Visualizzazione post con etichetta GiornateSpeciali. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta GiornateSpeciali. Mostra tutti i post

sabato 23 aprile 2016

In un sabato mattina qualunque

Un sabato che comincia e prosegue a rilento. Colpa di un mal di gola che non mi da tregua da ieri sera. Quelle infezioni fastidiose, pur non eccessivamente debilitanti, che si manifestano appena hanno il sentore di fine settimana in avvicinamento. Ho la sensazione che proprio adesso si stia tenendo un rave party di formiche sopra la mia faringe.
Rimango comunque dell’idea di sbrigare l’unica incombenza vera della giornata e, già che ci sono, vorrei passare in  libreria. Oggi è la giornata mondiale del libro.
Sono le dieci quando riesco a tirarmi fuori dal letto e scendere in cucina per la colazione. Il progetto di ritornare a scrivere di mattina presto se ne va a farsi benedire per l’ennesima volta.
Un’ora e venti più tardi sono già in fila all’ufficio postale; un’altra delle cose che sarebbe bene sbrigare prima delle nove.
Prendo il numero riservato ai contocorrentisti. Dovrebbe garantire una velocità di scorrimento maggiore, almeno in teoria. Ma dubito che serviranno meno di trenta minuti per far sì che le undici persone che ho davanti si tolgano di mezzo.
Sono il 51. Stanno servendo il 39.
Un signore entrato subito dopo di me sbuffa, ancor prima di vedere il piazzamento del suo turno, perché l’ufficio è decisamente affollato.
Ok! Pazienza. Se non riesco ad andare in libreria entro la mattinata, vorrà dire che ci tornerò nel pomeriggio. È la giornata mondiale del libro, non si può non acquistare nulla per l’occasione.
Osservo lo scorrimento dei numeri sul grande display appeso al muro, con lo stesso interesse con cui mi ritrovo a leggere le notizie che scorrono su uno schermo tv poco lontano. Dovessero interrogarmi in merito all’una o all’altra cosa, in entrambi i casi non saprei cosa rispondere.
Riesco a ristabilire la giusta attenzione nel momento in cui i numeri sembrano impazzire all’improvviso e saltano in fretta dal 41 al 46. Quei piccoli miracoli inaspettati, che possono accadere all’ufficio postale se qualcuno decide di non poter aspettare più di qualche minuto per poter essere servito. Certo che sei persone che abbandonano il tentativo non sono poche...
Buon per me!
Per me e per la signora seduta più avanti, che un attimo prima già si stava lamentando di dover ancora andare al supermercato a fare la spesa per il pranzo ed ora è davanti all’addetto per poter pagare dei bollettini in scadenza.
Anche la donna seduta accanto non scherza, in quanto a entusiasmo improvvisamente ritrovato.
Stringe in mano due biglietti e ha l’aria di chi sta controllando le estrazioni del lotto alla tv, per vedere se ha vinto.
È un testa a testa tra i numeri dei correntisti e quelli generici per i bollettini. Da una parte il 47, aspettando il 48. Dall’altra il 73, aspettando il 74. Scatta prima il 48.
Sorrido mentre la osservo che si alza in piedi per far capire di esserci e sento le labbra incresparsi ancora di più quando la vedo regalare il suo 74 al ragazzo seduto accanto a lei. Lui stringeva in mano l’85. Quando si dice un colpo di fortuna di massa!
Il 49 è di nuovo mancante. Il 50 è sbrigativo. Arrivato finalmente il mio turno, decido di dare una mano anch’io al prossimo scegliendo di non bloccare la fila per compilare il modulo per un bonifico. L’ultima volta che mi è capitato di doverne fare uno, l’addetto allo sportello ha preferito approfittarne per riposarsi un po’. Scelte.
Il signore dietro di me mi sorride. A mezzogiorno siamo entrambi fuori di lì.
C’è un movimento discreto di gente anche in libreria. Mi piace pensare che siamo lì tutti per la stessa ragione, ma rimane una supposizione non verificata.
Mi piazzo davanti allo scaffale delle novità e rimango a fissare le copertine, fino a che non trovo qualcosa in grado di colpirmi. È strano dover fare i conti con un imbarazzo della scelta che non dipende tanto dal fatto di non trovare qualcosa che sia affine ai gusti, quanto al non sapere a che cosa dare la precedenza.
Leggo la quarta di copertina di tre libri che trovo tutti interessanti e, anche se vorrei stabilire in maniera oculata quale portare fino alla cassa con me, alla fine lascio che sia l’istinto a guidarmi. Una volta tanto…


Un giro per gli altri scaffali, trovo anche ‘lui’...



La prima volta che mi ci sono imbattuta, leggendo commenti entusiasti su Facebook, mi sono trattenuta dall’acquistarlo immediatamente on-line. La seconda volta è stato un faccia a faccia al supermercato. Non l’ho messo nel carrello insieme ai cereali, agli yogurt e ad altre cose, un po’ perché andavo di fretta e un po’ perché… custodivo l’idea di conservare quell’acquisto per un’occasione speciale. Oggi non avevo più scuse per rimandare ancora.
Ho la sensazione che entrambi i libri saranno in grado di regalarmi qualcosa di speciale. Non capita sempre, pur trattandosi di buone letture.
Mentre torno a casa, con i miei acquisti sistemati dentro una busta di carta, mi ritrovo a domandarmi se per caso si trovino bene l’uno accanto all’altro. Il pensiero folle di un secondo, che è però ragione di un nuovo sorriso divertito.
Arrivo al parcheggio sotto un cielo grigio, che più grigio non si può. È una fortuna che il tempo abbia retto, nonostante sia da una settimana che tutti vanno dicendo quanto pioverà questo weekend.
Entro in macchina e mi lascio avvolgere dall’odore di pane fresco. Avevo dimenticato di essere passata al forno, prima di ogni altra cosa.
In fondo alla strada, ferma allo stop, le prime gocce cominciano a colpire il vetro. È il tempo ideale per un pranzo veloce, per una tazza di tè e per una nuova storia da leggere sotto le coperte. Mentre le formiche continuano con il loro rave… ;-)

Alla prossima!

sabato 23 gennaio 2016

Cronache di una... spedizione!

Svegliarsi presto comunque. Gli ultimi preparativi indispensabili, prima di uscire di casa per andare a spedire una busta che considero importante. “Non ne verrà fuori niente”, continuo a ripetermelo. Ma non posso fare a meno di dirmi anche che: “Non provarci porterebbe a niente di sicuro”.
Perciò scorro il testo veloce sul monitor per le ultimissime, ennesime, puntigliose correzioni. Oddio… puntigliose. Si fa per dire. Anche se di scrupolo ce ne ho messo tanto, qualcosa è sfuggito di sicuro. Scrivo il curriculum letterario che serve, compilo la scheda di iscrizione. È tutto pronto per la stampa. Mi sono svegliata con il timore di non fare in tempo a fare tutto e, anche se sono appena le dieci e trenta e l’ufficio postale non chiuderà prima di due ore, non posso fare a meno di conservare quel pizzico di ansia; che quasi mi fa scordare la busta sopra il tavolo della cucina. Vabbè, non è grave. Avrei fatto in tempo a tornare indietro a prenderla. Il dramma è che detesto contrattempi di questo tipo. Per fortuna, allora, riesco a salire in macchina con la mia busta stretta in mano.
Le concedo di sedermi accanto. Pochi minuti e ognuna se ne dovrà andare per la propria strada. Delle due, solo io rimarrò in impaziente attesa di avere sue notizie.
Quei momenti in cui il tempo di un semaforo rosso sembra sempre troppo lungo. Mi consola poco, anzi pochissimo, che il cd sia arrivato alla traccia che preferisco. Ho deciso che lo lascerò andare da solo, senza interferire minimamente nell’ordine di esecuzione, fino a che sarò riuscita a sentire almeno una volta tutte le tredici canzoni che contiene. Solo così non sarà stato un acquisto fatto invano.
Scatta il verde. Il parcheggio è poco lontano. Io e la Busta scendiamo dalla macchina con la consapevolezza di dover fare tappa alla copisteria e la convinzione, poi rivelatasi errata, di riuscire a fare presto. Apro la porta trasparente, mentre un signore sta dettando dei codici fiscali. La signora al computer mi dà l’impressione di essere alquanto preoccupata della fila di persone che sta aumentando lentamente. Lo spazio per l’attesa è quel che è. Nonostante tutto, riesce a mantenere un atteggiamento professionale e a scrivere tutto ciò che serve, fino all’ultima lettera. Io mi sento un po’ meno tranquilla. Rischio di fare tardi.
Sto già premeditando una sclerata (a trovare il coraggio, potrebbe essere una soluzione), quando, rivolta a me, dice: “In cosa posso aiutarti?”.
“Dovrei rilegare dei fogli”, appoggio sul bancone il mio plico, un po’ in imbarazzo per il fatto che tutti possano leggere di che cosa si tratta. Bè, non tutto; tutto. Il titolo, però, è in bella vista. Panico.
“Puoi ripassare tra un quarto d’ora?”.
Nodo alla gola. Che faccio… sclero, o non sclero?
Non sclero. Non solo la timidezza mi impedisce di farlo, ma mi ricordo di dover fare anche altro all’ufficio postale. Posso andare a sbrigare le mie incombenze ordinarie e tornare a prendere tutto appena avrò finito. Posso farcela. Devo farcela.
Mentre cammino in su per la via, cerco di ignorare il freddo. Ma, cavoli, quant’è pungente! Appena avrò sistemato ogni cosa, vado al bar a prendere qualcosa di caldo.
Dentro l’ufficio postale, trovo la fortuna dalla mia. Ho due persone davanti. Magari, sempre!
Con la ragazza dietro il bancone ci conosciamo. È una sorta di ‘da quanto tempo è, che non ci vediamo?’. Più sintetica delle note biografiche di un retro di copertina, le racconto i miei ultimi anni di vita, da quando ci siamo perse di vista. Giusto lo stretto indispensabile, poi torno dalla mia Busta che mi sta aspettando.
Il tragitto all’insù, anche se insieme, è sempre freddissimo. Rientro nell’ufficio postale con la speranza che nessuno mi prenda per pazza. Due volte, in meno di venti minuti.
P 18. È il numero con cui prenoto la mia spedizione. Il biglietto lo metto nel portafogli, come faccio sempre quando voglio conservare una testimonianza di qualcosa che è successo. Come se le parole dentro alla busta, rimaste anche a casa dentro il computer, non fossero più che sufficienti. Quindici minuti dopo, sono di nuovo fuori. Manca un quarto a mezzogiorno. Qualcosa al bar ci sta, perché no?
Ho la netta convinzione di vivere giornate incentrate su una parola. Quella di oggi deve essere: incontri. In realtà, più che un incontro, è una nuova conoscenza. Qualcuno che inizia a parlarmi, senza che io lo stia nemmeno guardando. Pretende la mia attenzione.
Mi capita spesso. Non spessissimo, ma ne ho di ricordi del genere. Non riesco a evitare di sorridere. Quei momenti che potrebbero diventare parole su carta, in meno di un attimo. Quindi, che faccio? Chiudo qui, per ora. Questa è di certo un’altra storia.

Alla prossima!