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sabato 23 luglio 2016

Ho provato ad aggiustare il tiro...

“Alle volte la vita sbaglia i momenti”. L’ho letto stamattina in un libro e da allora non faccio che pensarci. Un pensiero altrettanto frequente è un pensiero anche bizzarro; in realtà. Non lo so perché, ma la mia mente continua a produrlo da giorni e lo produce in inglese. Spessissimo me lo ritrovo in mezzo al solito caos che ho in testa, che riecheggia come sotto l’effetto di un loop infinito: 
...I’m not a robot!
C’ho messo tantissimo per capirlo ed è curioso ritrovarcisi ad avere a che fare proprio adesso che, forse per la prima volta nella mia vita, ho agito come se per davvero fossi una macchina; come se del mondo fuori non mi importasse abbastanza da cercare di capire e comportarmi di conseguenza.
Forse il mio atteggiamento è il prodotto di questioni masticate a lungo e comunque mal digerite, anche se è una magra consolazione. Forse questa vuole essere una resa dei conti caotica, in cui il misero premio di consolazione e accorgersi di avere tradito un po’ me stessa (quella me stessa che sa non tirarsi indietro, anche se c'è da correre il rischio di farsi male); con la speranza di riuscire ad aggiustare il tiro perché non è ancora tardi. Forse, sono fasulli sia l’uno che l’altro pensiero e la mia pazzia personale è più vicina al limite di quanto a me piaccia credere. Potrebbe essere…
Il punto è questo: l’incapacità di credere. L’incapacità di credere alle persone, che è il blocco peggiore che si possa avere. Con chiunque io mi ritrovi ad avere a che fare, mi accorgo di cercare - prima di ogni altra cosa - segnali possibili di in che modo questo qualcuno vorrà provare a fregarmi.
Una persona entra nella tua vita all’improvviso, lo fa con tutta la gentilezza possibile e  tu, per tutta risposta, le chiudi la porta in faccia senza avere una vera ragione. Vorrei potermi dire soddisfatta del fatto di aver colpito per prima, almeno per una volta. Ma la verità è che – invece – continuo a pensare di aver giocato troppo d’anticipo.
Perché l’ho fatto? Per paura.
Nulla paralizza di più un cuore, seppur desideroso di nuove emozioni, che la paura di soffrire di nuovo.
Non ho mai nascosto le mie ferite. Non per la vanità del sentirsi una sopravvissuta a certe cose. Non ho mai nascosto le mie ferite perché sono alcuni degli ingredienti che appartengono alla complicata ricetta di me. Io sono il risultato di momenti felici, di momenti indimenticabili, di passi fatti in equilibrio precario su un filo, di cadute inaspettate e di ferite. Da oggi mi sento di aggiungere a questo particolare miscuglio anche un pizzico di occasioni mancate. Un ingrediente che scopro di volere ancora meno del dolore, perché… mentre con il dolore sono riuscita a scendere in qualche modo a patti e in tutti i casi (posso dirlo con certezza) è stato in grado di portarmi a qualcosa di buono, un'occasione mancata è la fotografia istantanea di una strada da percorrere, che però non sentirà mai il tocco dei miei piedi.
Cosa si fa quando ci si ritrova ad avere a che fare con un'occasione mancata? 
...Si prova ad aggiustare il tiro.
Divertendomi a tempo perso con arco e frecce, posso assicurare che ce ne sono di belle da fare per riuscire a raggiungere il giallo. E, se anche il risultato non è mai garanzia, è certo che abbandonare non è la soluzione. Così, ho provato a immaginarmi come in una delle sedute di allenamento. Ho preso un respiro, ho allontanato i pensieri negativi, ho cercato di focalizzare quello che avrei voluto ottenere e ho scagliato la mia freccia.
Quando si ferisce qualcuno senza che ce ne abbia dato reale motivo, l’unica cosa possibile da fare – perché un tiro fatto male possa sperare di aggiustarsi – è chiedere scusa.
In un groviglio di parole che non mi è stato possibile dire di persona, ho cercato di spiegare le mie ragioni. Niente da fare.
Così, ora mi ritrovo a dover gestire anche un altro pensiero. Che forse ho agito male, vero. Ma che le cose si sarebbero potute aggiustare con la massima tranquillità, se solo anche dall’altra parte ci fosse stata l’esigenza di aggiustare il tiro allo stesso modo. 
Una cosa che di me non è mai cambiata è proprio questa. L’esigenza di un’emozione che può essere tanto veloce quanto una stella cadente, ma che - necessariamente - deve essere vera.
È stata un’emozione a spaventarmi. Qualcosa che, al di là di ogni mio calcolo, è riuscito a fare un passo in più rispetto alla convinzione che avrei potuto fare tranquillamente a meno di certe cose e il pensiero che avrei preferito non immischiarmi più in faccende umane del genere.
Mi sono ritrovata seduta su una panchina, a parlare più di niente che di qualcosa, a cercare di raccontarmi per quel poco che sono e a sorridere felice; dentro una serata d’estate decisamente inaspettata.
In quel momento ho saputo riconoscere un attimo speciale. Un piccolissimo frammento della normalità che vado cercando, da cui però – subito dopo – ho sentito l’esigenza di difendermi. Di scappare.
Forse ho sbagliato. O, forse, no. Cerco di mettermi nei panni di quest’altra persona e, nel limite di quel poco che ho potuto conoscere, cerco di capire se per caso non abbia esagerato con le parole nei confronti di qualcuno che, magari, era spaventato quanto me. Non saprei. Continuo a provare a mettermi nei panni di quest’altra persona e mi domando perché, semmai, possa essere bastato così poco per lasciar perdere. Provo a mettermi nei panni di quest’altra persona e penso che non sia possibile non accorgersi di come ho provato a sistemare le cose. Torno a mettermi nei miei panni e sento di nuovo quel pensiero in inglese: I’m not a robot! Il che significa che, forse, è proprio perché non sono una macchina che ho agito in questo modo. Perché le macchine non temono di farsi male. Perché le macchine, in nessun modo, provano a farsi capire pure sbagliando. Perché le macchine non hanno cuore. Torno a mettermi nei miei panni e ritrovo quel bisogno di essere protetta, anche se farlo potrebbe significare avere a che fare con un mucchio di spine. Torno a mettermi nei miei panni e ritrovo il desiderio di incontrare qualcuno che, in un mondo pieno di apparenze e di finta perfezione, in un mondo dove sembra sia la regola non lasciarsi coinvolgere dalle cose, sia imperfetto quanto me, magari abbia un lato oscuro difficile quanto il mio, sia il risultato di un miscuglio di ingredienti assurdi da mettere tutti insieme e sappia difendersi chiudendo le porte al mondo, se quel mondo non lo fa sentire al sicuro quanto vorrebbe. Sono porte che si chiudono anche per misurare il coraggio di chi viene a bussare, per vedere quanto sarà in grado di insistere ed aspettare. E si chiudono sempre e solo se c'è stato un pizzico di felicità alla base. Perché solo ciò che è in grado di regalare un'emozione è in grado di far nascere la paura di doverne fare a meno. 
Ho provato a trasformare uno zero in un dieci. Ho provato ad aggiustare il tiro…


venerdì 27 maggio 2016

Con la tinta sulla testa...

I capelli da sistemare. Colore, taglio. Giusto una 'spuntatina'. L'appuntamento preso all'ultimo momento; stamattina. Chiedo per le 18.30. "Arriva un po' prima, se puoi...". Alle 18 sono lì. C'è una bella folla femminile. C'è una bimba, anche. E' lei a catturare l'attenzione più di tutte. Sposta una sedia per avvicinarla ai divanetti e ci si sistema sopra con le gambe incrociate. Tiene in mano una rivista di cucina. Gli occhi curiosi. Due guanciotte 'attira-baci' leggermente arrossate. Comincia a sfogliare e si ferma appena trova l'immagine di un piatto di spaghetti. Ha la mia stessa espressione di quando ho fame. "Gli spaghetti sono una cosa buonissima", dice in mezzo a mille sorrisi. Sono d'accordo. Dopo una lunga serie di "Questo cos'è?", decide che vorrebbe trovare una pizza tra quelle pagine. Niente da fare, ma anche questa seconda passione culinaria è una cosa che condividiamo. Si alza e prova ad ammazzare la delusione a suon di caramelle. Ne guadagno una anch'io... all'albicocca. Si chiama Maria. 2 anni, quasi 3. Mentre sono seduta con il lavabo alle spalle e la tinta già in testa, immagino quanto potrei essere buffa conciata in quel modo. Lei non se ne cura. Mi guarda seria e dice: "Io e te non abbiamo ancora giocato insieme!". Non sia mai. Passiamo i venti minuti successivi a fare finta che io non mi accorga di lei, mentre si diverte a giocare con la testa della doccia e finisce per bagnarsi le maniche della maglia di cotone. Si intestardisce di voler bere da lì, come fosse una bottiglietta. Ho il compito di impedirglielo. Ha l'espressione furba, di chi se ne frega se qualcosa 'non si fa'. Aspetta comunque che glielo dica ogni volta e, ogni volta, mi regala una risata. Prima di ricominciare daccapo! ;-) <3

sabato 23 gennaio 2016

Cronache di una... spedizione!

Svegliarsi presto comunque. Gli ultimi preparativi indispensabili, prima di uscire di casa per andare a spedire una busta che considero importante. “Non ne verrà fuori niente”, continuo a ripetermelo. Ma non posso fare a meno di dirmi anche che: “Non provarci porterebbe a niente di sicuro”.
Perciò scorro il testo veloce sul monitor per le ultimissime, ennesime, puntigliose correzioni. Oddio… puntigliose. Si fa per dire. Anche se di scrupolo ce ne ho messo tanto, qualcosa è sfuggito di sicuro. Scrivo il curriculum letterario che serve, compilo la scheda di iscrizione. È tutto pronto per la stampa. Mi sono svegliata con il timore di non fare in tempo a fare tutto e, anche se sono appena le dieci e trenta e l’ufficio postale non chiuderà prima di due ore, non posso fare a meno di conservare quel pizzico di ansia; che quasi mi fa scordare la busta sopra il tavolo della cucina. Vabbè, non è grave. Avrei fatto in tempo a tornare indietro a prenderla. Il dramma è che detesto contrattempi di questo tipo. Per fortuna, allora, riesco a salire in macchina con la mia busta stretta in mano.
Le concedo di sedermi accanto. Pochi minuti e ognuna se ne dovrà andare per la propria strada. Delle due, solo io rimarrò in impaziente attesa di avere sue notizie.
Quei momenti in cui il tempo di un semaforo rosso sembra sempre troppo lungo. Mi consola poco, anzi pochissimo, che il cd sia arrivato alla traccia che preferisco. Ho deciso che lo lascerò andare da solo, senza interferire minimamente nell’ordine di esecuzione, fino a che sarò riuscita a sentire almeno una volta tutte le tredici canzoni che contiene. Solo così non sarà stato un acquisto fatto invano.
Scatta il verde. Il parcheggio è poco lontano. Io e la Busta scendiamo dalla macchina con la consapevolezza di dover fare tappa alla copisteria e la convinzione, poi rivelatasi errata, di riuscire a fare presto. Apro la porta trasparente, mentre un signore sta dettando dei codici fiscali. La signora al computer mi dà l’impressione di essere alquanto preoccupata della fila di persone che sta aumentando lentamente. Lo spazio per l’attesa è quel che è. Nonostante tutto, riesce a mantenere un atteggiamento professionale e a scrivere tutto ciò che serve, fino all’ultima lettera. Io mi sento un po’ meno tranquilla. Rischio di fare tardi.
Sto già premeditando una sclerata (a trovare il coraggio, potrebbe essere una soluzione), quando, rivolta a me, dice: “In cosa posso aiutarti?”.
“Dovrei rilegare dei fogli”, appoggio sul bancone il mio plico, un po’ in imbarazzo per il fatto che tutti possano leggere di che cosa si tratta. Bè, non tutto; tutto. Il titolo, però, è in bella vista. Panico.
“Puoi ripassare tra un quarto d’ora?”.
Nodo alla gola. Che faccio… sclero, o non sclero?
Non sclero. Non solo la timidezza mi impedisce di farlo, ma mi ricordo di dover fare anche altro all’ufficio postale. Posso andare a sbrigare le mie incombenze ordinarie e tornare a prendere tutto appena avrò finito. Posso farcela. Devo farcela.
Mentre cammino in su per la via, cerco di ignorare il freddo. Ma, cavoli, quant’è pungente! Appena avrò sistemato ogni cosa, vado al bar a prendere qualcosa di caldo.
Dentro l’ufficio postale, trovo la fortuna dalla mia. Ho due persone davanti. Magari, sempre!
Con la ragazza dietro il bancone ci conosciamo. È una sorta di ‘da quanto tempo è, che non ci vediamo?’. Più sintetica delle note biografiche di un retro di copertina, le racconto i miei ultimi anni di vita, da quando ci siamo perse di vista. Giusto lo stretto indispensabile, poi torno dalla mia Busta che mi sta aspettando.
Il tragitto all’insù, anche se insieme, è sempre freddissimo. Rientro nell’ufficio postale con la speranza che nessuno mi prenda per pazza. Due volte, in meno di venti minuti.
P 18. È il numero con cui prenoto la mia spedizione. Il biglietto lo metto nel portafogli, come faccio sempre quando voglio conservare una testimonianza di qualcosa che è successo. Come se le parole dentro alla busta, rimaste anche a casa dentro il computer, non fossero più che sufficienti. Quindici minuti dopo, sono di nuovo fuori. Manca un quarto a mezzogiorno. Qualcosa al bar ci sta, perché no?
Ho la netta convinzione di vivere giornate incentrate su una parola. Quella di oggi deve essere: incontri. In realtà, più che un incontro, è una nuova conoscenza. Qualcuno che inizia a parlarmi, senza che io lo stia nemmeno guardando. Pretende la mia attenzione.
Mi capita spesso. Non spessissimo, ma ne ho di ricordi del genere. Non riesco a evitare di sorridere. Quei momenti che potrebbero diventare parole su carta, in meno di un attimo. Quindi, che faccio? Chiudo qui, per ora. Questa è di certo un’altra storia.

Alla prossima! 

sabato 19 dicembre 2015

Marmellata d'arance fatta in casa!

L'altro giorno ero in ritardo. Ho sceso le scale per raggiungere la cucina con una fretta tale che avrei potuto inciampare nei laccetti ancora da stringere e rompermi una gamba. Ma sono riuscita comunque a notarlo. L'aria sapeva di arance. Ho pensato potesse essere merito delle fette messe ad essiccare dentro il forno della stufa, perché diventassero addobbi per l'albero. Poi, però, mi sono ricordata che - mentre la sera prima stavo giocando un po' sul divano con mio nipote Enea - mia sorella e mia madre stavano pulendo e spezzettando arance per poter fare la marmellata. Con i due vasetti in bella vista accanto alla macchinetta per il caffè, sono stata tentata di assaggiarne. Ma ero in ritardo.
Il giorno dopo me ne sono dimenticata.
Nella calma di questo sabato mattina, ho finalmente ricoperto la superficie di una fetta biscottata.
Avete presente i bambini, quando apprezzano particolarmente qualcosa che stanno mangiando e si portano il ditino alla guancia? Ho fatto lo stesso. Al secondo morso mi è venuta in mente la scena di un film che adoro: Paddington. Dove l'orsacchiotto protagonista va matto per la marmellata di arance e convince la famiglia Brown a prepararne in casa. "Tutti dovrebbero avere il giorno della marmellata!". Vero. Bello. Il quinto morso mi ha fatto rammentare un pezzettino di un altro film. Di genere diverso, ma altrettanto stupendo: Quartet. In una casa di riposo per musicisti ormai lontani dalle scene, a colazione uno di loro si fa portare marmellata di albicocche, pur sapendo che l’amico adora quella di arance. Al primo morso dice: “Dovresti assaggiarne, sai? Sembra di mangiare il Natale”. Mi sono chiesta a lungo che cosa volesse significare di preciso questa cosa, senza capire.
Oggi ci ripenso e, se proprio devo associare al Natale il gusto di qualcosa, associo quello di questa favolosa marmellata di arance fatta in casa. Altri due morsi, prima di un'altra fetta. L’ho addentata facendo una scoperta.

Alla tenera età di trenta anni vengo a sapere che la parola marmellata vuole indicare unicamente un prodotto ottenuto dalla mescolanza di zucchero e agrumi. Non sarebbe perciò utilizzabile per gli altri tipi di frutta (vedi sopra, in riferimento alle albicocche); che invece producono confettura. Sorrido a mia sorella e dico: “Sarebbe la farcitura perfetta per una torta, tipo Sacher!”. Golosissima Me!!! Insomma,  è sicuro che ne prepareremo ancora! ;-) Uso il plurale tipico di chi si è perso qualcosa e non vuole che accada di nuovo. :-D Un’altra piccola tradizione, ascoltando il suggerimento di Paddingoton?!? Chissà…

mercoledì 16 dicembre 2015

Incontri al supermercato... aspettando di vedere l'Albero!

Una commissione importante da sbrigare. Un ufficio al secondo piano di un centro commerciale non troppo affollato, ma dove si riesce comunque a respirare l’aria delle feste che si stanno avvicinando in fretta. Non ho tempo per curiosare nelle vetrine, ma mi riprometto di fare un giro appena avrò finito di sistemare la mia questione. Poco meno di trenta minuti e sono di nuovo fuori. L’Albero sulle pendici del Monte è ancora spento; peccato. Gironzolo, con la consapevolezza di non stare cercando nulla in particolare. Solo mossa dal forte desiderio di vedere quelle lampade colorate illuminarsi da un momento al altro. Niente. Poco lontano c’è il supermercato, vado lì.  Aspetterò lì. Le corsie sono tranquille e mi permettono di camminare con calma. Anche se so che non dovrei, vado a vedere cosa può esserci di nuovo dalle parti dei libri. Quello ce l’ho, l’altro arriverà per Natale, quest’altro non è che  mi convinca poi così tanto. Per quante letture arretrate ho in casa, ogni volta che mi ritrovo a fissare dei libri senza acquistarne nemmeno uno dovrei essere contenta. Invece, la delusione mi assale. Rimango a Fissare quelle copertine colorate per un po’, fino a che una voce arriva a riportarmi sulla terra. “Su, via… alzati di lì”. Non può essere rivolta a me. Abbasso lo sguardo sul pavimento e mi accorgo di una bimbetta seduta, che sta leggendo. Gira le pagine di un piccolo libricino, di quelli adatti a lei, con una velocità tale che sia io che la sua mamma abbiamo il timore che qualcosa possa andare storto e la carta possa rompersi. Io rimango in silenzio, la madre meno: “Non fare così! Guarda che questa signora qui te li fa pagare tutti quanti…”. L’addetta allo scaffale sorride. Ha in mano una decina di dvd da sistemare poco più in là dei libri. Nonostante l’avvertimento, la bimba non ne vuole sapere di riporre il libro e alzarsi. Ha l’aria di stare parecchio comoda, anche se non credo che il pavimento sia della temperatura giusta per una bimbetta che indossa un paio di calzamaglie bianche, sotto una gonna rossa e verde a quadri in stile scozzese. Sulla scelta della maglia sono un po’ più d’accordo. Un pullover grigio sotto un golfino di lana bianco, decorato in qua e in là con delle perline. Mi piacciono i suoi capelli castano chiaro. Ha una coda tanto lunga da fare quasi invidia a Raperonzolo. “Allora! Alzati, per favore”. Cominciano a stupirmi le buone maniere di questa mamma. Altre, al posto suo, probabilmente avrebbero già dato di matto da un pezzo. Strano, ma vero, una volta mi è capitato di imbattermi in una mamma che per poco non si fa venire un accidenti, per una macchia di gelato su una maglietta fresca di lavatrice. Ma questa è un’altra storia.
Torno a concentrarmi sui libri per adulti, ma con le orecchie non riesco a impedirmi di continuare ad ascoltare: “Ti ricordi che non volevi nemmeno venire qui dentro?”. Sembra una bimbetta tranquilla. Non me la so immaginare a protestare per qualcosa che non le va di fare. Ma, vista la tenacia con cui continua a difendere quel suo attimo speciale, seduta sul pavimento del supermercato, non mi stupirebbe sapere comunque che ha un bel caratterino.
“Ecco. Questo è l’Albero che siamo venuti a vedere”. Per un attimo faccio fatica a capire. Alzo di nuovo gli occhi e fisso il quaderno che la signora tiene in mano. La copertina è una fotografia dell’Albero. Finalmente ci guardiamo e mi chiede: “Sa per caso perché non è ancora acceso?”. Non mi dà il tempo di risponderle. “Siamo venute apposta. Sarebbe il colmo non riuscire a vederlo. Abbiamo chiamato anche il servizio turistico, ma non hanno saputo dirci niente”. Non ha inflessioni particolari nel tono di voce, che mi permettano di capire da dove è che arriva. “Non si preoccupi. È questione di minuti ormai. Vedrai che, una volta fuori di qui, ve lo ritroverete davanti”. Sorrido. Sembra un po’ più tranquilla e pare essersi convinta di non aver fatto un viaggio a vuoto. La bimba si alza dal pavimento e, finalmente, riesco a sorridere anche a lei. “Sai, lo sto aspettando anch'io!". Indico l’immagine dell’Albero sul quaderno che, pare, la madre sia intenzionata a comprarle. Ci salutiamo e io mi affretto a trovare il reparto degli addobbi di Natale. Un ninnolo natalizio è comunque un ottimo acquisto. Anche se con i libri c’entra come i cavoli a merenda! Quando esco, rimango per un po' a fissare il monte. Le luci sono accese. Chissà se la bocca di quella bimbetta si è spalancata per lo stupore. Io, penso proprio di sì!

giovedì 8 ottobre 2015

Di ciò che in effetti sono!

Quei sorrisi che nascono da incontri strani. Di quelli che durano un attimo, ma che hanno comunque in loro la capacità di riuscire a creare conversazioni strane. Brevissime; ma strane. Quei sorrisi che nascono nel primo istante del dopo. Quando è già tutto passato, ma è ancora tutto fresco per riuscire a fare a meno di pensarci. Non lo so. Mi sono ritrovata a pensare che, in fondo, anni addietro neanche io mi sarei immaginata così; oggi. Mi sono ritrovata a dirmi fortunata; felice… dopotutto. La porta è sempre la stessa. L’ambiente è tipicamente aziendale. Indosso una salopette, di quelle blu da lavoro, sporca in moltissimi punti. Ormai è più blu nell’immaginario, che nella realtà. Ai piedi ho il solito paio di antinfortunistiche bruttissime e sporchissime anche loro, le stesse che da settimane mi stanno supplicando di cambiarle e di concedere loro il pensionamento. Vedremo. Un giovane è appena arrivato con il furgoncino di un corriere e sta cercando proprio l’azienda per una consegna. Ha da attendere, ma io non posso trattenermi per tenergli compagnia. Un paio di minuti e me lo ritrovo vicino: “Lo sai che è la prima volta che mi capita di vedere una ragazza fare un lavoro del genere?”. Mi affretto a specificare che non sono l’unica donna lì e lui sgrana gli occhi. Forse, ha una scarsissima esperienza lavorativa. Non saprei. “Scommetto che non sei una di quelle ragazze tutte ‘Mimimì’”? Mi risulta difficile perfino scriverlo, in quel momento sono riuscita a evitare a stento una risata. “No… non direi”. A dire il vero, pensandoci meglio, ma com’è che è… una ragazza tutta ‘Mimimì’? Ricordi non troppo vaghi di femmine con  la puzza sotto il naso mi tornano in mente, incontri casuali che si sono dissolti nel nulla in meno di un secondo. Fosse questa la definizione per quel genere di persona… no! Non sono proprio io. Inaspettatamente, sento crescere dentro un senso d’orgoglio; di soddisfazione. Mentre il ragazzo continua a elargire complimenti in merito a quanto possa essere bello assistere a ciò che i suoi occhi osservano in maniera del tutto esterrefatta, penso che anni addietro non mi sarei immaginata così, ma che non mi dispiace esserlo ora. “Non è poi così male, in fondo! Nulla che una donna non riesca a fare”. Sorrido. “Ne sono convinto. Penso che, anzi, dovrebbero essere in più a pensarla come te”. Mi sono chiesta che genere di ragazze conosca o sia abituato a frequentare. Forse… sarebbe il caso di allargare un po’ il giro e permettere agli orizzonti di allargarsi. A tratti mi è sembrato di percepire un pizzico di cliché di troppo, comunque… Ci siamo salutati con un “Buon lavoro” reciproco. Rimasta tra il perplesso e il felice, ho ripreso ciò che stavo facendo; soddisfatta di ciò che non mi sarei mai aspettata di essere ma, in effetti, sono! 

martedì 25 agosto 2015

Come fosse la pagina di un diario...

Vorrei sapere quante volte, nell’arco di un’esistenza, può capitare. Vorrei sapere se sia giusto che capiti. Vorrei che mi si rispondesse alla domanda con semplicità, con la stessa, tranquilla, semplicità con cui io ho saputo porre la domanda. Una domanda universale, in effetti. Non perché, universalmente parlando, tutti ora si stiano chiedendo la stessa cosa, ma è una domanda universale nel suo essere in grado di rendersi utile al raggiungimento di diversi risultati. Oddio. Risultati non è proprio la parola che stavo cercando, ma… ciò che conta è che sa rendere bene l’idea. Immagino lo sappia fare; sì.
Dunque… il riuscire a raggiungere ciò che si sta cercando. Per qualche istante, seppur breve, di un piccolo frammento della mia vita, mi sono ritrovata a dar per scontato che ce l’avrei fatta. Come dice una pubblicità in questo periodo, invece, ‘c’era l’asterisco’. Non tutte le domande riescono a trovare una risposta e io questo – per dirla, invece, con le parole di una canzone – ‘non lo avevo considerato’. Se poi penso al fatto che la domanda, quella universale di cui sopra, è: “Perché?”, forse riuscirete a capire le ragioni del mio sgomento. Che a tratti è tristezza, che a tratti è debolezza, che a tratti è rassegnazione, che a tratti è dolore. Ci sono delle volte in cui è anche forza, perché riconosco di essere quel tipo di persona che non fa che ripetersi che ogni singolo giorno è un dono e che nulla, del tempo che ci è concesso, può andare sprecato. Perciò, anche in passato, anche da cuore ferito, anche quando avrei voluto solamente chiudermi in camera e piangere tutte le lacrime del mondo, ho preferito non farlo. Non perché non sentissi il dolore di certe ferite, ma perché ci sono ferite peggiori, perché non è giusto avvilirsi, perché… la vita è un dono e come tale deve essere trattata. Pensiero mio personale e mio personale ragionamento appena messo per iscritto, non pretendo certo di avere il lume della ragione dalla mia. È una pura questione di opinioni. Solamente, qualora avessi la fortuna di poter arrivare a soffiare su un notevole numero di candeline, non vorrei mai ritrovarmi a pensare ai miei giorni passati e dire… mannaggia! Speriamo non succeda.
Perciò… cerco di essere forte. Volendo cercare di splendere mi verrebbe da aggiungere: anche per le persone che mi sono accanto e che mi vogliono bene, ma… non è questo che mi spinge ad esserlo. Non è la ragione che mi ripeto ogni volta che sento di averne bisogno. La mia Famiglia è importante e darei la vita, se servisse. Ma è per Me. Per Me che cerco di essere forte. Alla stregua delle volte in cui ho cercato di essere Felice, alla pari di quelle in cui ho cercato di divertirmi, nello stesso modo in cui cerco di raggiungere qualunque obiettivo possa sentire faccia ‘Per Me’. Le due paroline magiche. Ed era proprio, esattamente, “Per Me” che sono andata alla ricerca di un perché. In merito a una situazione per cui non starò a perdere tempo nel elencare dettagli ma per cui, vi basti sapere, ho provato ad affrontare qualsiasi ragionamento. Ce ne sono stati alcuni che sarebbero decisamente andati a mio favore, ma per cui – a questo punto – non mi spiego il perché alcune cose siano sembrate essere, invece non sono state. Perché, nel caso in cui fossi riuscita a incastrare correttamente tutti i pezzetti del puzzle, l’immagine completa non è riuscita a prendere forma sotto i miei occhi. Non lo so. Ho provato, allora, a ipotizzare tutte le ipotesi (chiedo scusa per il giro di parole, forse poco elegante, ma anche in questo caso decisamente esplicativo e essenziale allo scopo) negative, quelle che mi vedevano sicuramente in errore e che, per mia sfortuna, significavano anche dover soffrire. Sono riuscita a far ribattere queste ipotesi negative con la realtà, solo fino a un certo punto. Poi, gli avvenimenti sono come impazziti. Se è il ‘negativo’ la chiave giusta di lettura, perché ho sentito questo? Perché mi è stato detto questo? Perché mi è stato chiesto questo? Perché è stato ragionato insieme a me questo? Perché mi è stato risposto questo? Un rebus. Un labirinto di cui non sono riuscita a trovare l’uscita, ma nel quale mi sono stancata di rimanere. Non ho tantissima pazienza con ciò che non torna e mi spaventa l’idea di non trovare la strada, dopo un po’. È per questo che torno indietro. esco dal labirinto nello stesso modo in cui ci sono entrata, perché è inutile rimanere ancora a cercare. Certo sono delusa. Di non essere riuscita a capire, ma non solo di questo. Dopo un’altra marea di altri infiniti ragionamenti, sono rimasta delusa di non essere stata vista come una persona. Fragile, debole e che da un certo punto di vista poteva averne già passate a sufficienza… poteva bastare. Non ho l’abitudine di lamentarmi del mio passato, per quello che è stato so di aver applicato la stessa logica di adesso e di aver trovato risposta a tutti i perché che mi interessava di scoprire. Laddove non l’ho trovata, e mi riferisco a un caso in particolare, dove non mi sono nemmeno presa la briga di approfondire alcunché, è perché sapevo (sempre saputo e tra l’altro confessato, senza nascondere nulla) di non essere mossa da sufficiente interesse. Eppure, anche in quel caso, non mi sono mai dimenticata di avere davanti a me una persona, non un robot, non altro. Cortesia e accortezza che non mi è stata ricambiata, ma… vabbé! È proprio vero che scivola via in fretta la delusione, quando in fondo non ci (non mi) importa. Quando c’è la volontà di capire, invece, è tutta un’altra storia. Allora, torno a sentirmi quella persona che non è stata capita. Quale è stata la mia colpa? Cosa c’è stato di non chiaro? Perché? Cosa ha permesso, al di fuori, di vedermi come qualcuno che poteva pure soffrire, tanto che importanza ha? Perché il mio dolore non è riuscito a mettere un freno? Perché?

Io tutte queste cose non le ho capite. So che però porto addosso la cicatrice. So anche di coltivare ancora in me la speranza di riuscire a capire, un giorno. Ma se dimentico i film a lieto fine e, come anche prima, immagino che possa esserci anche un ‘negativo’… so che potrei anche continuare a sperare invano. Perciò… mi affido ancora una volta a qualcosa che è stato mio nonno a insegnarmi (non per diretto intervento, ma era una cosa che la nonna mi ha raccontato. Non è stata l’unica persona a dirmelo, ma è a queste due figure familiari che voglio legare il tutto): Accade solo ciò che deve accadere. Se è destino che io riesca a riaffacciarmi al labirinto, ad attraversarlo senza inciampare e ad uscirne… succederà. Chiudo lo sfogo. Senza rileggere. Come fosse la pagina di un diario che sono pronta a girare. Mi scuserete. 

domenica 29 marzo 2015

Just have a little faith...


Magari, quando già non te lo aspetti più, accade. L'attimo perfetto. Quello in grado di superare la barriera del tempo, per diventare subito ricordo. Non è che il risultato di una ricerca. La differenza, da mille altre imperfezioni. L'averci creduto, forse, un po' di più. 

Lo stereo suonava John Hiatt... Emoticon heart



Just have a little faith...





La mania di condire gli attimi di musica. Sempre. Il più possibile. Ovunque. Anche quando – forse – non si dovrebbe. La mania di condire gli attimi di musica e collegarli, in maniera indissolubile, ad essa. 
Just have a little faith… 




Devo averci creduto. Più di prima. Più di dopo. Devo essere riuscita ad avere sufficiente fiducia in me stessa. Devo aver creduto nel momento. Devo essere riuscita a sentirlo di più. 
Ciò che accade, di quelle cose in grado di regalare un’emozione, pur se piccola, pur se minuscola, pur se invisibile, pur se fugace e – forse – irripetibile, accade sempre in un attimo. Magari, quando già non te lo aspetti più. Accade. Con il sottofondo musicale che mai avresti pensato giusto, ma che sottolinea subito il momento e si lega a ‘lui’ in un bel 'per sempre'. Un nuovo, bel ricordo. Un nuovo, piccolo, grande successo. Un nuovo, piccolo, grande traguardo. Un attimo speciale. Semplicemente. Prima di una nuova normalità. Alla prossima!

sabato 15 novembre 2014

QUI Gubbio... Bentornato!

C'era una volta...
Ci sono ricordi, avvenimenti passati, emozioni provate, che alle volte tornano alla mente come se stessi leggendo l'inizio di una favola... c'era una volta! 
Poi... ci sono quei ricordi che tornano a sorpresa, ti sorridono, ti rammentano frammenti di vita (frammenti che pensavi dimenticati, per il semplice fatto di 'aver scelto'... a suo tempo); ti spronano a rivivere. Sono i ritorni che preferisco. Quando proprio non te lo aspetti e qualcosa torna di nuovo fuori dal passato... magari ti ritrova indeciso, sente il peso dei tuoi timori, ma... non per questo si arrende e: ti chiede di provarci ancora; di tornare a crederci!
Allora... sorridi, lanci una sfida a te stessa, ignori la vocina interiore che salta fuori ogni volta che ti trovi ad avere a che fare con l'inaspettato e... ti butti. In fondo... perché no!
E' un passato bello, quello che è tornato a farti visita. Uno che, per quanto pensavi di aver lasciato alle spalle, è appartenuto alla tua vita per un tempo sufficiente da considerarlo un pezzo importante del tuo personale puzzle di esperienza. Allora, ancora una volta, ti ripeti: perché no!
Speri di dare il massimo e... rimani in attesa.
Trovarsi di fronte al "primo progetto" già compiuto, già realtà... è una grande soddisfazione! :-D





Chissà come sarà andare avanti?
Te lo chiedi per un po', poi... no! Per questa sera è bello così. Sentire il profumo di stampa fresca. Fare rumore con le mani, impazienti di sfogliare fino all'ultima pagina e sentirsi felice... nel leggere ancora una volta il tuo nome; sotto ad altre parole d'inchiostro!




La sfida per il prossimo numero è già partita... chissà... :-D
Un abbraccio a tutti e buon fine settimana!
Sono impaziente di scrivere di altre belle, importanti, speciali novità (del mese e non solo), ma... questa non poteva non avere la precedenza.
Un Grazie Grandissimo all'intera Redazione del 'ritornato' Qui Gubbio! :-D Bentornato!!!

mercoledì 22 ottobre 2014

Per quell'attimo... è Sogno Puro!

L'attimo più bello della giornata, in due "click"...
PRIMA:
Un pensiero che si concretizza in mezzo a tanti altri... 

DOPO:
 ...e diventa "virtualmente concreto" (paradosso!!!), grazie ad un semplice pulsante:


...è davvero: Gioia Pura!!!
Alla prossima! :-D
Dita incrociate! ;-)

domenica 20 ottobre 2013

Ricordi su tappi di sughero

Una vita chiusa in scatola.
Non so nemmeno bene perché, ma... la maggior parte delle mie cose risiede tra quattro pareti, un fondo e un coperchio di carta
Il più delle volte è utile. Se si riesce a conservare una buona memoria fotografica, basta poco per ritrovare ciò che serve all'occorrenza. Quando la memoria non è d'aiuto, si può sempre ricorrere al uso di etichette. Perché ogni contenitore indossi il nome di ciò che contiene.
Nel mio ordine-caos di scatoloni, scatole, scatoline e scatolette... alcune riportano chiare diciture di ciò che custodiscono, altre - sistemate con più fretta - con il passare del tempo sono diventate un'incognita.
Per questo... avere tutto (o quasi) chiuso in scatola diventa un problema, quando si decide di dare una sistemata, magari cambiando qualche disposizione e aggiungendo delle novità.
Per i pochi punti fermi rimasti, ci sono decine di interrogativi. E questo? E quello? E quell'altro?
Ad un certo punto viene anche da chiedersi... ma, chi me l'ha fatto fare... di passare in questo modo gran parte della domenica?
A dire il vero... i piani non erano proprio questi.
Ieri sera sono andata a dormire con la ferma intenzione di svegliarmi presto la mattina, con l'altrettanto gratificante idea di fare una bella colazione e con l'importante progetto di piazzarmi davanti il computer per scrivere. Ultimamente... io e le parole che continuano a frullarmi per la testa non abbiamo avuto molte occasioni per un tête-à-tête. Per questo, immaginare di poter avere l'intera domenica a disposizione per dar retta a una nuova storia... sembrava meraviglioso.
Ed è rimasta un'idea meravigliosa... fino a che non è arrivato il mal di testa a mettersi in mezzo. Quando si dice... i danni che può fare un terzo incomodo! 
Non so come riusciate a cavarvela voi in ceri casi, ma... per quel che mi riguarda, il mal di testa è il nemico giurato numero uno! Io... odio il mal di testa! Che è tenace. Che non se ne va se rimango a riposo. Che stringe i denti e resiste, anche sotto l'effetto dell'antidolorifico. E lo immagino beffarsi di me, nel sapere che per ucciderlo... dovrei massacrare il mio stomaco con i medicinali più forti. No! Niente da fare.
Nel decidere di salvaguardarmi un po'... rivedo i miei piani per la giornata e abbandono tutti i progetti fatti, per dei nuovi da definire al momento.
Niente colazione da leccarsi i baffi. Al posto di fette biscottate e Nutella, sorseggiando un cappuccino caldo fatto in casa, biscotti integrali (che tristezza) e una tazzona di camomilla dolcificata con miele. Spero che tanta acqua, a stomaco praticamente vuoto, non mi uccida. Per quanto in tanti si sforzino di farmi capire che bere è importante, a meno che non si tratti di profonda disidratazione dovuta da eccessiva sudorazione, io e i liquidi ci incontriamo raramente. Lo so... è uno sbaglio :-(
Ad ogni modo... 
Può esserci di peggio, in una domenica mattina di cui già si pregustava lo svago? Sì!
Decidere di non darla vinta al mal di testa, rimettendosi a letto, e provare a dar retta - invece - a qualcosa letto in Internet diverso tempo fa: quando il fisico non è proprio al top, fare delle piccole faccende in casa aiuta. Niente di pesante, ovvio!
Insomma... ho pensato che, visti gli ultimi periodi, con la smania di mettere su carta storie e storie, con i progetti di EstroCreativo che, con il loro costante essere work in progress, ci manca mi sveglino di notte... magari stessi chiedendo troppo alla mente e che... fare qualcosa dove non è strettamente necessario pensare, magari sarebbe davvero servito.
La camera da letto, ultimamente, non è il massimo dell'ordine. Ma... di solito conservo la faccenda per quelle sere in cui la Tv non ha molto da offrire, il sonno riesce ad aspettare (insieme ai libri sul comodino) e tutto ciò di cui ho bisogno è... un po' di musica. Sistemare l'armadio con lo stereo a palla su una canzone dei Queen lo considero quasi una meraviglia. 
Niente camera... rimane il mio angolino privato in soffitta. A dire il vero, è da un po' che non ci metto le mani e la cosa mi preoccupa. Può un angolo incasinato dell'ultimo piano della casa aiutarmi nella lotta contro il mal di testa? Mah!
Salgo le scale con la tentazione di fare marcia indietro ad ogni scalino. Forse... darla vinta al letto non è un'idea troppo malvagia, dopotutto. E chissenefrega di quello che ho letto in Internet, vattelapesca quando e vattelapesca dove. Torno a dormire? No!
Ecco... dopo il mal di testa, ci mancava anche la vocina interiore a rompere! Ma... dico! Si può avere una coscienza tanto 'puntuale'?!?
'Hai promesso che l'avresti fatto, non appena passato il matrimonio di tua sorella... ricordi?'. Certo che continuare a salire le scale, conversando con il proprio io interiore è... quasi da pazzi?!? Speriamo di no.
Arrivata in cima, abbandono del tutto il proposito di tornare di sotto e di rimettermi sotto alle coperte. Senza scherzi... è un disastro! Mal di testa o non mal di testa, voglia o non voglia... serve una sistemata.
Non sono attrezzata con sacchi per la spazzatura e contenitori, ma... intanto comincio.
Sono le undici passate da venti minuti, quando mi accorgo che la testa non mi fa più male. Santo Internet divulgatore di conoscenza! Continuo a sistemare di buona lena per il resto del tempo, ma... quando mi chiamano per il pranzo sono arrivata appena a metà del lavoro.
Quello che c'è di positivo è che... nel riprendere nel pomeriggio potrò portare un po' di musica con me.
Tengo al mio lettore mp3 come fosse un amico di lunga data. In effetti... è con me da dieci anni!
Non è un I-pod... ma non ha nulla da invidiare a quei figurini minuscoli che fanno bella mostra di loro nelle vetrine. Quando è in tasca si fa sentire che c'è, ma... ha in sé tutte le colonne sonore dei miei momenti... Sempre impostato sulla modalità 'sequenza casuale', custodisce i miei gusti musicali e non disdegna di conservare anche i cosiddetti 'varie ed eventuali'... visto che il posto non manca. Alle volte, anche tra le sue cartelle serve un po' d'ordine... ma, è questione di poco! Certo... non è molto d'aiuto in caso di mal di testa :-(
Ma... quando la testa non è più un covo di batterie rullanti, con la musica a portata di mano è una vera pacchia! Continuo a sistemare scatole e buste, buste e scatole, fino a che... questa scatolina la ricordo!
Ha l'aspetto invecchiato... quanti anni saranno passati, da quando l'ho sistemata in soffitta tra libri, vecchie riviste e vecchissime videocassette registrate?
Basta aprirla, per avere una risposta. Poco meno di dieci!
Trovo le candeline del mio ventesimo compleanno, la vecchia fotografia di una carta d'identità, alcune tessere fotografiche di quando ancora avevo i capelli lunghi (devono essermi servite per il rinnovo del documento) e... due tappi di spumante.
Io non bevo alcolici, ma... questa cosa me la ricordo. Per ogni evento importante, tanto da essere festeggiato con un brindisi di bollicine, avevo l'abitudine di conservare il tappo di sughero. 
Li prendo tra le mani e rimango a fissare le date scritte con la penna... è bello averli ritrovati a distanza di tempo. 6-07-04 e 3-08-04... diploma e contratto per Galeotto fu l'Sms!
Ricordi del genere non sono una fotografia, ma... tenerli stretti per un po' è come ritornare al momento. 
Insieme ai tappi c'è anche un sottobicchiere. E' un'altra mania che mi appartiene, ma... in questo caso non ricordavo di aver un sottobicchiere-ricordo. Eppure... eccolo lì! 3-08-04 Firma Contratto!
Ripenso a quella mattina (ripenso ad entrambe, ma... i pensieri corrono di più verso il primo libro, che non verso il diploma di maturità!), ripenso all'emozione...
Perché ho smesso di catalogare i ricordi su tappi di spumante? 
Perché non c'è il brindisi della laurea?
Perché non ci sono quelli legati alle altre pubblicazioni? 
Mi rattrista un po' l'idea di aver smesso di collezionare piccoli ricordi. Ma... 
Non è tardi per ricominciare a farlo!
Allora... finisco di sistemare le cose che mi rimangono da sistemare, mentre già mi immagino a sfogliare gli album di fotografie alla ricerca degli stessi ricordi su carta lucida.
E già mi immagino a scattare due fotografie speciali... Sento la mente di nuovo al lavoro per le parole che riuscirò a buttar giù, con le dita frenetiche sulla tastiera del computer... 




Torno al lettore mp3 poco lontano e, stavolta, scelgo la colonna sonora del momento.

Sai che cosa penso
Che se non ha un senso
Domani arriverà
Domani arriverà lo stesso
Senti che bel vento
Non basta mai il tempo
Domani un altro giorno arriverà...
Domani un altro giorno... ormai è qua! 

domani, domani, domani... in attesa del prossimo tappo da datare! ;-)

domenica 24 marzo 2013

Letto: Bianca come il latte rossa come il sangue

Buongiorno!
Alzarsi (non proprio di buon ora) con il 'sapore' di una lettura stupenda ancora sugli occhi... è qualcosa che non mi capitava da un po'. Un po', perché è da diverso tempo che ho cominciato alcune letture, senza poter essere ancora arrivata alla fine. Un po', perché è comunque più raro di quanto si pensi (anche per chi legge con una certa assiduità) imbattersi in pagine che marchino la mente e il cuore in maniera indelebile. 


Quando il libro è uscito in prima edizione, l'ho consapevolmente 'evitato'. Accattivante il titolo, il nome dello scrittore che non conoscevo e - quindi - un'innata curiosità di scoprire un nuovo modo di scrivere, ma... arrivare al retro di copertina e leggere la trama è stato ciò che - sul momento - mi ha bloccato sull'acquisto e mi ha fatto propendere per altro. Una storia che parla di amore e di malattia... un cazzotto nello stomaco. Proprio ciò che non volevo ritrovarmi a vivere. Proprio ciò che non mi potevo permettere di vivere. Proprio ciò che non sarei riuscita a vivere, metabolizzare e superare. 
C'è stato un lungo periodo di scelte in libreria (parlo già al passato, perché dopo essere arrivata fino all'ultima pagina di questo emozionantissimo esordio di Alessandro D'Avenia e dopo essermi dovuta convincere di aver commesso un imperdonabile errore di valutazione, basandomi solo sulle apparenze) in cui ho accuratamente evitato tutte le storie da 'lacrime in tasca', ma... Bianca come il latte e rossa come il sangue ha rappresentato in questi pochi giorni di lettura (anche il fatto di averlo divorato è stato bellissimo. Perché, ancora fortemente scettica sul fatto che potesse sposarsi bene con i miei gusti, al momento dell'acquisto ho seriamente temuto di doverlo lasciare a metà per incapacità nel proseguire) tutto ciò di cui... HO bisogno. 
Un inno alla vita. Un inno all'amore. Un inno all'amicizia e a tutte quelle emozioni (bello o meno, facili da vivere o meno) che ci permettono di capire che stiamo vivendo e che - pure se solo di passaggio - durante questo nostro passaggio non solo abbiamo il diritto, ma prima di tutto abbiamo il dovere di fare in modo che ne valga la pena. Ci sono frasi del libro che mi hanno segnata più di altre e che, più di altre, mi hanno permesso di fissarmi per un po' sulle parole, senza andare oltre e rimanendo a riflettere. E' bello (almeno, lo è per me che sento di non essere proprio del tutto al top in questo periodo!) quando è un libro a ricordarti ciò che fino ad un attimo prima sapevi e che, solo per paura e per sconfitta, hai riposto nel dimenticatoio.

Ecco la risposta. Incenerire i sogni. Bruciare i sogni è il segreto per abbattere definitivamente i propri nemici, perché non trovino più la forza di rialzarsi e ricominciare. 

Il mio Post-it mentale: ricordarsi di non abbandonare i sogni... quello della scrittura non se ne è mai andato, ma ho la fortuna di poter dire che non è l'unico. Anche se non ho la possibilità di confermare d'aver coltivato questi altri con la stessa perseveranza con cui mi ritrovo spesso a tu per tu (e spesso in lotta) con le parole... ci sono sogni, tra quelli che sento nel cuore, con cui lottare è difficile e per cui temo sempre più vicina una fine inesorabile, nella maniera in cui non avrei voluto che andassero. 

Primo problema: la carta senza righe. La scrivo al computer. Ma appena comincio lascio perdere perché è bianca come il ghiaccio, fredda. Allora riprendo il foglio e mi rimetto a scrivere...

Leo, il protagonista, ha il coraggio non solo di essere un sedicenne spensierato e con la vita tipica di un sedicenne. Ma, ha anche il coraggio di credere al proprio cuore, di credere che ciò che ci sta dentro è importante e di credere che... per ciò che è importante si lotta e si arriva fino in fondo, senza ma e senza sé. E si lotta scegliendo mezzi 'caldi'.

Il mio Post-it mentale: non aspettarmi che siano gli altri a muoversi per conto mio o per venirmi incontro. Pure con la consapevolezza di compiere passi che alcuni potrebbero non capire, farlo perché è importante. Non smettere di lottare... un giorno, più o meno lontano, ne sarà valsa la pena. 

...questo è il senso di una vita ben spesa: qualcuno che ti ama anche quando stai male. Qualcuno che sopporta il tuo odore. Solo chi ama il tuo odore ti ama davvero. Ti dà la forza, ti dà la serenità. E mi sembra un bel modo di mettere una diga ai dolori che capitano nella vita. Me lo devo ricordare questo. Me lo devo ricordare, perché è da mettere nel mio sogno...

Il mio Post-it mentale: niente da obiettare. Niente da aggiungere. E' anche il mio sogno...

Solo chi fa domande sui dettagli ha provato a sentire come sente il tuo cuore. 

Verissimo. Il più delle volte la natura di un rapporto (e l'importanza o meno di questo) si manifesta con l'interesse per ciò che si vive. Uno scambio reciproco di domande, alla base di un modo per poter vedere il mondo insieme, per poterlo capire insieme e per poterlo meglio digerire... insieme a qualcuno!

"Perché quando c'è di mezzo l'amore le persone a volte si comportano in modo stupido. Magari sbagliano strada, ma comunque ci stanno provando... Ti devi preoccupare quando chi ti ama non ti ferisce più, perché vuol dire che ha smesso di provarci o che tu hai smesso di tenerci..."

Il mio Post-it mentale: credo sia la visione più giusta dell'amore. Ma, chissà perché in moltissimi sono propensi a credere a principi azzurri e principesse, a fate turchine che rendono magiche serate altrimenti anonime, ai 'vissero per sempre felici e contenti', a tutto ciò che è solo ed unicamente 'rose e fiori', mentre non ci si ricorda mai che: non c'è rosa senza spine e che... anche tutto ciò che viene dopo una tempesta, se si ha il coraggio di attraversarla, può essere bellissimo. Ergo... ho una paura tremendissima di imbattermi in qualcuno che non sappia vedere quanto solo giornate fatte sia di bello che di brutto siano vere... e la paura ancora più tremenda è che solo dopo troppo tempo io mi accorga di avere a fianco qualcuno di 'questo tipo'.

E la vita è l'unica cosa che non s'inganna, se tu, cuore, hai il coraggio di accettarla...

Non ho altro da aggiungere. Ora... spero che il film (motivo per cui, alla fine, mi sono decisa ad un tu per tu con il libro) confermi le aspettative... e mi sa che sarà bene avere una scorta di fazzoletti in tasca. Per chi non avesse ancora letto il libro... lo consiglio tantissimo! Per tutti gli altri... buona lettura, sempre!!!

sabato 16 febbraio 2013

Io intanto urlo, poi...


Di nuovo sabato. Per quanto adori questo giorno perché è il momento della settimana che mi permette di riposarmi un po’ di più, ci sono volte in cui… mi va un po’ ‘più stretto’. Lo so… lo so… ultimamente in questi Post non sono il massimo della verve, ma… pensa che ti ripensa, gira che ti rigira… con la mente vado sempre a finire su ciò che ‘non va’.
Non che ci sia tantissimo di cui lamentarsi nella mia vita. Sono molto grata di tutto quello che ho e consapevole che ci sono persone che non possono dire altrettanto. Solo che…
Ecco. È la presenza di questo ‘Solo che…’, che a tratti mi toglie il respiro. In una vita normale ci si dovrebbe ritrovare in difficoltà in situazioni eccezionali, come può esserlo questa mondiale carenza di lavoro e la tendenza a sospettare che non ce la faremo a rialzare la testa. Eppure, ciò che preoccupa a me va oltre l’instabilità del momento.
Mi sono divertita a fare un gioco l’altro giorno ed è stato brutto costatare che bastano le dita di una mano e nemmeno tutte dell’altra per contare le persone su cui  sento di poter fare affidamento, mentre a un certo punto ho perso il conto delle volte in cui ho dovuto adoperarle entrambe per contare i momenti in cui la mia vita è stata attraversata da persone che con superficialità sono arrivate, con menefreghismo sono restate e con cattiveria se ne sono andate. Ancora più stupefacente, poi, è stato capire che alla fine dei conti… il minore dei mali è stato quello legato a un fidanzato che ad un certo punto ha deciso che le nostre strade non erano più fatte per continuare sullo stesso binario. Dirò di più… a posteriori (parlo di ragionamenti di anni fa, ormai) non solo ho condiviso, ma… ad oggi penso proprio che sia stato un modo come un altro per salvarci entrambi da qualcosa che sarebbe stato molto peggio di una fine spiacevole. Lui lo sa, io lo so e la vita – per quel che ci riguarda – procede con serenità. Sì. È tutto il resto, che non va. La fine di un rapporto può essere insita in ogni inizio. Può presentarsi, oppure no. Ma, fa parte del gioco. È qualcosa per cui, in un certo qual modo, si è preparati sin dal momento in cui si decide di prendersi per mano la prima volta. Non ero e non lo sono tutt’ora… preparata per tutto ciò che mi pare popoli il mondo in questo nuovo millennio ormai iniziato da un po’ e che – mi pare – non abbia niente in più di speciale, rispetto al vecchio.
Ho provato a pensare che una convinzione del genere potesse essere data dal fatto di essere adulta ora e non prima. Ma… come mai, allora, anche gli adulti-adulti si lamentano? Non credo sia perché la lamentela sta cercando di spandersi a macchia d’olio nella speranza di diventare sport nazionale (pure mondiale, volendo)… penso piuttosto che, anche se agli orecchi di chi ascolta può apparire noioso, la ragione stia tutta dalla parte di chi afferma: la società è superficiale. Qui, sì… che ci vorrebbe un mega applauso con standing ovation!!! Invece… il più delle volte la risposta si limita ad una risatina in faccia del tipo “la scoperta dell’acqua calda!”, ad una alzata di spalle e… a un brusco cambio di argomento… “chissà cosa sta facendo il Milan-Juve-Inter-Lazio… ecc…?!?”, “Dici che questo vestito mi ingrassa?”, “I capelli sono a posto?”...
Mmmm… mamma mia! Solo provare a contare le volte in cui mi è successo di imbattermi in qualcosa del genere, mi fa venire le vertigini: è ridicolo!!!
Come ridicolo è il fatto di vedere prassi del genere universalmente riconosciute, adottate e accettate, semplicemente perché… così fan tutti! No. Mi dispiace… non ci sto. Pur ritenendomi una persona normalissima, con il piacere di trascorrere momenti su Facebook a cazzeggiare da un profilo all’altro e a vedere un po’ che si dice tra il popolo dei ‘facebookiani’, pur capitando di tanto in tanto su Twitter con qualche pensiero istantaneo di pochi caratteri e pur possedendo un Blog-diario… non ci sto all’idea che al di là del virtuale possa esserci niente. Altrimenti, che senso ha riempire il mondo di libri che narrano di storie più o meno possibili o più o meno vissute, che senso hanno i testi delle canzoni più belle nati da momenti di vita vera, che senso hanno i “messaggi di stato”, le condivisioni di massime che si spera non siano solo parole e quella di link? Penso di avere la risposta nel dire che: la virtualità non è meno fasulla della realtà… tutti si cerca di mostrare il meglio, tutti si cerca di apparire felici e spensierati, in molti cercano di scatenare invidia nel prossimo. Eppure… come quando ancora Facebook non esisteva, la mia mente continua a ribellarsi a queste ‘logiche’. Magari… come nella realtà, non sempre lo lascio trasparire a chi ho difronte, ma… non sto sempre bene, non ho sempre voglia di sorridere e non penso che qualcosa valga meno di una chiacchiera fatta a tu per tu, solo perché comunicato tramite Facebook o Twittato o altro. Il mondo vuole utilizzare questi mezzi anche in  politica o in religione… io dico: benissimo! Il problema, per come la vedo io, non è in questo è la base sociale che manca è il backstage del virtuale (che dovrebbe essere il reale!) che va curato. Conosco persone che non appartengono al popolo degli internauti e che si dichiarano orgogliosissimi di non farne parte. Perché? Essere su Facebook non significa mica firmare una dichiarazione di stupidità o di semi infermità mentale? Ogni strumento ha i suoi pro e i suoi contro, dipende tutto dall’uso che se ne fa. Non sarai su Facebook… ma hai una lingua in bocca e una testa pensante… dipende da ciò che dici e da come agisci. Se sei str***o, egoista, menefreghista e meschino nella realtà… importa veramente che tu non sia on-line?!? La risposta che mi verrebbe da dare a chi ho sentito dire così sarebbe: in tal caso, è solo un virus di meno che gira per il “www”. Di contro, alcuni – da che esiste questo grande mondo virtuale e questa grande mania del ‘farsi amici’ – sono diventati dei perfetti Joker moderni. E qui bisogna allora diventare abili a capire… quale delle due facce è più vera. Sei ciò che dici di essere on-line? O sei la persona che mostri di essere in carne ed ossa? Personalmente, fino a che posso scelgo di eliminare da entrambi gli ambiti soggetti del genere. Puoi parlare, puoi scrivere, puoi fare e dire quello che vuoi… la considerazione è pari a zero… perché zero è l’attendibilità di ciò che ‘cerchi di vendere’. Ma, poi… questa gente si sentirà felice? Me lo chiedo… lo avranno capito che la vita è una sola? Che il biglietto delle giostra è uno e che non sono consentite repliche di alcun genere? Se anche vuoi considerare la vita uno spettacolo… ma… non ti conviene provare a fare in modo che almeno ne valga la pena e che sia un bello spettacolo? Sinceramente… qualche anno fa credevo di più nel potere delle buone intenzioni… non avrei mai pensato di ritrovarmi ad oggi a provare a urlare che: “Ma che siamo tutti matti?!?”. Credevo che avrei visto la gente lottare di più per la ricerca della Felicità e per ciò che è giusto. Invece… gira che ti rigira, stiamo mandando in onda un pessimo show. Ognuno nel suo piccolo e tutti insieme nella globalità di un mondo che, volendolo misurare su una scala da uno a dieci, è già tanto se sta dando 3… di tutto ciò che di bello e di buono potrebbe essere. Adesso… avete pure il permesso di chiamarmi: Illusa!!!
Saluto tutti… spero che questo Post sia servito almeno a sbloccare la mente da un circolo vizioso che impedisce anche ai racconti di venire fuori… questi pensieri era da un po’ che se ne stavano da una parte, indecisi se manifestarsi o meno… ma, nella vita di tutti i giorni difendo con i denti e con le unghie ciò che penso sia nel giusto… d’impatto, avevo deciso di lasciar fuori da certe amarezze il mio mondo virtuale, ma… No! Fino a che ce la faccio, dato che lotto per rimanere una persona solare e piena di valori e di scelte in cui credere, scelgo di urlare tutto il mio schifo per ciò che non mi va. E tanto meglio se non sarò l’unica a farlo… vorrei che il mio giro di giostra sia uno di quei giri che, anche se con qualche intoppo, valgano la pena. Ed auguro a tutti voi di poter avere altrettanto… a presto! ;-) 

domenica 27 maggio 2012

...Punto e Basta!

Eccomi di nuovo.
Una domenica non proprio da considerare tra le migliori, ma nemmeno da buttare del tutto via.
Mal di testa a parte e difficoltà praticamente cronica - ormai - di buttar giù qualche riga, per un progetto di scrittura che sto portando avanti e che, pur nel suo piccolo, considero importante, sono felice di poter essere di fronte al computer, di fronte alla pagina di un nuovo Post e - una volta tanto - senza la compagnia di tremila dubbi (ma, che dico... di più!) sul cosa scrivere o meno.
Lo so... Lo so...
Probabilmente il "punto", in tutta questa faccenda del blocco, anche quando si parla del Blog, è che dovrei imparare a sentirmi più libera quando sono con le mani sopra alla tastiera o - comunque - con una penna in mano.
Invece, non sempre riesco a pronunciare mentalmente quel "chissenefrega", che dovrebbe di regola appartenere a chi - come me - ama "giocare" con le parole. 
Così... 
Alle volte delle idee che considero buone o degli argomenti che vorrei trattare su questo spazio virtuale sfumano ed io perdo in maniera inesorabile l'occasione di mettermi alla prova... oltre che la possibilità (che poi è la cosa più importante) di dare sfogo, di tanto in tanto, al caos perenne che affolla la mia mente.
Sì. Non sempre è facile tenere il passo con il Coniglio Bianco che sfreccia davanti ad ognuno di noi, ma... ci sono dei momenti in cui si ha l'impressione di farcela. 
Allora, prendo un bel respiro, chiedo dieci minuti in più a mia madre che mi sta chiamando per il pranzo e che vorrebbe - giustamente - che io mi decidessi ad apparecchiare la tavola e provo a concentrarmi sui miei pensieri da mal di testa, di fronte allo spazio di un Post, ancora perlopiù bianco.
Cos'è che mi andrebbe di scrivere, come se fossi di fronte alle pagine di un diario segreto?
Penso e cerco tra i pensieri, fino a che trovo quello che di più mi spinge a pensare.
E' un qualcosa che è successo venerdì al lavoro e che, nonostante sarebbe dovuto passare inosservato, insieme alla miriade di piccole e grandi faccende che possono rappresentare e riempire otto ore lavorative dell'ultimo giorno di una settimana lavorativa più o meno nella norma e più o meno stancante, mi ha colpito più di quanto - forse - mi sarei aspettata.
Non capita di rado che io mi trovi a confrontare il mio modo di vedere il mondo - lavorativo e non - con qualcuno che, storto o morto (come direbbe proprio questa persona!), mi è vicino per una quantità di minuti che, diciamocelo, non può proprio considerarsi irrilevante.
Come... non capita di rado che, nel bel mezzo di questi confronti, io mi ritrovi ad essere convinta di provare il più grande disappunto... per il modo di vedere che mi viene prospettato e che, più o meno, viene messo in paragone con il mio.
Ora... i discorsi, quando si confrontano due modi di vivere e di pensare, sono (quasi sempre, o... giù di lì!) tre...
1) la ragione (elemento praticamente paragonabile ai diamanti per le donne o ad una bella donna per un uomo... per quanto può arrivare ad essere desiderabile!) è dalla mia parte;
2) la ragione è dall'altra parte;
3) la ragione sta nel mezzo;
Tendenzialmente, sono il tipo di persona cui piace pensare che la terza possibilità sia quella maggiormente diffusa (anche se non sono docilissima di carattere e sono già capitate situazioni in cui è stato difficile schiodarmi dalle mie posizioni), ma... ci sono casi in cui proprio mi rifiuto (a prescindere!) di formulare anche il più piccolo ragionamento a favore della teoria del "condividiamo la ragione" e in cui - proprio - mi diventa obbligatorio pensare di essere lontana anni luce dal torto... quali? 
Beh! Non so voi, ma il mio cervello va praticamente in loop quando si scontra con un altro che cerca in ogni modo di imporre il suo modo di vedere e, soprattutto, quando si sbatte contro a due odiosissime parole: PUNTO E BASTA!
Che cosa rispondereste se qualcuno, nel bel mezzo di una chiacchierata su un argomento (che può essere di qualsiasi tipo... a prescindere, diciamo!), vi guardasse dritto negli occhi ed apostrofasse tutte quelle che sono state le vostre parole fino a quel momento con un seccante: "Ma... fammi capire... per te non esiste che nel mondo ci siano questioni che vanno in un certo modo... PUNTO E BASTA?".
Ahia!
Non c'è cosa che odio di più. Dico davvero.
Posso ignorare un commento poco carino su qualcosa che indosso, su un taglio di capelli (e ce ne sono stati!) poco azzeccato per il mio viso o su quelli che possono essere i miei gusti in termini di libri, musica e film...ma... No! Quando si parla dei processi che la mia mente può fare di fronte a tutti i singoli istanti di cui è composto un giorno, allora... allora, No! Non tollero la pretesa altrui di dirmi come fare e pretendo lo stesso rispetto che io porto, nell'ascoltare i pareri di chi mi circonda.
Attenzione... Ascolto, non vuol dire Condivisione... Ma, quello che è certo è che anche per non condividere bisogna prima ascoltare.
Quindi...
No! Non sono abituata a non domandarmi il perché, se qualcosa mi turba... non sono abituata ad abbandonare "il campo", solo perché non ne vengo a capo... Non sono abituata a prendere le cose per come sono, se quel "come sono" non lo capisco per un verso o per un altro...
Con questo, non voglio dire che poi, per poter vivere dentro ad una situazione, io debba per forza di cose sviscerarne l'intera natura prima. Assolutamente, no.
Per questa ragione, mi sono ritrovata a rispondere: "Beh... no! Il PUNTO E BASTA a prescindere non è una mia abitudine...".Quindi, piccata da quel modo di fare sbruffone, che non sentivo di aver meritato, mi sono sentita aggiungere: "ammetto di non essere la persona più facile del mondo e che, qualche volta, mi incastro dentro ai miei stessi ragionamenti, ma... No! Tendenzialmente, non credo esistano nella vita e nel mondo questioni che si debbano accettare solo perché sono in quel modo PUNTO E BASTA... penso si possa sempre spendere un attimo d'attenzione, analizzare la faccenda quando lo richiede e - se necessario - praticare dei cambiamenti...".
Ovvio che, nel parlare di cambiamenti, io abbia inteso riferirmi a migliorie. Insomma... inutile spendere tempo e fatica su qualunque cosa ci possa interessare e coinvolgere, per far regredire il tutto ed essere causa di peggioramenti, no?!?
Proprio per questo, allora, ho concluso: "si può sempre trovare una strada migliore, anche rispetto a quella che si sta già percorrendo. In qualunque cosa".
Poi, più niente... non voglio certo imporre il mio modo di vedere a nessuno, alla pari del non volermelo vedere imporre da altri. 
Perciò, ho ripreso a lavorare abbozzando un sorriso. Un po' dispiaciuta, ma... fa niente.
Voi, che mi  dite? esiste il PUNTO E BASTA?
Un abbraccio a tutti. Buona Domenica!

lunedì 10 ottobre 2011

Un sogno realizzato!

Eccomi di nuovo qui!
Stavolta, la distanza tra un post e l'altro non è tantissima. E' andata bene!
Sto lavorando su nuovi racconti brevi, perché questo Blog non rimanga un mondo di parole e di pensieri troppo vuoto, ma...
Questa sera...
Questa sera, no. Niente, nuove storie.
Stasera, scrivo con una felicità particolare nel cuore perché: uno dei miei piccoli-grandi sogni si è realizzato!!!
La realizzazione di un sogno è sempre un momento speciale, ma... Quando questo succede quando meno te lo aspetti ed - anzi - proprio quando stavi per smettere di crederlo possibile e stavi per gettare la spugna, allora... allora, il sapore che lascia in bocca è molto, ma molto più dolce; di quanto sarebbe stato; se il cuore avesse continuato a sperarci.
Di che cosa si tratta?
Ok.
Probabilmente, leggendo le righe successive, a molti sembrerà di leggere un nulla. Ma... per me - vi assicuro! - non lo è stato.
E' successo ieri pomeriggio; intorno alle cinque.
Dopo due ore passate a guardare un film insieme alla zia (un film inaspettatamente non molto allegro, alla resa dei conti!), per tirarmi un po' su il morale ho pensato di approfittare del portatile della zia acceso sul tavolino e di girovagare qua e là per la rete.
Di solito, Internet è - per me - sempre un valido scaccia malumore!
Così...
Prima ho gironzolato qua e là tra i Blog (sempre a bocca aperta, per le meraviglie che si trovano di Post in Post!), poi - trattenendomi dall'accedere al sito di qualche libreria on-line, per paura di innamorarmi di qualche libro e di aumentare (così) la mia già lunga lista di letture arretrate - ho effettuato l'accesso alla mia pagina Facebook.
Vado di rado su Facebook, devo ammetterlo.
Purtroppo, ho una scarsa propensione a rovistare qua e là in cerca di qualcosa da condividere o di qualche link da inserire, per arricchire il mio profilo.
Il più delle volte - difatti - passo prima per youtube, scelgo una canzone che mi ricordi qualche cosa in particolare o che mi sia rimasta in mente per qualche motivo e risolvo così il mio problema del non aver mai troppo da dire, nel universo delle amicizie virtuali per eccellenza.
Ma...
Ieri...
Ieri, non è andata così!
Difatti, stavo quasi per cliccare sul "più" che consente l'apertura di una nuova scheda, quando la finestrella della chat si apre in basso a destra mostrandomi un messaggio di qualche giorno fa...
Leggo il nome del mittente e lo riconosco subito. Rispondo e - inaspettatamente - la trovo dall'altra parte pronta a parlarmi. E' un'amicizia accettata la scorsa settimana, una persona che non conosco, ma che - per qualche motivo a me ignoto - ha deciso di avermi nel suo elenco di conoscenze.
Anche a questo proposito, il mio atteggiamento "facebookiano" è piuttosto particolare...
Difatti, mentre in molti scansano le richieste di amicizia non note a priori, io - a patto di verificare un minimo che non si tratti di qualche virus, ma che ci sia un'identità vera dietro ad un nome - non clicco mai sul pulsante "rifiuta".
Ed è proprio su una cosa del genere che - in fin dei conti! - si basa il mio piccolo grande sogno.
Personalmente, infatti, sono dell'avviso che - salvo rare eccezioni (tipo l'essere in due città differenti o simili... non mi dilungo troppo, a proposito) - serva a poco un programma per tenersi in contatto con le persone che già si conoscono. Insomma, come disse una volta un noto comico in TV... se non ti ho cercato per tutto questo tempo (riferendosi alle persone con cui ci si è persi di vista), figuriamoci se mi salta in mente di cercare il tuo nome su "faccialibro!". Concordo in pieno!!!
Altrimenti detto, riconosco l'enorme potenziale del sistema ed il genio che si nasconde dietro all'idea, se Facebook viene visto come un modo per essere in qualche modo vicini; anche qualora non lo si sia mai stati nella vita reale.
Allora, quando a contattarti è una ragazza di diciannove anni che - nel già lontano 2004 - si è trovata a passare dalle tue parti (Gubbio!), è rimasta colpita dal manifesto che invitava la cittadinanza (e non solo) alla presentazione del tuo primissimo libro (Galeotto fu l'Sms) ed ha pensato, addirittura (perché, non è poi così scontato!) di entrare in libreria e di acquistarne una copia... Allora, sì! Sì... sono felicissima di essermi iscritta nell'archivio-persone praticamente più grande della rete, di averlo fatto con questa piccola speranza nel cuore, di aver atteso (nonostante le volte in cui ho pensato di spegnere l'account, causa il continuo sentirsi come un pesce fuori dell'acqua!) e di aver potuto constatare di persona che: Sì! A volte, i sogni si avverano!!!
Perciò...
Non mi resta che concludere questo mio secondo Post di ottobre, con un ringraziamento speciale per questa ragazza speciale... che in poco tempo a saputo regalarmi decine e decine di sorrisi e che spero di poter continuare a sentire anche nei giorni a venire. Grazie, grazie, grazie.
A tutti voi un saluto grandissimo ed un abbraccio.
Buona serata, a presto!!!