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martedì 19 aprile 2016

A chilometri di distanza: "Doversi divorziare"

Ecco che finisce anche qui… la mia prima ‘storia Wattpad’!
Scelgo di fare con il blog quello che alle volte è tipico di alcuni canali Tv… replico; differisco.
In un modo o nell'altro, spero di poter raggiungere il maggior numero di persone possibile. Magari, qualcuno potrebbe incuriosirsi. Magari, a qualcuno potrebbe piacere. Magari, qualcuno potrebbe decidere persino di iscriversi a Wattpad e… chissà! Potrebbe essere divertente…
Lascio qui questa primissima, piccolissima parte. La storia ne conta già quattro, ma ci sarà ancora un bel daffare, prima di riuscire ad arrivare alla fine. Vi va di dare un’occhiata? Magari di dirmi che cosa ne pensate?
Lo lascio qui… alla prossima!  





PARTE 1: 
Doversi divorziare

Trent'anni compiuti il mese scorso.
Un primo giorno di primavera che non mi aspettavo di vivere in maniera tanto triste. Forse sarebbe meglio dire in maniera tanto solitaria; ecco. Escludendo la compagnia dei pensieri. Quelli soliti, quelli deprimenti, che non mancano mai.
Parenti e amici avrebbero voluto poter festeggiare tutti insieme. Sono stata io a rifiutarmi in maniera praticamente categorica e, per la prima volta nella vita, sono riuscita a farmi dare ascolto.
Non si può festeggiare i trent'anni con una torta, con le candeline, con lo spumante e con i palloncini dopo aver deciso di doversi divorziare.
Doversi. Proprio così.
Fosse stato per me, avrei continuato a scegliere quella strada che di solito si percorre, in un matrimonio, andando incontro al tradizionale – forse, oggi nemmeno troppo – finché morte non ci separi. Invece, a separarci ci ha pensato una Bionda.
Pare sia una di quelle cose per cui ci si ritrova costretti a dire che è la vita. Che può capitare e che non ce ne se può fare un cruccio. Non in eterno, almeno.
Sono passati due anni da quando l'ho scoperto, ma per davvero io non mi sarei voluta dare per vinta. È la vita, un corno!
Fosse stato per me, avrei preferito metterci una pietra sopra e provare ad andare avanti. Adesso sono di più dell'idea che avrei anche potuto mettere una pietra sopra alla Bionda, per eliminare il problema alla radice; insomma. Ma è considerato reato e forse il tempo in galera non passa in maniera tanto agevole, rispetto alla vita di fuori.
No. Non sarebbe stato un buon piano. Forse è meglio farsene una ragione e andare avanti.
Allora, ci sto provando. Provo a considerare questo trentesimo compleanno appena trascorso come una sorta di linea di partenza e provo a ridare il via alla mia vita. Tanto per cominciare, ho deciso di cambiare città.

sabato 2 aprile 2016

Pianeta Wattpad: A chilometri di distanza

È da un po’ che ci stavo girando intorno. Sapevo che non sarei  riuscita ad aspettare troppo, prima di provarci anch’io. La storia vive esattamente nella dimensione in cui è presente on-line. Stracciando l’idea di bozze, di appunti vari e di capitoli scritti in anticipo. Fregandosene del fatto che non sia l’unico ‘progetto di parole’ del momento. Quando l’altro giorno l’ho sentita arrivare, in mezzo ad altri pensieri, ho deciso di rischiare insieme a lei. Con lei. Non ci si prepara prima. Non ci si arrovella troppo sul: “Chissà che cosa ne penseranno?”. Si improvvisa. Si va in scena, nel momento stesso in cui si prende forma dentro alla Fantasia. Ci si diverte o, quantomeno, si prova a farlo. Chissà…

Vi lascio il link... 


Cosa ne pensate?
Alla prossima!!!

domenica 16 marzo 2014

Una storia a puntate. #3

Una storia a puntate. #1

La porta scorrevole li lasciò passare, salutandoli con il cigolio con cui salutava chiunque avesse intenzione di entrare o uscire di lì; da più di cinque mesi ormai.
«Chissà se con l’anno nuovo si decideranno a dare una controllatina al meccanismo. O… magari preferiranno aspettare che la porta si blocchi del tutto. Tanto… si sa come va a finire sempre, con queste cose».
Alice non si poteva definire una persona polemica. Non a prescindere, perlomeno. Ma… esistevano cose o situazioni per cui le bastava veramente un niente per uscire fuori di testa e per dare di matto; letteralmente.
Per quel che riguardava Giordano, non tutto ciò che lo circondava – pur se fastidioso, come il cigolio di una porta scorrevole – poteva essere un suo problema.
Gli bastava avere la testa carica di pensieri, per quel progetto non ancora portato a termine e il cui esito era ancora piuttosto incerto. Perciò… guardandola con l’espressione tipica di chi stava camminando a braccetto con la fretta e con la tensione, si limitò a rispondere in modo molto maschile e con l’altrettanto maschile e tipica nonchalance: «Mah! Io non c’avevo neppure fatto caso». A sottintendere che secondo lui non era una cosa grave, che secondo lui era inutile preoccuparsene e che… beh… Sì! Che erano lì per una ragione più importante e imminente; altro che meccanismo della porta.
Venti passi contati, prima di arrivare di fronte al banco frigo di latte, burro e formaggi vari tagliati e confezionati a spicchi.  
«Bene! Da dove si comincia?».
Un’altra cosa di cui Giordano era beatamente all’oscuro, ma con cui stavolta – per forza di cose – avrebbe dovuto fare i conti, era il caos che poteva regnare in un supermercato in un giorno di festa, quando tutti sono concentrati a tenere sotto controllo e a risolvere (quando possibile) i preparativi dell’ultimo minuto.
Per Alice fu quella l’occasione giusta per sfoderare tutta la nonchalance femminile di cui era capace e per dimostrarsi all’altezza per riuscire a fronteggiare la situazione.
Una giungla; per dirla in due parole. Il supermercato a quell’ora, di quel 31 dicembre 2013, era una vera e propria giungla.
Giordano fece appena in tempo a spostarsi dalla traiettoria di un bimbetto di sei o sette anni che, trovati gli yogurt preferiti, stava stringendo forte, forte il suo bottino e stava correndo in direzione di quella che immaginò essere la mamma munita di carrello.
«In verità… ho continuato a pensarci per tutto il tempo che siamo stati in macchina», il che equivaleva ad ammettere di essersi sforzato in una riflessione non più lunga di cinque minuti, «ma… non credo di volermi cimentare in piatti particolarmente elaborati, per questa cena. Non voglio stupirla con la presentazione delle pietanze, voglio di più essere sicuro che ciò che mangeremo le piacerà». In un mondo dove la maggior parte delle cose vengono fatte per apparire, avere chiara una cosa del genere poteva essere un buon punto di partenza.
Alice cominciò a guardarsi intorno con l’espressione tipica di chi conosce alla perfezione la disposizione dei prodotti sugli scaffali e deve solamente decidere quali andare a trovare e quali no.
«Partiamo dagli antipasti, vuoi?».
Giordano rimase per un attimo a fissarla, mentre lei era già arrivata all’altro banco frigo che era quello delle salse di vario tipo per i crostini, del salmone confezionato per tutti i gusti e per tutte le esigenze, dei formaggi spalmabili, delle mozzarella (di bufala e non) e degli affettati sottovuoto.
«Se deve somigliare almeno un po’ ad un cenone, non può mancare qualcosa di pesce. Che ne dici di cominciare con dei crostini di salsa tonnata guarniti con capperi, di proseguire con un insalata di gamberi in salsa rosa e di concludere con del salmone affumicato a fette, condito con olio, limone e pepe rosa?». Giordano avrebbe voluto far presente di non aver mai sentito parlare prima di pepe rosa, ma... continuando a comportarsi come fosse stato un alieno su quella terra, si limitò ad annuire.
C’era da dire che Alice sembrava esattamente cosa stesse facendo e sembrava che quella sua affermazione sul voler essere sicuro più della sostanza, che dell’apparenza, le fosse bastata per avere le idee più chiare delle sue per quella serata.
Si spostarono in fretta nel reparto della pasta di grano duro e di quella pronta all’uovo.
Stavolta Alice propose ciò che aveva in mente, come se stesse semplicemente dando un parere: «Io farei degli spaghetti alla chitarra con vongole, pomodorini e prezzemolo. Che ne dici?».
Alessio annuì. Non amava moltissimo le vongole, ma tutte le volte che si era ritrovato a mangiare al mare con gli amici erano servite a fargli capire che si trattava comunque di un piatto forte, tra i primi di pesce.
A quel punto, allora, provò a pensare lui a un secondo. Ricordava alla perfezione tutti i venerdì passati in cui sua madre si era ostinata a preparare il pesce per cena. Perciò non gli rimaneva che risolvere il classico imbarazzo della scelta.
Proporre il salmone in qualche modo poteva essere interessante, ma forse un po’ ripetitivo. Ritrovarsi di fronte ai classici filetti di platessa infarinati e conditi con una spruzzata di limone poteva ridurre la cena a qualcosa di troppo semplice. Una frittura mista poteva sembrare un secondo piatto un po’ troppo pesante, ma… trovato!
Le bistecche di pesce spada potevano essere tanto interessanti e gustose, da fare proprio al caso suo. Anche queste guarnite con capperi, ma con l’aggiunta di piccoli pezzi di scorza di limone e con qualche oliva nera in qua e in là. Immaginava che nessuno avrebbe potuto trovare da ridire.
«Dove è che si trova il pesce surgelato?». Il sorriso che aveva stampato in faccia era di quelli sicuri. Ma... nonostante non avesse chiarito a che cosa gli servisse saperlo, Alice lo bloccò subito: «Non sarebbe meglio acquistare il pesce fresco al reparto pescheria?». Lei era consapevole che avrebbe significato fare una fila interminabile, armati solo di pazienza e di buone intenzioni, ma Giordano ne era beatamente ignaro e, sempre beatamente ignaro, piegò la testa a rispondere di sì.
Quando si piazzarono di fronte il bancone del pesce vedere i prodotti esposti era tanto impossibile quanto vincere al Superenalotto senza aver giocato la schedina.
C’era il numero da prendere e c’era da reggersi forte nel capire di avere davanti più di trenta persone. Del resto è risaputo che per un buon cenone serve del buon pesce e che per del buon pesce non si può fare affidamento sul reparto surgelati del supermercato. Anche fosse il reparto surgelati più rifornito del pianeta, nessun prodotto in scatola sarebbe in grado di eguagliare il sapore dello stesso prodotto fresco.
Alice era tutta intenta a tenere su il morale di Giordano, che cominciava seriamente a pensare di essersi messo in un’impresa più grande di lui, quando una voce alle spalle arrivò a distoglierla dalla missione.
«Alice!». Il tono dell’esclamazione non era quello tipico di chi non ti rivede da un sacco di tempo ed è felicissimo di imbattersi in te. Piuttosto era quello famigliare di qualcuno che ha avuto a che fare con te per un sacco di tempo e avrebbe sperato di non doverti rincontrare mai più, ma… già che c’era…
Gli occhi di Alice rimasero fissi in quelli di Giordano per qualche secondo. Fino a che, in effetti, fu proprio necessario voltarsi e salutare chi aveva già dato segno di averla notata in mezzo a tutta quella folla di gente in attesa.
«Matteo». Avrebbe potuto aggiungere un ‘anche tu da queste parti?’, ma le parve una cosa stupida da dirsi e per questa ragione tacque.
Matteo si era un po’ appesantito dall’ultima volta che si erano visti, ma i lineamenti del suo viso rimanevano comunque bellissimi. Forse sembrava più robusto perché, a ben guardare, doveva aver cominciato ad andare in palestra. Dopo un po’ che si erano conosciuti Alice aveva smesso di contare le volte in cui erano finiti per litigare a causa di quella sua mania per gli esercizi fisici, ma si consolava almeno nel vedere che tanta discordia non era stata manifestata invano.
Non avrebbe saputo dire bene il perché, ma l’idea che qualcuno spendesse tanto tempo appresso al muscolo dal scolpire era qualcosa che semplicemente la repelleva. Forse perché non era mai stata un fuscello di ragazza e aveva sempre dovuto lottare contro le menti, a suo parere ristrette, di chi le diceva di tenere alla larga i chiletti di troppo. O… forse perché odiava quel modo di fare che apparteneva alla maggior parte dei palestrati di sua conoscenza (senza generalizzazioni, per carità), con quella tipica faccia sicura e con quegli sguardi dall’alto in basso, che sapevano di accusa costante contro chi – come lei – troppo spesso forse si lasciava tentare dai piaceri della gola.
«Sempre ridotta all’ultimo momento, è? A quanto pare… è proprio vero che le cattive abitudini sono dure a morire». Un senso dell’umorismo efficace quanto il solletico fatto sulla pancia dalla punta leggera di una foglia secca. Alice si limitò a guardarlo male, evitando di sottolineare ciò che sembrava apparire ovvio a tutti, fuorché a lui. Se si erano incontrati lì, entrambi a quell’ora ed entrambi in fila per il pesce, voleva dire che non solo lei era un’immancabile ritardataria.
Con Giordano che non sembrava per niente sentirsi di troppo e che non aveva smesso un secondo di fissarla, da che Matteo si era materializzato dal nulla davanti a loro, Alice cercò di respirare profondamente, prima di controbattere: «c’è momento e momento. In alcuni casi… ridursi a una decisione dell’ultimo momento è ammesso».
Con quella risposta, per lei la conversazione era semplicemente da considerarsi morta lì. Ma, Matteo non sembrava pensarla allo stesso modo.
«Lo so che non mi hai ancora perdonato, ma… se mi sono avvicinato per parlarti è anche per questa ragione. Che tu sia d’accordo o meno, credo che ci siano delle cose che dobbiamo ancora chiarire».
Fu allora che la pelle di Giordano cambiò colore e che, immischiandosi, si ritrovò a dire: «Penso sarebbe meglio rimandare, di qualunque cosa tu stia parlando. Io e Alice adesso siamo un po’ occupati».
In effetti… c’era da domandarsi come mai Matteo non avesse tenuto minimante in considerazione il fatto che Alice non fosse sola, in fila davanti al banco del pesce fresco del supermercato. Ma… se Matteo era quel Matteo di cui Giordano aveva sentito parlare al lavoro, non c’era nemmeno tanto da stupirsi se molte cose che si ritrovava sotto il naso gli sfuggivano.
Si era aspettato di ricevere un’occhiataccia e, tuttalpiù, un’altra battuta che non sarebbe stata in grado di far ridere nemmeno l’individuo più facile alla risata al mondo. Ma, ciò a cui Giordano non era preparato era vedere Alice reagire come se quella richiesta di chiarimenti fosse del tutto normale.
Lei si girò con quell’aria compassionevole che solo le donne riescono ad avere, in certi momenti. Aveva gli occhi un po’ lucidi e le labbra sembravano cedere ad un piccolo tremore, di tanto in tanto.
«Non vorrai mica dirmi che hai intenzione di concedere un chiarimento a questo tipo qui? Ti ha lasciata più di un anno fa. Ti ha spezzato il cuore senza pietà e senza permetterti di aggrapparti ad una qualche spiegazione».
Alice continuava a fissarlo, rimanendo in silenzio. Ma, in quel caso Giordano non aveva ancora finito con le parole.
«Io non ti capisco. Giuro che non ti capisco. È una cosa finita, si o no?», anche lui non aveva timore alcuno a sostenere lo sguardo.
Alice mosse la testa, in un sì appena percettibile. L’espressione di Matteo sembrò accusare il colpo, ma Giordano non era ancora del tutto soddisfatto. «Se è così, non vedo cosa ci sia ancora da chiarire. Non sempre si è in tempo per le spiegazioni. Ci sono ragionamenti che arrivano in ritardo e che, proprio per questo, nascono e muoiono inutili».
Poteva dire di aver fatto il suo, impedendo alle parole di morirgli dentro. Poco, ma sicuro, non era stato però sufficiente a convincere Alice a non cedere.
«Sono sicura che, in tutto ciò che ti manca da scegliere per questa sera, te la caverai benissimo. Non hai bisogno del mio aiuto… davvero».
A quel punto, a Giordano sembrò di non avere altro da aggiungere. Avrebbe voluto dire che non era per la sua cena ancora da organizzare che lo diceva, ma non lo fece.
Rimase con il suo numero in mano, lasciando che Alice uscisse dal supermercato insieme a Matteo ‘faccia-da-schiaffi’.
«Già. Non preoccuparti… saprò cavarmela da solo. Andrà tutto benissimo».

martedì 14 gennaio 2014

Una storia a puntate. #2


Erano le dieci e tre quarti, quando con gli occhi riuscì ad arrivare alle lancette dell’orologio della piazza.
Giordano la stava aspettando. Inconfondibile, con il suo giubbotto bianco e con la sciarpa rossa intorno al collo. La stessa che Alice gli aveva visto indosso altre volte.
Stringeva in mano un mazzo di piccole margherite bianche e, per quanto cercasse di non darlo a vedere, non la smetteva di agitarsi con le gambe. «Se non sbaglio, è il tuo fiore preferito. Solo… per dirti grazie». Quando Giordano glielo porse, lì per lì Alice ebbe il sospetto di essere arrossita.
Non che non le capitasse mai, di sentire le guance improvvisamente in fiamme. Non di rado le era capitato di arrossire anche davanti a un bel film. Ma, erano invece rarissime le volte in cui qualcuno riusciva a stupirla tanto.
In mezzo a decine di altre persone e cercando di evitare le bancarelle più affollate del mercato di quell’ultimo martedì dell’anno, rimanendo in silenzio si avviarono entrambi verso il bar all’angolo della piazza. Un locale che c’era da anni e che, da anni, non aveva smesso di essere una sorta di istituzione. Se ti trovavi a passare per la piazza e non avevi ancora fatto colazione, non esisteva di andare a cercare altrove una tazzina di caffè o altro.
Quando varcarono la spessa porta di vetro, nonostante il caos davanti il bancone il barista riuscì ad accoglierli con un cenno del capo. Qualche attimo d’attesa, per prendere cornetti e cappuccini. Poi, entrambi si accomodarono su uno dei tavoli in fondo.
«Allora… nemmeno se provo ad insistere, mi dirai chi è la fortunata che vuoi provare a conquistare?». Stavolta, fu Giordano ad arrossire. Alice si stupì di vederlo tanto  in difficoltà, ma evitò di farglielo notare.
«Preferirei non dilungarmi troppo con i dettagli, se per te non è un problema. Vorrei solo essere sicuro di riuscire a mettere un po’ d’ordine tra le idee che mi sono venute… prima di questa sera».
«Questa sera?». L’espressione di Alice si velò di un dubbio che avrebbe preferito non avere. Ma… non ricordava di aver capito prima, che il tutto dovesse svolgersi proprio quel giorno. A poche, pochissime ore dall’anno nuovo. «Sei… sicuro di non voler rimandare a dopo le feste? Se ci rifletti… avrai più tempo per prepararti». Provò a dissuaderlo in quel modo, ma… le bastò non ricevere risposta, per decidersi ad incalzare: «Non vorrei rovinarti i piani, ma… non penso che stasera sia una buona idea. Insomma… parliamo del Capodanno… quale ragazza pensi che non abbia già organizzato qualcosa? Mi sa tanto che in questo modo andrai incontro ad una delusione».
Giordano continuava a tacere e Alice stava cominciando seriamente a faticare, nel tentativo di riuscire a convincerlo a rimandare. «Insomma… se mi hai chiesto una mano è perché speri che sia tutto perfetto, no? Stai cercando un modo speciale per chiedere a questa Lei di uscire insieme a te… non potresti conservare tutta la bellezza della cosa, per un momento in cui tu sia sicuro che non abbia già altri impegni?».
«Sono sicuro che, se vorrà uscire insieme a me, per i soliti impegni dell’ultimo dell’anno non ci saranno problemi». Giordano era già a metà del suo cornetto, mentre Alice non aveva dato ancora nemmeno un morso.
«Lo so che continui a pensare che tutta questa situazione sia a dir poco folle, ma… fidati. Mi serve solo che tu mi aiuti ad aggiustare i dettagli… per tutto il resto, ho già pensato a come fare». Non rimaneva che incominciare con i preparativi il prima possibile, allora.
In due si concentrarono sulla colazione, per finirla il prima possibile. Poi, con la fretta arrivata a tener loro compagnia, tornarono di nuovo all’aperto.

Nonostante fosse l’ultimo giorno di dicembre, l’aria sul viso era pungente solo a tratti.
Alice si avvolse meglio nel cappotto. «Allora… da dove è che si comincia?».
Giordano si bloccò di nuovo.
Stavolta fu solo per poco, pochissimo tempo. Ma, Alice non poté fare a meno di notare che sembrava non gli importasse di tutta la gente intorno a sé; che invece pareva non averne mai abbastanza di quelle corse frenetiche agli ultimi acquisti dell’anno. E sembrava non sentire nemmeno il rumore di mille e più parole; che invece era un inevitabile brusio di sottofondo ai pensieri.
«Certo è che… se per ogni dettaglio il tuo cervello va in tilt, non basterà nemmeno una settimana per organizzare tutto!». Alice gli toccò il braccio con una mano.
«Definire il menù per la cena, prima di ogni altra cosa!». Nonostante il tono deciso, l’espressione sul viso di Giordano era rilassata. Per la prima volta, dalle dieci e tre quarti, le labbra si incresparono in un sorriso disinvolto.
Alice lo lasciò passare avanti a sé e si limitò a seguirlo fino alla macchina.

Non fosse stato per il fatto di doverci andare comunque, il supermercato sarebbe stato l’ultimo posto al mondo in cui avrebbe voluto trovarsi la mattina dell’ultimo giorno dell’anno.

mercoledì 1 gennaio 2014

Una storia a puntate. #1

«Se prometto di portarti fuori a cena una sera delle prossime, me lo faresti un favore?».
Con il cellulare ancora a mezz’aria tra l’orecchio e la spalla, Alice non aveva fatto in tempo a dire ‘pronto’.
La sveglia sul comodino era suonata già da un po’. L’aveva spenta con il gesto meccanico della mano, si era rigirata sotto alle coperte e si era rimessa a dormire.
Non avrebbe saputo dire che ore erano. Ma, sapeva con certezza che nessuno la stava chiamando perché in ritardo per il lavoro.
«Si può sapere di cosa parli? È tanto urgente, da non poter aspettare l’anno nuovo?». Conosceva Giordano da un po’ di tempo, ormai. E sapeva bene che non era il tipo da smuoversi facilmente per qualcosa. A volerla dire cruda, si contavano praticamente sulle dita di una mano le cose in grado di entusiasmarlo.
«Lo so. Lo so…lo so, lo so. Immagino che tu abbia ancora mille cose da fare, per i festeggiamenti di questa sera. Ma, ti assicuro di non poter aspettare oltre».
Il menù per il cenone in famiglia era stato pianificato, ma era ancora tutto da preparare. Di giri per i negozi ne mancavano ancora due o tre prima di sera. E doveva affrontare l’armadio, nella speranza di riuscire a scegliere in poco tempo che cosa indossare per accogliere degnamente quel 2014 che era alle porte.
«In effetti… sei proprio sicuro di non poter rimandare?». Alice provò a tirarsi indietro di nuovo, senza nemmeno cercare di indovinare di che cosa potesse trattarsi. Ma, Giordano doveva averle telefonato con la ferma convinzione di non ricevere un ‘no’ come risposta.
«Assolutamente». Rispose secco. Poi, con le parole un po’ più tremanti, Alice lo sentì aggiungere: « È per via di una ragazza». Sarebbe stata pronta a scommettere che fosse arrossito.
Non avevano mai parlato molto insieme. Ma, nemmeno tanto poco. Eppure, quella era la prima volta che Giordano le parlava di una ragazza. Doveva trattarsi di una Lei davvero importante, per indurlo a fare quella telefonata la mattina del 31 dicembre e per portarlo praticamente ad implorare il suo aiuto.
«Cosa c’entrerei io?». Alessia lo domandò, cercando di trattenere uno sbadiglio. Ma, quando ottenne la risposta le parve praticamente inutile averlo chiesto.
«Tu sei l’unica che può riuscire ad aiutarmi a convincerla, che sono il tipo che fa per lei».
Non era la prima volta che qualcuno sceglieva di farle recitare la parte di Cupido. Alle medie aveva perso il conto di quanti bigliettini, con su scritte parole sue dalla grafia di altri, erano girati sotto i banchi per San Valentino. E alle superiori non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea di tenere a mente il numero degli sms che aveva ideato, lasciando che i compagni o le compagne li spacciassero per il frutto dei loro sentimenti.
Doveva avere addosso un nonsoché invisibile ai suoi occhi, ma capace di renderla l’aiutante perfetta agli occhi degli altri.
C’era anche da dire che, quando si trattava di questioni di cuore, non riusciva proprio a tirarsi indietro. Cercava di scovare ovunque un pizzico di passione, adorava l’idea di essere una piccola aiutante del Destino e  adorava… adorava fino a impazzire i lieto fine. Questo, però, non lo disse a Giordano.
Cercando di chiudere alla svelta quella telefonata e lasciando sottintendere che l’avrebbe aiutato, chiese solamente: «Hai già in mente come fare?».
Neanche a dirlo, Giordano rispose di no. Si vergognava anche un po’ a doverlo ammettere. Ma, ritrovarsi a chiedere il suo aiuto per telefono, mentre era ancora chiuso in bagno e con lo specchio davanti a sé in parte ancora offuscato dai vapori della doccia, era tutto ciò che era riuscito a fare.
«Quando la vedo comincio a sudare, come fossi nudo in pieno deserto. Anche parlarle non è uno scherzo. E non fosse per il fatto che non ci capita spesso di ritrovarci occhi negli occhi a conversare, non sarei ancora vivo. È grazie a lei che ho scoperto il rischio di diventare balbuziente. Ed è sempre grazie a lei che la mia pelle può essere pallida d’inverno, abbronzata d’estate e rossa come un carbone acceso tutte le volte che mi emoziono anche solo pensandola».
Gli pareva di non dover aggiungere altro, ma rimase comunque in cerca di altre parole.
Alcuni istanti di silenzio, poi con Alice si salutarono.
«Tra mezz’ora sotto all’orologio può andar bene? Mi accontenterò che tu mi offra una colazione, per il momento». Alice era sicura che fosse il momento migliore per entrambi, ma Giordano controbatté subito: «Facciamo sia colazione, che pranzo? Così saldo subito il mio debito e non se ne parla più. E se avrai delle commissioni da sbrigare… sarò felice di accompagnarti».
Poteva andare. Alessia appoggiò di nuovo il cellulare sul comodino e si alzò in fretta per vestirsi.