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sabato 19 dicembre 2015

Marmellata d'arance fatta in casa!

L'altro giorno ero in ritardo. Ho sceso le scale per raggiungere la cucina con una fretta tale che avrei potuto inciampare nei laccetti ancora da stringere e rompermi una gamba. Ma sono riuscita comunque a notarlo. L'aria sapeva di arance. Ho pensato potesse essere merito delle fette messe ad essiccare dentro il forno della stufa, perché diventassero addobbi per l'albero. Poi, però, mi sono ricordata che - mentre la sera prima stavo giocando un po' sul divano con mio nipote Enea - mia sorella e mia madre stavano pulendo e spezzettando arance per poter fare la marmellata. Con i due vasetti in bella vista accanto alla macchinetta per il caffè, sono stata tentata di assaggiarne. Ma ero in ritardo.
Il giorno dopo me ne sono dimenticata.
Nella calma di questo sabato mattina, ho finalmente ricoperto la superficie di una fetta biscottata.
Avete presente i bambini, quando apprezzano particolarmente qualcosa che stanno mangiando e si portano il ditino alla guancia? Ho fatto lo stesso. Al secondo morso mi è venuta in mente la scena di un film che adoro: Paddington. Dove l'orsacchiotto protagonista va matto per la marmellata di arance e convince la famiglia Brown a prepararne in casa. "Tutti dovrebbero avere il giorno della marmellata!". Vero. Bello. Il quinto morso mi ha fatto rammentare un pezzettino di un altro film. Di genere diverso, ma altrettanto stupendo: Quartet. In una casa di riposo per musicisti ormai lontani dalle scene, a colazione uno di loro si fa portare marmellata di albicocche, pur sapendo che l’amico adora quella di arance. Al primo morso dice: “Dovresti assaggiarne, sai? Sembra di mangiare il Natale”. Mi sono chiesta a lungo che cosa volesse significare di preciso questa cosa, senza capire.
Oggi ci ripenso e, se proprio devo associare al Natale il gusto di qualcosa, associo quello di questa favolosa marmellata di arance fatta in casa. Altri due morsi, prima di un'altra fetta. L’ho addentata facendo una scoperta.

Alla tenera età di trenta anni vengo a sapere che la parola marmellata vuole indicare unicamente un prodotto ottenuto dalla mescolanza di zucchero e agrumi. Non sarebbe perciò utilizzabile per gli altri tipi di frutta (vedi sopra, in riferimento alle albicocche); che invece producono confettura. Sorrido a mia sorella e dico: “Sarebbe la farcitura perfetta per una torta, tipo Sacher!”. Golosissima Me!!! Insomma,  è sicuro che ne prepareremo ancora! ;-) Uso il plurale tipico di chi si è perso qualcosa e non vuole che accada di nuovo. :-D Un’altra piccola tradizione, ascoltando il suggerimento di Paddingoton?!? Chissà…

domenica 19 luglio 2015

Questioni di... destino!

C'è ancora qualcosa in valigia. Sono rimasti i jeans dentro. Un paio di scarpe chiuso in una busta, tre t-shirt nuove e mai indossate e il libro che ha saputo tenermi compagnia per quelle poche sere che sono rimasta ‘lontana da casa’. Non ricordo chi l’ha detto, ma è vero che ovunque ci sia un libro non ci si sente mai soli. Non che la solitudine sia stata un problema da dover affrontare. Inaspettatamente le giornate sono state talmente piene, da lasciarmi a stento il tempo di tuffarmi tra le righe di qualche pagina. Su un totale di duecentosessantadue, trovo il segnalibro fermo tra la centocinquantesiama e la centocinquantunesima. Con le quattro frecce, come fosse una macchina indecisa a un bivio.
Avrei preferito non dimenticarmi di quella lettura in corso. Almeno per una volta, avrei voluto ricordare di dover finire quanto cominciato e non lasciare spazio a qualcosa di nuovo.
Invece un altro libro è già aperto sopra il comodino (insieme ad altri, diciamo la verità!) e per quello in valigia… nessun progresso apprezzabile.
C’è di buono che ha ancora il sapore di quella piccola, speciale, vacanza-corso.
Mi riporta in quella stanza d’albergo, grandissima per una sola persona. Sopra quel letto che, sin dal primo momento, anche se a vederlo sembra comodissimo, mi ha fatto temere di non riuscire a chiudere occhio la notte. Perché sono un’abitudinaria; purtroppo. E se c’è una cosa che mal sopporto è dormire in un letto che non sia il mio. Fortuna che la stanchezza della sera e proprio le buone pagine di quel libro hanno saputo dare una mano in tal senso.
Adesso avrei il tempo per mettermi a leggere e per smaltire un po’ di quell’arretrato dimenticato. I miei occhi, però, continuano a fissare quel bivio di carta e, nell’indecisione tra appiccicarmi con lo sguardo sulle prime parole della centocinquantesima pagina o lasciare perdere, mi ritrovo a giocherellare con il segnalibro.
Buffo. Per quanto ami un accessorio del genere, mai una volta che ne ritrovi uno classico tra le pagine. Spesso mi capita di strappare pezzi di carta dall’agenda che tengo sempre a portata di mano sul comodino. Se il libro non è di dimensioni troppo importanti, mi limito a usare i ‘risvolti’ della copertina. Non di rado, poi, accade di rendere utili allo scopo le comuni ‘fascette’ che comunicano di avere stretto tra le mani chissà quale bestseller del momento.
In quella camera d’albergo, lontana da tutte le mie abitudini di lettrice confusionaria, non avendo nulla di familiare a disposizione e tenendo proprio per ultima l’ipotesi di dover sottrarre dal bagno uno strappo di carta igienica (davvero poco elegante come segnalibro, ma… a mali estremi… fosse servito, non avrei esitato)… dopo un rapido sguardo in giro per la stanza, mi sono ricordata dei post-it lasciati a disposizione accanto al telecomando della televisione che, dopo un rapidissimo zapping, ho consapevolmente ignorato.
Ricordo di essermi ripromessa di sostituirlo con qualcosa di più consono allo scopo, una volta a casa. Promesse da marinaio.
Torno a pensare a quei sette giorni.
Solo un mese fa non avrei immaginato di ritrovarmi da sola in una stanza d’albergo per via di un corso da seguire. Ho rimandato talmente tanto (per motivi più o meno ovvi e più o meno accettabili, come ragioni plausibili per rinviare) che alla fine ero seriamente convinta, come lo erano in molti altri a dire il vero, che sarebbe rimasta una di quelle classiche cose per cui un giorno avrei detto: “C’ho pensato su tante volte, ma poi…”. Forse è stata la stanchezza per i troppi ‘rinvii’ che popolano le mie giornate a darmi la spinta giusta per partire. E se anche dovesse venirne fuori niente, pazienza. Mi sono divertita.
Divertente è anche il fatto che quel post-it mi riporti a un ricordo in particolare.
Il tempo di un viaggio in ascensore, dal terzo piano alla reception. Il tempo sufficiente per un sorriso.
Sono in ritardo per la cena. Tra allievi e docenti del corso abbiamo deciso di uscire insieme e, sicuro, sono già tutti fuori che mi stanno aspettando. Ho avuto un problemino con il cellulare, una mail da inviare e che non ne vuole sapere di ‘partire’. Evito di incontrarmi nello specchio perché i miei capelli sono un disastro, ma non c’è tempo per fare niente. Come se non bastasse, anche l’ascensore sembra non voler essere dalla mia parte. Non se ne parla di fare le scale a piedi, non posso farcela. Ma… com’è che entrambi sono fermi all’ottavo piano? Mi obbligo ad aspettare lì un minuto e non di più. Per mia fortuna, ripartono.
Quando quello di sinistra si ferma al mio piano, all’apertura meccanica della porta vengo accolta dal sorriso di un babbo con la sua bimba. Un ‘buonasera’ è d’obbligo, prima di piombare di nuovo nel silenzio. Sarei proprio curiosa di sapere come è andata la loro giornata a Mirabilandia e quante volte, poi, hanno deciso di affrontare le montagne russe, ma non lo chiedo. Sarebbe come ammettere che a colazione, mentre faticavo a sorseggiare un caffè all’americana per la pura smania di provare, mi sono lasciata coinvolgere dalle chiacchiere sui loro piani per la giornata. So già che andranno al parco giochi anche l’indomani.
Passiamo il secondo piano. Il primo. Finalmente siamo a terra. Le porte si aprono… “Urrà!!!”.
No! Non è il mio ‘urrà’ quello che riempie la grande hall.
“Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!”.
Il volto della bimba è arricciato di disapprovazione, mentre non può fare altro che rimanere a guardare la madre e il fratello, di poco più grande, che festeggiano.
La signora mi regala un grande sorriso: “E’ stata lei a farci vincere la scommessa. Ha chiamato l’ascensore e ci ha permesso di arrivare per primi giù”. In effetti, appena salita dal mio piano mi sono chiesta dove fossero finiti mamma e bambino, ma non avrei potuto immaginare che stessero giocando; che ci fosse una scommessa in ballo.
Mi congedo con un pollice all’insù agli esultanti (in risposta al loro)  e limitandomi a sussurrare un ‘mi dispiace’ alla piccolina che, per davvero, sembra esserci rimasta male. Spero almeno che la posta in gioco non sia stata troppo alta. Poi…
Sembrava di essere in un film.
In un film preciso, intendo, non tanto per dire.
Serendipity. Nel momento in cui lei chiede a lui di affidare il loro destino a due ascensori di un albergo della via. Se sceglieranno lo stesso piano, allora vorrà dire che è destino per loro di dover stare insieme. Altrimenti…
Una scena che, lo devo ammettere, odio con tutta me stessa. Per quanto conosca pressoché a memoria il film. Non affiderei mai una cosa del genere al caso. Non a un numero, non a una moneta lanciata in aria, non a una carta. A niente di tutto questo. Immaginate come ci si possa sentire quando, impotenti davanti al televisore, si è consapevoli del fatto che – in effetti – sia lui che lei hanno scelto lo stesso piano, ma… per la stessa ragione per cui io ho interferito nella sfida di quella famiglia, anche in Serendipity ce se ne mettono di mezzo a sufficienza perché… altrimenti non ci sarebbe stato il film!
Comincio a pensare di avere qualche cosa che non va quando, subito dopo aver allontanato dai pensieri questa prima associazione realtà-film, ecco arrivare la seconda. Meg RyanC’è posta per te. Un film che… Adoro! In una delle sue tante chat con NY152, Commessa scrive: ‘molte delle cose che vedo mi ricordano qualcosa che ho letto in un libro… ma non dovrebbe essere il contrario?’.
Appena uscita da quell’ascensore, mi sono ritrovata a farmi la stessa domanda. Sostituendo un film a un libro. Non dovrebbe essere il contrario?
Chissà…
In tutto questo marasma di parole e di ricordi, solo ora mi accorgo di non aver menzionato il titolo del libro che, grazie a un post-it tra le pagine, mi ha riportato a un piccolo istante di giorni fa…

È… Dimmi che credi al destino di Luca Bianchini (Mondadori, Maggio 2015). Dopo aver riassaporato le sensazioni di un momento, ho ripreso la lettura… sono a una cinquantina di pagine dalla fine. Mi riservo di parlarne più avanti. Ma… buffo che il titolo, che me lo ha fatto scegliere, sembri smentirmi su quanto appena affermato riguardo a Serendipity… pare che credere nel destino sia fondamentale, per continuare a conservare una certa fiducia nelle giornate future e nella vita in generale. E pare proprio che non si possa negare che… ci sono cose che è destino che accano e cose che, invece, no. Quella sera, mentre ero già snervata per il fatto di essere in ritardo per la cena, era destino che un piccolo momento in ascensore irrompesse in quel mio attimo di solitudine, per regalarmi un sorriso. A ognuno il suo. Alla prossima!

domenica 4 gennaio 2015

Piccoli pensieri positivi e... golose novità!

Prima domenica dell’anno. Sera. Mi ritrovo, con un po’ di ritardo rispetto al periodo dei bilanci personali, a pensare a quel che di più mi è piaciuto del 2014 e – con stupore e felicità – mi accorgo che sono più che altro le piccole cose, a essere rimaste impigliate nella rete dei ricordi. Nella continua ricerca dello splendore e dell’intensità di emozioni che regnano nei piccoli momenti, sorrido e… è il primo pensiero veramente positivo dell’anno. La consapevolezza di essere riuscita a collezionare dei piccoli momenti speciali. Sapere (sperare) di averne presto degli altri, a disposizione della memoria. Perciò, in tutto questo semi-marasma di pensieri, mi metto subito all’opera e… può sembrare sciocco, ma: è due anni che ci penso! ;-) Da quando l’ho sentita nominare (e vista preparare con entusiasmo) in un film (uno di quelli che, personalmente, trovo bellissimi… in pieno spirito natalizio e con un lieto fine non troppo scontato, ma certo), mi sono ritrovata spessissimo a pensare di volerla provare anche io. Ieri, al supermercato, alla ricerca di tutt’altro in realtà, alla fine mi sono decisa. Quindici minuti appena (o, forse, anche meno) per ritrovarmi nel cestino della spesa tutto ciò che – obiettivamente – non mi era indispensabile. Certo! Forse, per certi gusti (non per i miei, che hanno molto apprezzato) è qualcosa di decisamente fuori dal comune, ma… per la mia continua caccia di piccoli istanti di felicità (mi rende felicissima la sola idea di poter sperimentare qualcosa letto in un libro o visto in un film, anche se può sembrare sciocco), la prova ‘golosa’ di ieri sera è stata un risultato perfetto. :-D Ho cercato un po’ su Google, anche se non sono sicura di aver trovato notizie esatte. Si chiama Insalata Ambrosia e – pare – sia una pietanza tipica dei giorni di festa in America (qualcosa che non manca mai, per intenderci, nei menù delle ricorrenze speciali che ogni famiglia si ritrova ad avere). L’ingrediente principale? I Marshmallow! 



Adorandoli (letteralmente!), non potevo non provare… ;-) Forse, almeno all’inizio, con un po’ di titubanza di troppo e con il timore di dover buttare tutto nel secchio della spazzatura… Poi, però… a me è piaciuta tantissimo e anche in famiglia hanno sufficientemente apprezzato. Neanche a dirlo, sono già pronta a replicare. E, giacché il calendario segna già 2015… penso al fatto che tra qualche mese saranno 30 le candeline da spegnere e… Beh! Potrei ‘esportare’ una consuetudine americana e… far dell’Insalata Ambrosia un dolce speciale, del mio menù personale della festa di compleanno! Dopo pasta al forno, cotolette e patatine fritte (ormai approvatissimi!!!), in fondo… perché no? Gnam!



martedì 26 aprile 2011

Film e contenuti speciali...

Eccomi di nuovo qui!
Di fronte alla pagina di questo Blog, devo confessare di non sapere mai bene come comportarmi. Un nuovo spazio virtuale tutto per me; dedicato a pensieri, ad emozioni, a parole che sgorgano da una fantasia che - alle volte - mi sorprende.
Così, osservando i tasti poco lontani dalle dita, provo ad ascoltare il silenzio intorno a me... per percepire cosa - dentro - aspetta di venir fuori.
Ancora una volta, la "precedenza" va ai pensieri.
Spero arriverà anche un nuovo momento in cui, sedendomi davanti il computer, deciderò di aprire una nuova pagina bianca e di raccontare storie tutte mie. Per il momento, però... posso solo seguire ragionamenti più o meno profondi; nati più dal niente, che da qualcosa. Per il semplice gusto di ragionare, insomma.
Suona troppo strano, affermare quanto mi piaccia ragionare?
Spero di no!
Ad ogni modo, è una cosa di cui proprio non riesco a fare a meno.
Così capita che, pure di fronte ad un meraviglioso film (parere del tutto personale, ma credo che sia comunque largamente condiviso!), la mia testolina non possa proprio fare a meno di mettersi in moto e ragionare e fantasticare e, di nuovo, ragionare e fantasticare...
Il film in questione?
Orgoglio e Pregiudizio!
Lo so... lo so...
Anche in questo caso, mi tocca ammettere di aver adorato (letteralmente) il libro.
Insomma, parlando di Jane Austen è d'obbligo usare sempre un certo rispetto, perciò...
Lungi da me il provare minimamente a fare una qualunque sorta di analisi dei suoi scritti, se non per: dire che arrivano a toccare le corde più profonde del Cuore; che parlano - soprattutto a Noi Donne - come poche altre storie riescono a fare e... Beh! Che sono semplicemente senza tempo.
Se mai nella vita mi dovesse capitare di avere una figlia, spererei di scoprirla - un giorno - innamorata di questa meravigliosa scrittrice.
E... se, invece, mi dovesse capitare di avere un erede maschio (sempre nella speranza di avere figli, un giorno), spererei di riuscire a convincerlo a leggere almeno questo capolavoro; poiché - parere del tutto personale, anche in questo caso - credo che ogni uomo avrebbe qualcosa da imparare entrando in un mondo di parole tanto meraviglioso e complesso. Che cosa ne dite?
Ma, veniamo al presente...
In questi giorni passati di tregua lavorativa per le festività pasquali, ho potuto "rispolverare" alcuni tra i miei DVD favoriti e... guardarmeli in santa pace.
Orgoglio e Pregiudizio, nello specifico, è in cima alle mie preferenze.
Tanto che, ogni volta, non posso poi fare a meno di concentrarmi anche sui contenuti speciali... giusto per prolungare le bellissime sensazioni suscitate dall'intera storia.
E...
Chi l'avrebbe mai detto, che ero un "tipo da contenuti speciali"?
Fino a qualche tempo fa, proprio ignoravo a prescindere questo tipo di "bonus" venduto insieme al film.
Poi, un giorno per caso... Eccomi a guardare le scene tagliate di una storia d'amore... Ed il trailer cinematografico, che mi ero persa...
Da allora, non c'è volta in cui - con un disco nel lettore e giunta alla fine della proiezione - io non mi soffermi sui: contenuti speciali.
Quelli di Orgoglio e Pregiudizio, nella fattispecie, sono incantevoli.
Non tutti i film prevedono la possibilità di un finale alternativo, questo... Sì!
C'è da sognare, sognare e sognare (più di quanto non lo si sia già fatto durante tutto il film), guardando quei pochi minuti "alternativi".
Mr Darcy, insieme all'amata Elizabeth, si ritrova nel bel mezzo di una conversazione su: "come chiamarla".
Allora...
L'abbreviativo del nome, quotidianamente... mia perla la domenica... mia cara quando ci fosse stato da essere in disaccordo e... Mrs Darcy... quando lui fosse stato completamente, totalmente, incondizionatamente felice...
Credo possiate capire il finale, allora... un susseguirsi di: Mrs Darcy, Mrs Darcy, Mrs Darcy, Mrs Darcy...
Un battito del Cuore continuo.
Il sogno di essere, un giorno, la Mrs Darcy di qualche Mr Darcy... il motivo, per questo lui, di felicità totale, incondizionata, completa. Vicendevolmente alla propria.
E cosa altro avrebbe potuto sognare, un cuore romantico? Se non... l'Amore con la A maiuscola?
In fondo, non è questo... ciò che tutti andiamo cercando?
Allora...

Come al solito, mi sono lasciata prendere dai miei lunghi soliloqui. Spero non me ne vogliate.
A tutti, un saluto.
A presto!!!

domenica 27 marzo 2011

Ragionamenti di una tranquilla domenica mattina...

Eccomi di nuovo!
Con il cambio d'ora, stamattina non è proprio stato facilissimo alzarsi dal letto, ma... nonostante questo, la voglia di piazzarsi davanti il televisore per un bel film - alla fine - ha avuto la meglio sulla spossatezza generale; che mi suggeriva - piuttosto - di tirarmi le coperte fin sopra i capelli e di continuare a dormire; fino a che non fosse arrivata l'ora di pranzo.
Così, vestita con i più comodi indumenti "da casa" e vagliate tutte le possibili opzioni domenicali per la colazione - che, durante la settimana, si riduce ad una semplice tazza di latte e cacao bevuta al volo, in piedi davanti ai fornelli - ho subito passato in rassegna la mia piuttosto nutrita (senza esagerazioni, ma... vista la passione per le belle storie, ci sono film che proprio non potevo non avere!!!) collezione di Dvd.
Cosa vedere? Cosa vedere?
Di solito, di fronte ad un interrogativo di questo genere, che si ripete nella mente - assillante - fino a che non arriva la risposta a darmi il giusto sollievo e la giusta soddisfazione, ci metto sempre un bel po' di tempo a decidere.
Stamattina... stamattina, no!
Ho toccato il pavimento con i piedi, con la precisa voglia di... "Io & Marley".
Inutile che io stia a specificare di aver letto il libro... tutt'al più, potrei soffermarmi sul fatto di averlo fatto (mi scuso per il giro di parole) per ben tre volte. Un libro che ho letteralmente divorato la prima ed adorato le altre due.
E... credo sia altrettanto inutile, dichiarare quanto una storia del genere possa arrivare ad emozionarmi fin nel profondo.
Così, nei quasi 110 minuti di proiezione, tra una lacrima ed una corsa alla ricerca di un nuovo fazzoletto di carta, oggi mi sono ritrovata a soffermare il pensiero più sui soliloqui mentali del protagonista uomo della storia.
Un continuo raffronto tra ciò che era la sua vita in certi momenti e ciò che - nei suoi progetti iniziali - sarebbe dovuta essere; invece.
Provo a fare la stessa cosa? Ovvio che... sì!
Allora...
In men che non si dica, mi balza subito alla mente il fatto che: se solo avessi provato a fare un simile esperimento un anno fa... ciò che sarei riuscita a cavarne fuori - molto probabilmente - sarebbe stato null'altro che un mucchio gigantesco di motivazioni per piangere; piangere; piangere. A prescindere dalla storia.
Invece... con mia enorme sorpresa, mi sono ritrovata a dover costatare di... di non potermi lamentare affatto. E' assolutamente vero e comprovato che certi aspetti della mia vita non siano esattamente andati secondo i miei progetti, ma... ora come ora, a distanza di più di un anno, non riesco a provare rimorso o rimpianto... per ciò che sarebbe potuto essere, ma che non è stato.
Ed improvvisamente, allora, ho cominciato a sorridere su quanto la vita possa riservare sorprese ed essere tanto imprevedibile quanto bella; proprio nella sua imprevedibilità.
Non solo... sono proprio scoppiata in una sonora risata (se qualcuno mi avesse vista e/o sentita, probabilmente, avrebbe subito afferrato il telefono per contattare la neuro o qualcosa del genere!), quando ho realizzato anche che: se qualcuno mi avesse detto che un giorno, in una tranquilla domenica mattina di inizio primavera, mi sarei ritrovata da sola, a capire tutto ciò di cui ho appena parlato sopra... probabilmente, non ci avrei creduto. Sul serio!!!
Minimo, ma... proprio minimo, minimo, minimo... gli (o le) avrei dato del pazzo/a!
Ho sempre pensato ai fatti della vita di ognuno come ad una sequenza più o meno precisa ed in larga parte decisa dal proprio protagonista, come ad una qualcosa che non si potesse in alcun modo cambiare e stravolgere da un momento all'altro. Oltretutto, abituandosi allo stravolgimento.
Ma...
Evidentemente...
Del mio ragionare così, qualcosa non deve essere piaciuto alla vita stessa.
Allora...
Eccomi vederla - giorno per giorno - riempirsi dei pensieri più inaspettati e dei momenti più imprevedibili. Giusti, sbagliati?
Chiudo il ragionamento prendendo in prestito le parole di una canzone: lo scopriremo solo vivendo!
A tutti l'augurio di una splendida serata. Con la speranza di non essere giudicata troppo "folle", per questo mio saltare di palo in frasca... magari partendo da una piccola parte di film. A presto!!!

giovedì 13 gennaio 2011

Serendipità &...

Eccomi di nuovo qui...
Qualche giorno, stavolta, è passato.
Un po' esausta, appena tornata a casa sono salita in camera ed ho acceso il Pc.
Qualche minuto di svago on line è piacevole e distensivo quasi quanto gustare un biscotto (facciamo due!) farcito con gocce di cioccolata fondente ed un bicchiere di latte caldo, davanti alla televisione.
Perciò...
Giacché ho dato vita a questo nuovo mondo virtuale per dare sfogo ai miei pensieri e - spero presto - alla mia "vena creativa", in fatto di scrittura...
Prendo spunto da un pensiero che - stranamente - ha assillato la mia testa per tutto il giorno... la Serendipità.
Ora, prima che io esponga in breve il mio modo di vederla su casualità, coincidenze, fato, ecc... lasciate che ammetta che... Sì! Forse, l'aver rivisto il film (Serendipity) nei giorni scorsi, mi ha condizionata più di quanto io possa ammettere.
Trovo al tempo stesso affascinante, complessa e singolare l'intera trama...
I due protagonisti si incontrano in un momento tendenzialmente sbagliato, ma - da qualche parte - sembra già scritto quanto siano fatti l'uno per l'altra...
Così, per quanto io abbia faticato a seguire l'intero percorso della storia d'amore, arrabbiandomi ogni volta che il voler pretendere risposte dal destino ed il volerlo mettere continuamente alla prova allontanava i due dal lieto fine, all'ultimo minuto... sono stata ripagata di tutta la trepidante attesa.
Certo è che... pur credendo che esista quasi sempre una ragione in ciò che ci succede ed in ciò che viviamo e che - alla luce di ciò - non si dovrebbe temere per imprevisti... Non penso che avrei mai il coraggio di mettere la mia vita tanto "sul filo del rasoio".
Dunque...
Eccomi arrivare, come fossi una trottola impazzita, all'altro concetto che - stimolato dal riflettere vagabondo sulla Serendipità - mi sta tormentando e non poco...
Si può arrivare sulla via giusta, sulla strada della vita, per caso?
Apparentemente... molte giornate sembrano impostate proprio su intere sequenze di casualità, ma...
E se ci fosse comunque una ragione?
Insomma...
Poniamo il caso che io esca per acquistare (ad esempio...visto il contesto, mi sembra il più calzante) un determinato libro, ma - gironzolando per la libreria - venga colpita da un altro... Quanto successo è solo coincidenza, o c'è una ragione che scoprirò solo leggendo?
Magari, il nuovo libro nasconde in sé un insegnamento di cui potrei aver bisogno, magari...
Oddio, sto cercando di non incartarmi, ma... non è semplice.
Così...
Al bando le ciance, ecco il mio semplice modo di vederla...
Non credo nel caso (dico quasi mai, perché... come recita il proverbio: mai, dire mai!)... Io...
Sono più propensa a pensare che, in tutto, ci sia in qualche modo una ragione d'essere.
Non solo...
Credo anche che - pur presentandocisi delle occasioni travestite da semplici, banali "casi" - sta a noi dar la forza al tutto, perché non muoia nella mera casualità. In poche parole... ognuno è artefice del proprio destino.
Non si può sperare di vincere alla lotteria, se non si acquista il biglietto...
Non si può desiderare di vivere facendo ciò che ci piace, se non ci si applica per provare a raggiungere l'obiettivo...
Non si può...
Potrei continuare praticamente all'infinito, ma... temo di aver già ingarbugliato abbastanza il discorso. Così... metto l'ultimo punto e concludo con ciò che mi da forza ogni giorno...
L'aver l'opportunità... è solo la spinta iniziale...
Un saluto a tutti e l'augurio di una serena serata.
A presto!