domenica 27 settembre 2015

Ballo in Piazza

Quei piccoli ricordi che arrivano all'improvviso. Belli. Semplici. Comunque speciali.
Facebook dice che oggi Jovanotti compie 49 anni. Auguri! Cerco tra le sue canzoni la colonna sonora per questa giornata. Mica facile, le sue mi piacciono tutte. Mi imbatto in Safari e penso possa fare al caso mio. Mentre l'ascolto, come al solito divago con i pensieri e... mi ricordo di questo. 
Un'insieme di ispirazioni. La bellezza di una sua vecchia canzone scoperta per caso, la magia di un messaggio ricevuto da un'amica virtuale. Il rimanere a guardare le due cose fondersi insieme nella mente, per poi provare a raccontarle insieme. Il tutto condito con una manciata di fantasia e con una pizzico di polvere di stelle; perché è importante non smettere mai di credere nella forza dei propri Sogni!

Il racconto è uno di quelli della raccolta "Sotto l'Albero". Siamo nel 2012. La scrittura risale a un anno prima. Lo rileggo e noto delle piccole differenze, rispetto al mio stile di oggi. Una consapevolezza che porta con sé un pizzico di piacere, perché vuol dire essere riuscita a crescere in qualche modo. Ma avverto anche un pizzico di fastidio, nel sentire presente quella parte di me che, dovesse riscriverlo adesso, non userebbe le stesse parole.
Consiglio di lettura: YouTube alla mano, cercate il brano. E' bellissmo! :-D
Il titolo della canzone? Il Re. E' il 1997...
Ok! Lo cerco io per voi... ecco il Link! Basta un click.  
Buona domenica a tutti, alla prossima!

Ballo in Piazza


Hey, puoi veder la mia corona? Guarda il colore rosso del mantello
e questo trono ed il tappeto guarda
io sono il re e questo è il mio castello…

La voce di Angelo era più dolce che mai. L’orecchio di Alessandra ed il collo, piacevolmente accarezzati da quel respiro caldo. Gli occhi, fissi sul cielo stellato sopra di loro.
Alessandra stava cercando di non mettersi a piangere. Ma una lacrima dispettosa sfuggì comunque al suo controllo; per cadere dritta, dritta sopra alla giacca nuova di lui.
Respirò profondamente, prima di immergersi per l’ennesima volta nella profondità di quello sguardo che l’aveva fatta innamorare mesi prima.

…Il regno mio si estende all’infinito
Lungo le valli, i monti, il cielo e il mare
Io sono il re del tempo e della storia
Io sono il re venitemi a guardare…

Le labbra di Angelo, illuminate appena dalle luci gialle e lontane dei faretti, continuavano a muoversi su quella canzone.
Quella canzone, che lento non era. Ma che… era tutta loro.
Alessandra lo strinse ancora più forte a sé e mosse la mano piccola, in quella più grande di lui, fino ad intrecciare le dita con le sue.
Avrebbe voluto confessargli per l’ennesima volta quanto lo amava, ma tacque.
Sperando di non inciampare nei laccetti delle scarpe, che sapeva di non aver stretto bene, continuò a ballare.
Se era vero ciò che le avevano sempre detto sul primo giorno dell’anno; se era vero che era da considerarsi un po’ lo specchio di tutti i restanti, allora quel duemiladodici era cominciato sotto il migliore degli auspici.
Un desiderio che si realizza è un battito di cuore più forte degli altri.
Ricordava di aver parlato con Angelo di quel suo sogno speciale, ma… non pensava che Angelo l’avrebbe presa tanto sul serio.
Era stato l’agosto prima in spiaggia a Fregene, sdraiati sui lettini dopo una lunga nuotata.
“Perché, quel libro sempre appresso?”. Le aveva chiesto lui sorridendo, mentre lei era già pronta ad aprire per l’ennesima volta quelle pagine.
Quindi, incapace di trattenere l’entusiasmo, Alessandra aveva cominciato a raccontargli di quella sua vacanza di anni prima a Gubbio.
Insieme con i genitori era andata a trascorrere qualche giorno in Umbria e, camminando per le vie della città dei Ceri, si era imbattuta nell’immagine della copertina di quel libro.
Il manifesto annunciava alla cittadinanza una presentazione ormai passata, ma… ad Alessandra era bastato fissarsi per caso su quella che sembrava essere una bella storia d’amore, per decidere che alla prima libreria che avrebbe incontrato ne avrebbe acquistata una copia.
Da allora, rileggeva quella storia almeno una volta all’anno.
“Spero di poter vivere anch’io un amore così, un giorno”. Le aveva detto arrossendo.
Un rossore che era andato peggiorando, quando Angelo – sorridendo a sua volta – le aveva chiesto: “E quale sarebbe la parte che ti piace di più?”.
Alessandra confessò di ripensare spesso a quel sogno che la protagonista aveva fatto durante un viaggio in pullman, di perdersi nell’incanto di un romantico ballo in piazza Grande e di rimanere proprio senza fiato ogni volta che nella mente riusciva a focalizzare una scena simile.
“Ti andrebbe di leggerlo per me?”. Angelo sembrava sincero, anche se Alessandra non poteva negare di aver pensato che la stesse prendendo in giro.
Un attimo. Un solo attimo, poi quel pensiero svanì e tutto ciò che rimase fu la bellezza di poter condividere quel piccolo momento.
Aprì il libro fino a pagina trentasei e lesse sicura.
Non le era mai piaciuto leggere ad alta voce, ma… farlo per Angelo sembrava non pesarle affatto.

…Perché sono innamorato
E sono corrisposto
Io sono il re, io sono il re di questo posto
Senza regno né corona
Con una donna che mi vuole bene…

Quella parte della canzone… quelle parole…
Alessandra sentì una nuova lacrima rigarle il viso e la osservò morire nello stesso punto della giacca; dove era morta la prima.
“Ti amo”. Anticipò di una frazione di secondo il luccichio di un flash.
Poteva essere che turisti arrivati sin lì da chissà dove stessero immortalando l’imponente bellezza del palazzo dei Consoli; a ferma testimonianza di un orgoglioso: “Ci sono stato anch’io”.
Ma poteva anche essere che qualcuno lì avesse notati in mezzo a tutto il resto, ballare stretti come se il mondo fuori non esistesse, ed avesse deciso di immortalare quella testimonianza. Rendere indelebile un amore forte e raccontare agli amici una volta a casa – magari davanti ad una pizza e con in mano un bicchiere di birra – che si aveva avuta la fortuna di esserci; di fronte alla dimostrazione del più potente dei sentimenti.
Alessandra sorrise appena.
Poi, prendendo Angelo in contropiede, si schiarì la voce e iniziò a cantare insieme a lui.
Poco, ma sicuro, se Jovanotti li avesse sentiti in quel momento non sarebbe riuscito a farsi sfuggire un applauso; nemmeno per sbaglio.
Ma niente rende ridicoli, se la decisione di fare parte dal cuore e porta con sé le giuste motivazioni.
Alessandra avrebbe voluto gridare al mondo intero la sua fortuna.
In fondo, però, bastava che fossero due le orecchie tese ad ascoltare.

… Io sono il re, ma lo so solo io
E lo sai solo tu amore mio
Nessuno può veder la mia corona
Ma sono il re, io sono il re in persona…

Una giravolta e un’altra ancora. Angelo continuò a farla danzare, come se stessero ballando sul più importante dei palcoscenici.
I suoi occhi si persero per l’ennesima volta in quelli di lei e – in quel momento – furono sue, le lacrime a scendere.
“Ti amo. Da sempre”.

…Perché sono innamorato
E sono corrisposto
Io sono il re
Io sono il re di questo posto
Senza regno né corona
Con una donna che mi vuole bene
Con una donna che mi vuole bene
Con una donna che mi vuole bene…

Sorrisero. Le dita, ancora intrecciate.
Ad Alessandra parve di sentire nell’aria perfino il suono dei piatti, il rumore dei tamburi e il trillo dei flauti.
Un attimo di silenzio ancora, prima di un tenerissimo bacio.
Il tocco delle labbra. Il suono possente del Campanone che rintoccava l’ora.
Sì, Alessandra non aveva più dubbi.
Quella piazza…
Tutto e tutti, in quella piazza, stavano vivendo insieme a loro quel magico momento.
Lasciò che la lingua di Angelo la accarezzasse ancora per un po’, poi – seppur dispiaciuta – si staccò da quella bocca sorridente e chiese: “Pizza?”.
Il tempo da trascorrere in quella bellissima città rimaneva poco, ma… Alessandra sapeva esattamente dove andare.
A passo lento lungo via dei Consoli, fino ad arrivare di fronte alla fontana del Bargello.
“Il battesimo dei matti lo rimandiamo alla prossima, vuoi?”.
Era fuori discussione, che sarebbero tornati in quel posto; ogni volta che sarebbe stata loro possibile.
E Alessandra non poté fare a meno di impazzire di gioia, al solo pensiero.
Strinse ancora una volta le braccia intorno al collo di lui, si mise ancora una volta in punta dei piedi per poter arrivare a baciarlo senza che dovesse essere lui ad abbassarsi, poi – con lo stesso filo di voce con cui lo aveva accompagnato cantando – disse: “Grazie, per avermi concesso questo ballo. Sei il mio Angelo”.
Nulla di più.

In fondo, non c’era nient’altro da dire.

sabato 26 settembre 2015

Un sabato non è martedì!

Promemoria: ripassare il corretto ordine dei giorni della settimana e ricordarsi che dopo il venerdì c’è il sabato, non il martedì. Ore 5.30. Il suono della sveglia che da quasi ventuno giorni sa regalarmi un’ora di pace assoluta e di libertà. Mi alzo per spegnerla, con gli occhi ancora chiusi. Il cellulare è sulla scrivania, la camera è completamente buia perché la sera prima ho chiuso le persiane. Cerco di andare a memoria, nella speranza di non incappare nel famosissimo e fastidiosissimo incidente del mignolo contro qualche spigolo ignorato. ‘Mi sa che oggi passo. Non ce la faccio. Mi rimetto a dormire’. Mi odio per questo pensiero. Che non è da me, ma che la mia testa formula comunque. Per convincermi, per essere proprio sicura di riuscire ad annientare i sensi di colpa già affiorati, aggiungo: ‘Tra un’ora suona quella per il lavoro, oggi me la voglio dormire tutta’. Non so come, ma mi domando anche che giorno è. Un rapido ragionamento, il vago ricordo di ciò che ho fatto ieri, gli occhi sempre chiusi. È martedì. Mi rimetto in fretta sotto le coperte, soddisfatta di poter avvertire ancora per sessanta minuti il loro tepore. Pare sia tutto ok. Mi risveglio dopo circa venti minuti e mi rendo conto che è un ‘pensiero-bomba’ a svegliarmi. Oggi non è martedì! Oggi è sabato. Come caspita ho fatto a ribaltare la settimana? Sorrido. Ed è un po’ quel sorriso di chi sa ridere di se stesso e quello di chi, invece, si è fatto improvvisamente consapevole di una cosa bella. Pare quasi un dono inaspettato. Rapidissimamente, ragiono sul fatto che il sabato (tutti i giorni in generale, ma questo un po’ di più) non ha lo stesso sapore per tutti. Per il momento, i miei sabati hanno la fortuna di sapere di libertà, di progetti da tirare avanti, di momenti più lunghi da passare a casa e in famiglia e di… parole scritte, che possono andare anche oltre l’ora abituale d’esercizio. Mi rimetto a dormire. Anche se va contro la tabella di marcia, è chiaro che non posso provare a scrivere ora; con questa confusione in testa ;-) Rimando di un po’, ma sono sicura che non mancherò l’appuntamento. Infatti! Ora… me ne aspetta un altro. Sempre creativo, sempre speciale! In proposito, questo è l’ultimo mio sabato a disposizione. Buon sabato a tutti… che non è martedì! ;-)

mercoledì 23 settembre 2015

Sveglia presto e... 'incontri curiosi'!

Ricordarsi di non tralasciare niente, quando si tratta di spolverare. 5.45 del mattino. Già all'opera davanti al computer,  mi piace sempre di più questa nuova abitudine. La lampada sul comodino è accesa e, subito, cattura l'attenzione di una cimice verde. Io odio le cimici! (Penso sia un odio piuttosto diffuso in giro). Cerco di ignorarla, anche se il rumore del suo ronzio è talmente tanto forte che disturba i miei primi pensieri precari. Aspetto che se ne vada di lì, sarà questione di poco. Niente da fare. Continua a ronzare e... a sollevare polvere. Come caspita c'è finita tutta quella polvere nella lampada? Urge trovare una risposta a interrogativi insistenti: 1 - quando è che ho spolverato l'ultima volta? Non ho appuntato la data sul calendario, ma guardando il comodino mi rendo conto che non è passato molto tempo. 2 - perché mi sono dimenticata della lampada? Ricordarsi di non farlo mai più.  3 - a parte farmi rischiare un feroce attacco di starnuti, la cimice verde vorrà morire arrostita come fosse un kebab sullo spiedo? Forse è una cimice che, oltre che darsi da fare con le pulizie che io ho saltato, sa leggere nel pensiero. Perché solleva un’ultima manciata di granelli con le zampine, che non attecchiscono facilmente sulla superficie verniciata e liscia della lampada, e se ne va. Non riesco a vedere dove va a finire, ma – vista l’ora e considerato il ritorno del silenzio – la immagino volare via con atteggiamento stizzito e con l’intenzione di nascondersi bene per schiacciare un pisolino, prima che sorga il sole. Torno alle mie pagine virtuali, alle mie parole. Chissà se anche la mia protagonista si troverà mai ad avere a che fare con una cimice? L’idea mi solletica non poco e la descrizione di una scena in particolare affiora nella mente. Non è il momento di inserirla, ma spero di ricordarmene quando sarà il tempo giusto. Sorrido. Mi piace quando le idee nascono da ispirazioni momentanee, da casualità, da fatti piccini, piccini, picciò… non abbastanza, però, per passare inosservati. È un buon inizio di giornata! 

mercoledì 16 settembre 2015

"Lei... si merita il sole!"

Oggi una stazione di radio diversa. Niente Radio Subasio, c’è la ‘Virgin’ a tenermi compagnia.  Mi distrae quel che basta per non pensare. A tanto. A tutto. Forse, a niente. Non lo so. È il momento della domanda per gli ascoltatori (una delle tante, quella che coglie più o meno nella metà della mattinata). Prima, però, tutto un discorso su quanto sia importante interrogarsi nella vita. Ogni giorno. Porsi domande per capire se come procediamo, è veramente come avremmo voluto procedere. Porsi domande, in merito agli obiettivi che si vorrebbe poter raggiungere. E salta fuori che il discorso della ricerca della felicità è qualcosa di imprescindibile. Non esiste persona che non desideri essere felice. Quando si arriva alla domanda finale, mi accorgo di aver provato mentalmente a rispondere a tutte e quattro le precedenti. Prima di dimenticarle completamente  e rimanere concentrata su quell’ultimo interrogativo: “Come vorresti essere ricordato?”. Torno a ieri, al giorno in cui la bisnonna materna ha scelto di abbandonare le sue vesti terrene. Quella domanda alla radio mi ha fatto risuonare in mezzo ai pensieri una cosa sentita in mezzo alla gente che c'era. Qualcuno si lamentava per il caldo, che è tornato a farsi eccessivo. La persona vicino a me ha commentato a voce non proprio bassissima, ma a malapena percettibile comunque: “Per come è stata in vita, Lei se lo merita tutto questo sole”. Ecco. Poter essere ricordati, forse, nel migliore dei modi. Anche se abbiamo avuto un rapporto perlopiù distante e questo alla resa dei conti mi ha dato un cruccio, mi sono ritrovata a sorridere. Quei sorrisi che non sanno di felicità, ma piuttosto di soddisfazione. È bellissimo riuscire a raccogliere ciò che ci manca di una persona, attraverso il ricordo altrui. È magico poterlo fare, attraverso ricordi altrettanto magici. Sulla scia del suggerimento alla radio, allora, mi sono ritrovata a sperare di poter essere ricordata anch’io con altrettanta solarità; un giorno. Perché se anche la vita a tratti è stata dura, non lo è stata abbastanza da indurire il cuore. Penso sia la cosa più bella che una persona possa riuscire a fare, non invecchiare dentro. Non morire dentro, fino alla fine. Poi, quando a un certo punto l’anima se ne va altrove e per un po’ non rimane che un corpo inerme, quella persona di cuore riesce all’istante a guadagnare l’eternità. Che non è altro che essere ricordati con immenso amore e grandissima stima, da chi ha avuto la fortuna di conoscerci nel corso del nostro viaggio sulla terra.