento, pescando tra pensieri più o meno importanti ed emotivi... questo è ciò che è venuto fuori. Saluti ;-)

Letto: Bianca come il latte rossa come il sangue

Buongiorno!
Alzarsi (non proprio di buon ora) con il 'sapore' di una lettura stupenda ancora sugli occhi... è qualcosa che non mi capitava da un po'. Un po', perché è da diverso tempo che ho cominciato alcune letture, senza poter essere ancora arrivata alla fine. Un po', perché è comunque più raro di quanto si pensi (anche per chi legge con una certa assiduità) imbattersi in pagine che marchino la mente e il cuore in maniera indelebile. 


Quando il libro è uscito in prima edizione, l'ho consapevolmente 'evitato'. Accattivante il titolo, il nome dello scrittore che non conoscevo e - quindi - un'innata curiosità di scoprire un nuovo modo di scrivere, ma... arrivare al retro di copertina e leggere la trama è stato ciò che - sul momento - mi ha bloccato sull'acquisto e mi ha fatto propendere per altro. Una storia che parla di amore e di malattia... un cazzotto nello stomaco. Proprio ciò che non volevo ritrovarmi a vivere. Proprio ciò che non mi potevo permettere di vivere. Proprio ciò che non sarei riuscita a vivere, metabolizzare e superare. 
C'è stato un lungo periodo di scelte in libreria (parlo già al passato, perché dopo essere arrivata fino all'ultima pagina di questo emozionantissimo esordio di Alessandro D'Avenia e dopo essermi dovuta convincere di aver commesso un imperdonabile errore di valutazione, basandomi solo sulle apparenze) in cui ho accuratamente evitato tutte le storie da 'lacrime in tasca', ma... Bianca come il latte e rossa come il sangue ha rappresentato in questi pochi giorni di lettura (anche il fatto di averlo divorato è stato bellissimo. Perché, ancora fortemente scettica sul fatto che potesse sposarsi bene con i miei gusti, al momento dell'acquisto ho seriamente temuto di doverlo lasciare a metà per incapacità nel proseguire) tutto ciò di cui... HO bisogno. 
Un inno alla vita. Un inno all'amore. Un inno all'amicizia e a tutte quelle emozioni (bello o meno, facili da vivere o meno) che ci permettono di capire che stiamo vivendo e che - pure se solo di passaggio - durante questo nostro passaggio non solo abbiamo il diritto, ma prima di tutto abbiamo il dovere di fare in modo che ne valga la pena. Ci sono frasi del libro che mi hanno segnata più di altre e che, più di altre, mi hanno permesso di fissarmi per un po' sulle parole, senza andare oltre e rimanendo a riflettere. E' bello (almeno, lo è per me che sento di non essere proprio del tutto al top in questo periodo!) quando è un libro a ricordarti ciò che fino ad un attimo prima sapevi e che, solo per paura e per sconfitta, hai riposto nel dimenticatoio.

Ecco la risposta. Incenerire i sogni. Bruciare i sogni è il segreto per abbattere definitivamente i propri nemici, perché non trovino più la forza di rialzarsi e ricominciare. 

Il mio Post-it mentale: ricordarsi di non abbandonare i sogni... quello della scrittura non se ne è mai andato, ma ho la fortuna di poter dire che non è l'unico. Anche se non ho la possibilità di confermare d'aver coltivato questi altri con la stessa perseveranza con cui mi ritrovo spesso a tu per tu (e spesso in lotta) con le parole... ci sono sogni, tra quelli che sento nel cuore, con cui lottare è difficile e per cui temo sempre più vicina una fine inesorabile, nella maniera in cui non avrei voluto che andassero. 

Primo problema: la carta senza righe. La scrivo al computer. Ma appena comincio lascio perdere perché è bianca come il ghiaccio, fredda. Allora riprendo il foglio e mi rimetto a scrivere...

Leo, il protagonista, ha il coraggio non solo di essere un sedicenne spensierato e con la vita tipica di un sedicenne. Ma, ha anche il coraggio di credere al proprio cuore, di credere che ciò che ci sta dentro è importante e di credere che... per ciò che è importante si lotta e si arriva fino in fondo, senza ma e senza sé. E si lotta scegliendo mezzi 'caldi'.

Il mio Post-it mentale: non aspettarmi che siano gli altri a muoversi per conto mio o per venirmi incontro. Pure con la consapevolezza di compiere passi che alcuni potrebbero non capire, farlo perché è importante. Non smettere di lottare... un giorno, più o meno lontano, ne sarà valsa la pena. 

...questo è il senso di una vita ben spesa: qualcuno che ti ama anche quando stai male. Qualcuno che sopporta il tuo odore. Solo chi ama il tuo odore ti ama davvero. Ti dà la forza, ti dà la serenità. E mi sembra un bel modo di mettere una diga ai dolori che capitano nella vita. Me lo devo ricordare questo. Me lo devo ricordare, perché è da mettere nel mio sogno...

Il mio Post-it mentale: niente da obiettare. Niente da aggiungere. E' anche il mio sogno...

Solo chi fa domande sui dettagli ha provato a sentire come sente il tuo cuore. 

Verissimo. Il più delle volte la natura di un rapporto (e l'importanza o meno di questo) si manifesta con l'interesse per ciò che si vive. Uno scambio reciproco di domande, alla base di un modo per poter vedere il mondo insieme, per poterlo capire insieme e per poterlo meglio digerire... insieme a qualcuno!

"Perché quando c'è di mezzo l'amore le persone a volte si comportano in modo stupido. Magari sbagliano strada, ma comunque ci stanno provando... Ti devi preoccupare quando chi ti ama non ti ferisce più, perché vuol dire che ha smesso di provarci o che tu hai smesso di tenerci..."

Il mio Post-it mentale: credo sia la visione più giusta dell'amore. Ma, chissà perché in moltissimi sono propensi a credere a principi azzurri e principesse, a fate turchine che rendono magiche serate altrimenti anonime, ai 'vissero per sempre felici e contenti', a tutto ciò che è solo ed unicamente 'rose e fiori', mentre non ci si ricorda mai che: non c'è rosa senza spine e che... anche tutto ciò che viene dopo una tempesta, se si ha il coraggio di attraversarla, può essere bellissimo. Ergo... ho una paura tremendissima di imbattermi in qualcuno che non sappia vedere quanto solo giornate fatte sia di bello che di brutto siano vere... e la paura ancora più tremenda è che solo dopo troppo tempo io mi accorga di avere a fianco qualcuno di 'questo tipo'.

E la vita è l'unica cosa che non s'inganna, se tu, cuore, hai il coraggio di accettarla...

Non ho altro da aggiungere. Ora... spero che il film (motivo per cui, alla fine, mi sono decisa ad un tu per tu con il libro) confermi le aspettative... e mi sa che sarà bene avere una scorta di fazzoletti in tasca. Per chi non avesse ancora letto il libro... lo consiglio tantissimo! Per tutti gli altri... buona lettura, sempre!!!

martedì 19 marzo 2013

domenica 17 marzo 2013

...ho la vena polemica confusa!


‘Non ti fai mai sentire’. Se c’è una frase che odio è proprio questa. È più fastidiosa di qualunque cosa possa essere rimasto incastrato tra i denti dopo aver mangiato, più irritante del prurito dopo che si è stati vittima di un attacco kamikaze ad opera di uno sciame d’api. Automaticamente nella mente arriva la risposta pronta e secca: “Perché… tu, sì?!?”. Eh… già! Perché è proprio questo il bello della cosa. A farti pesare assenze più o meno conclamate e a farti sentire peccatore/peccatrice incallito/a in quello che è l’assurdo, utopico mondo del ‘vogliamoci tutti bene’ e del ‘pensiamo sempre a chi ci sta intorno’, è proprio colui/colei che non si fa mai sentire e che, semplicemente, si aspetta sempre e solo d’essere il centro della tua vita e di quella di tutti coloro che, per fortuna o meno, hanno a che spartirci. Mah! Quello che succede a me ad un certo punto è che se prima l’assenza era involontaria e dettata il più delle volte da un continuo rimandare a momenti migliori delle giornate (che poi passano inesorabili, senza aver preso il telefono in mano) quello in cui mi sarei fatta sentire, poi (dopo che mi è stato fatto notare e dopo che mi rendo conto che a farmelo notare è proprio uno/una assente cronico/a come me) diventa una questione di principio. Non mi faccio sentire perché non lo fai nemmeno tu e vediamo se te la pianti di puntare sempre il dito. A casa mia si è sempre detto: prima di guardare la pagliuzza nell’occhio altrui, soffermati sulla trave che c’è nel tuo. Sempre ottimo come consiglio e verissimo. Sarà infantile… sarà che si rischia di finire a prendersi a male parole con qualcuno, ma… sarà che non ci tengo poi tanto ad essere contornata di persone che non fanno che ripetermi ciò che io non ho fatto per loro e non si fermano un attimo di più a pensare che in fondo siamo tutti uguali e che… a tutti capita di fare o non fare qualcosa, di dire o non dire qualcosa, di trovarsi o non trovarsi in una situazione. È solo una questione di tempo. Che ci vuole ad essere un po’ più tolleranti?
Altro aspetto che detesto del complicato mondo dei rapporti social-umani?!? Chi si trincera dietro la paura, per giustificarsi di non aver fatto o di non stare facendo qualcosa, ma accusa gli altri di non fare quello stesso qualcosa per paura. E che cosa è… l’asino che dice orecchione al cavallo?!? Personalmente… anche in questo caso ho un mio modo di vederla. Diciamo che cerco di evitare di arrivare al punto di essere considerata una ‘fifona’, semplicemente perché a me non piace vivere di paura e di rimpianti. Perciò, anche se rischio di fare una figuraccia, provo lo stesso a dire e/o a chiedere ciò che vorrei. E se va male, provo ad archiviare il tutto con un secco: “Pazienza!” che, però, non sempre funziona. Certo, il dramma c’è se capita di muoversi nei confronti di qualcuno che potrebbe morire di paura, ma che – diversamente da come faccio io – potrebbe decidere di volerci convivere. Allora, in quel caso c’è il rischio che arrivi il dubbio a rodere l’anima. Perché fa così? Ci penso su una volta, ci penso due, ci rifletto su anche tre volte. Poi, mi ricordo delle parole bellissime che una volta la nonna mi ha detto (io… ragazzina di poco più di quindici anni) vedendomi un po’ giù per una questione di cuore: “Se gli interessi… troverà il modo”. Ecco. Da allora, non l’ho più scordato. Ed è vero. Per chi ci interessa e per chi a noi interessiamo (e non parlo solo di amore!), il modo si trova sempre. E non c’è paura che tenga.
In questo periodo - a dire il vero - mi capita spesso di interrogarmi sui possibili, probabili, sconosciuti perché di alcuni atteggiamenti che noto intorno e per cui a volte non posso fare a meno di starci male. Non penso di essere mai stata una persona troppo esigente, ma credo che nel dimostrare a qualcuno di tenerci o meno il linguaggio sia universale e vada ben oltre la telefonata, l’sms o il contattarsi o meno tramite Facebook. Penso che esistano al mondo individui che adoperano tutti questi strumenti quotidianamente, ma che alla resa dei conti ti lasciano solo/a da una parte a chiederti quanto sarebbero disposti a fare pur di non perderti. Penso che siano poche le persone che danno il valore vero all’amicizia (la cosa più brutta che mi è capitata è di sentirmi dire di non avere tempo nemmeno per un caffè) o a quello che ne potrebbe derivare (il mondo pullula di prese per il c**o e – sarà un caso – ma continua ad aumentare il numero di persone che non hanno più fiducia nei sentimenti… perché?), anche se poi queste stesse persone si sentono subito in diritto di replica e a volte di offesa, se viene fatto mancare loro qualcosa. Penso che… ecco! Forse, questa è un’altra questione dove sarebbe meglio riuscire a non pensare. Perché tanto non è qualcosa che si può cambiare a parole… perché a volte è semplicemente dura ammettere che non ci sono ‘ma’ che tengano… :-(

PS: Un bellissimo premio virtuale è arrivato da parte di Robby... rimando alla prossima il Post dedicato. Ancora un Grazie grandissimo. A presto!!! :-)

sabato 9 marzo 2013

Se è nel Cuore...

Influenzata, ma... con un racconto nel cassetto che smaniava per uscire. Penso sia ormai innegabile quanto alle parole basti poco per nascere... così, anche una tranquilla passeggiata può essere fonte di ispirazione. Perché è camminando che ho incontrato qualcosa che ha attirato la mia attenzione, è camminando che sono tornata a fotografarlo ed è sempre camminando che ho cominciato a regalare a questo 'qualcosa' una storia tutta sua... un 'secondo me' che non è realtà, ma che - in fondo - potrebbe anche esserlo. Un 'secondo me' che è la vita che ho creato... per questo 'qualcosa'  di cui non saprò mai il vero significato. Un 'secondo me' che è pura fantasia e che, come frutto di fantasia, lascia intatto il fascino dell'essersi imbattuti in 'qualcosa' di insolito, dell'averlo ammirato e del chiedersi ancora... 'chissà chi l'ha messo lì e perché...' 
Ditemi... cosa ne pensate?


Sul cartello attaccato alla porta, poco sopra la maniglia, c’è scritto che il negozio chiuderà in anticipo sul orario. Guardo l’orologio e mi rendo conto che ho giusto dieci minuti di tempo per entrare, raccogliere tutto il mio coraggio, chiedere quello che ho in mente di chiedere, pagare ed essere di nuovo fuori prima che il suono del Campanone si diffonda ancora nell’aria ad annunciare il mezzodì.
“Buongiorno! Posso esserle utile?”. Il ragazzo dietro al bancone avrà si e no trent’anni. Ma, nonostante questo, mi tratta con estrema cortesia e mi riserva un ‘lei’ che raramente da altre parti mi è capitato di ricevere. “In effetti…”. Non riesco a fare a meno di balbettare un po’. E, anche se cerco di ignorarlo, le mani tremano dentro alle tasche del giubbotto. “Sssssss… sì. Credo proprio di sì”. Cerco di smetterla in fretta di somigliare a una serpe sibilante e mi avvicino di qualche passo al tavolo di legno che ci separa. “Vorrei… vorrei…”. Accidenti! Come è che si chiama quell’attrezzo? Mi maledico per non essermi ripetuta mentalmente il nome, fino ad impararlo a memoria. Poi, cercando di ignorare il lieve sorriso che gli è comparso in viso e che scopre leggermente una dentatura bianca e perfetta, provo a farmi capire lo stesso. “Avrei bisogno di qualcosa in grado di tagliare un pezzo di ferro piuttosto spesso”.
“Saprebbe dirmi quanto spesso?”. Ribatte con aria professionale e tutto ciò che mi riesce di fare è di gesticolare una misura. Con l’indice e il pollice della mano destra, cerco di trovare quella che mi sembra la dimensione più veritiera. “Ecco! Più o meno… così”. Puntualizzo, quando penso di essere riuscita ad arrivare ad un risultato soddisfacente. Il ragazzo sorride, mi fa cenno con la testa di aver capito e per un attimo sparisce in un’altra stanza, da una porticina laterale che non avevo notato prima. Spero abbia veramente le idee chiare su ciò di cui ho bisogno perché non solo non vorrei fargli fare tardi sull’orario di chiusura anticipato, ma… sento che se non esco di lì nel giro di poco rischio di svenire.
“Queste dovrebbero fare al caso suo”. Mi porge un attrezzo con due manici lunghi, una testa arrotondata e due lame taglienti che… sì! Dovrebbero proprio fare al caso mio. Pago i venticinque euro che mi chiede e, più o meno soddisfatta, esco di lì.
Mezzogiorno è passato da dieci minuti. Nonostante il cielo sia sereno, non riesco a sentirmi felice. C’è da dire che è da diversi giorni ormai che non riesco a sentirmi felice. Per questo mi serve di dare un taglio al passato. Proprio… letteralmente parlando.
Sto ancora camminando verso la meta, quando il Campanone annuncia che il primo quarto di quella nuova ora è già passato. È ancora presto per il pranzo. Eppure, passando di fronte alla finestra bassa di una casa, non posso fare a meno di fermarmi un istante a guardare una coppia di anziani già seduta a tavola. Non si accorgono di me. Danno le spalle al mondo fuori e sono tutti presi da un programma di cucina alla televisione. Chissà se le sperimentano mai le ricette che seguono con tanto interesse, o se è solo un modo come un altro per ammazzare la noia e che magari è proprio vero che quando si è in su con l’età il tempo si dilata talmente tanto da diventare insopportabile.
Certo… arrivarci anch’io alla loro età! Chissà come sarei con i capelli bianchi e la pelle rugosa… chissà se sarei sola o con qualcuno accanto… continuo a camminare mentre me lo domando e cerco di non pensare al fatto che fino a poco tempo prima io qualcuno accanto ce l’avevo. Magari, a detta di molti non era proprio il principe azzurro. Ma… tutto ciò che importava era che per me fosse speciale.
“Ehi… Serena! Si può sapere dove stai andando tanto di corsa?”. Cavoli. Questa proprio… no. Non ci voleva. Adesso che mi invento per andarmene alla svelta?
“Maria… buongiorno!”. Maria è una vecchia compagna di scuola di mia madre. Una donna che ha fatto della chiacchiera il suo sport preferito. L’ultima volta che ci siamo incrociate per le vie della città stavo andando all’ufficio postale a spedire un pacco e mi ha trattenuto per più di venti minuti per chiedermi di mia sorella e del nuovo ragazzo con cui l’aveva vista in un bar. Anche se riesco ad essere sufficientemente ermetica quando si tratta di informazioni che non mi va di dare, non sempre riesco a tenere corti i tempi di conversazione.
“Hmmm… sto andando a casa del nonno. Aveva bisogno di un attrezzo nuovo e mi ha pregato di fare un salto in ferramenta”. Indico con lo sguardo la busta di plastica bianca che tengo incollata ad un fianco e da cui si intravede chiaramente la sagoma di qualcosa che proprio non ha niente a che fare con il mondo di un’adolescente tutta moda, trucchi e tendenze. Ma, Maria non sembra per niente soddisfatta.
“E… come va l’amore? Ti frequenti ancora con quel giovanotto biondo? Mi pare di averlo visto l’altro giorno al supermercato insieme al padre… possibile?”. Posto che in nessun caso sarei stata in grado di sapere ogni singolo spostamento del ‘biondo’ in questione… “No! Io e Claudio non stiamo più insieme da tre settimane, ormai”. Alzo le spalle come ad intendere che sono cose che succedono e che non è il caso di farne un dramma, ma… dentro mi sento morire. Spero anche di non mettermi a piangere da un momento all’altro, ma  non è così scontato che non accada se non mi sbrigo ad andare via di lì. “Ok… ora devo proprio andare. Scusami tanto, davvero. Mi ha fatto comunque piacere vederti. Buona giornata e salutami tutti a casa”. Cerco di rispondere con un concentrato di cortesia e di educazione, ma mi rendo conto che parlare mentre già con i piedi mi sto allontanando da lei non deve essere il massimo in fatto di buone maniere.
Giro l’angolo della via e tiro un sospiro di sollievo. Di tanti giorni… proprio oggi. Continuo a camminare verso la meta e non mi fermo più fino a che raggiungo il cancello all’ingresso del parco.
Adoro parco Ranghiasci. L’ho sempre adorato. Di qualunque stagione si tratti, ogni singolo angolo sa regalare qualcosa di speciale agli occhi di chi guarda. Oltrepasso in fretta il ponte, cammino veloce lungo i primi due viali e, all’inizio del terzo, mi trattengo un po’ prima di arrivare alla fontana. Non potrei dimenticare l’ultima volta davanti a quello zampillo d’acqua nemmeno se volessi. Quattro amici. Due ragazze e due ragazzi. Due giovani coppie. L’idea che sarebbe potuto essere per sempre. La fiducia in un futuro lungo, da vivere tenendosi per mano. Ripenso al sorriso di Claudio mentre mi scosta una ciocca di capelli dal viso, alla mia sensazione di essere arrossita oltre misura, al nostro ‘Bacio della Promessa’. Nessun filo di metallo al dito o ciondolo a mezzo cuore al collo, perché il mondo intero sapesse che ci amavamo e che avevamo deciso di arrivare fino in fondo con il nostro rapporto. Solo una promessa fatta di parole e di… un lucchetto.
Non riesco a vederlo da dove sono, ma so che è lì… vicino a quello di Anna e Giacomo, che ancora sono felicissimi e innamorati. Le nostre iniziali scritte con un pennarello indelebile. Un posto diverso dal famoso Ponte Milvio. Un Per Sempre che non è riuscito a reggere allo stress di una vita giovane, ma con qualche punto basso di troppo. O… forse, con pochi ‘picchi alti’ a compensare il tutto.
Se voglio sono ancora in tempo per andarmene, ma muovo i piedi fino alla panchina. Io e Claudio seduti lì mentre dividevamo un frappè al cioccolato. Un nuovo bacio e un altro ancora. Guardo il lucchetto e sento una fitta di dolore fortissima allo stomaco. Può una promessa essere infranta con tanta leggerezza? Immagino che per la stessa ragione per cui esistono i divorzi, il fatto che due adolescenti non siano riusciti a rimanere insieme sia da ritenersi di normale amministrazione in fatto di questioni di cuore.
Sono indecisa se stringerlo tra le mani un’ultima volta. No. Forse è meglio afferrarlo direttamente con le tronchesi e farla finita con un colpo secco. Avevo chiesto a Claudio di occuparsene, ma lui non ne ha voluto sapere. Mi ha detto che ero proprio scema se davo tanta importanza a certe cose. Strano. Quando abbiamo girato insieme la chiave sembrava avessimo fatto il gesto più importante e impegnativo del mondo. Continuo a guardare il lucchetto. Vorrei riuscire a guardarlo con aria di sfida, del tipo ‘A noi due… insignificante pezzo di metallo’, ma… non mi riesce di farlo. Continuo a guardarlo e ho come la sensazione che mi implori di lasciarlo stare. Che mi chieda di non eliminarlo da quel mondo che, nonostante tutto, sembra averlo accettato come simbolo d’amore. Mah… forse è vero. Forse… non sarebbe giusto toglierlo. Forse… sarebbe inutile.
Provo comunque a dare una prima stretta delle tronchesi sull’archetto sigillato intorno al foro di quel cestino per rifiuti, ma niente da fare. Eppure nella mente una vocina continua ad incoraggiarmi… Su Serena… puoi farcela… un colpo secco e via. Provo ancora e ancora.
No. Non ci riesco. Perché c’è Claudio ancora nel cuore. Perché spero ci ripensi. Perché… magari un giorno, passeggiando da queste parti, gli capiterà di abbassare lo sguardo proprio su questo punto e si accorgerà che non l’ho eliminato. Anche se gli avevo detto che l’avrei fatto ad ogni costo. Anche se gli avevo detto che sarebbe stato il mio modo di ricominciare con una nuova vita. Mi rendo conto che sarebbe inutile che il mondo esterno parli della mia ritrovata libertà, se il mio cuore parla ancora di lui. Sempre e solo di lui.
Appoggio le tronchesi sopra alla panchina pensando che magari potranno tornare utili al custode o a qualcun altro e prendo la macchinetta fotografica in borsa. Scatto una foto. Un’altra e un’altra ancora. Prima di incamminarmi di nuovo e di rendermi conto che sono in ritardo per il pranzo.


Il cellulare nella borsa squilla. È la mamma che mi sta cercando. “Pronto?”. “Serena! Dove sei? Si può sapere che fine hai fatto? Ti stiamo aspettando da più di venti minuti…”. “Niente, mamma… non ti preoccupare. Avevo una cosa importante da fare e mi ha portato via più tempo del previsto, ma adesso sto tornando. Dieci minuti e sono lì”. Chiudo la telefonata, rimetto il cellulare di nuovo in borsa. Anche il fatto che il cuore salti nel petto ogni volta che lo sente suonare non passerà per il momento. O, forse, non passerà mai. Perché credo ancora nella mia promessa e spero ancora di poterla vivere.

domenica 3 marzo 2013

L'imprevedibilità del fare previsioni...


Le belle giornate son fatte per passeggiare. Le passeggiate, a volte, son fatte per pensare. I pensieri, non sempre sono fatti per stare meglio. A volte sì, a volte no. Poi... ci sono quelle passeggiate e quei pensieri che non sono fatti né per l'uno, né per l'altro. E in fondo va bene così. Ammiri il cielo chiaro, strizzi gli occhi ai raggi di sole che filtrano tra i rami ancora spogli di foglie e cerchi di non perdere di vista quello scalmanato di un amico a quattro zampe che all'ultimo momento - pure con l'I-Pod in mano e con l'idea di stare un po’ in pace - hai deciso di portarti dietro. Ti appoggi al fusto esile di un albero e un sorriso arriva a increspare leggermente le labbra. Mentre il cane gioca con alcune foglie secche di cui immagini solamente il rumore dello scricchiolio sotto alle zampe, la tua mente è addirittura arrivata a chiedersi se fra dieci anni sarà ancora tutto in quel modo. Un po’ di tempo libero la domenica. Le prime belle giornate di marzo. Le prime passeggiate, senza il timore di ritrovarsi le dita delle mani congelate dal freddo in men che non si dica. Mentalmente accarezzi sia la speranza di avere ancora tanti momenti del genere, che quella di averne di totalmente diversi… prima di sorridere di nuovo. È impossibile prevedere ciò che accadrà da qui a un minuto. No. Da qui a un secondo. Figurarsi… da qui a dieci anni. Afferri un pezzo di ramo secco da terra e provi a lanciarlo. “Vai bello, prendilo!”. Niente da fare. Magari, fra altre dieci passeggiate e altri tentativi… chissà!