lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale, famiglia!


Eccomi qui! Come promesso, una tazza di tè in mano (alla menta piperita... perché dopo averlo sentito nominare in un film, non sono riuscita a resistere dall'andare subito a cercarlo al supermercato!) e una bella fetta di pandoro... per godermi un po' di tranquillità (prima di uscire di nuovo per le immancabili, intense faccende che precedono il Natale!) e per rispolverare un po' la magia natalizia di questo racconto di qualche anno fa. Era il 2005 quando, su richiesta della redazione per cui all'epoca scrivevo, ho composto queste righe per un racconto di Natale che è stato poi pubblicato all'interno dello "Speciale" dedicato alle festività... Non è perfetto, ma non ho voluto stravolgerlo... Spero comunque che vi piaccia! Vi auguro di trascorrere una Sereno e Felice Natale... che possa essere un giorno speciale, da condividere con gioia insieme a tutta la Famiglia! Un abbraccio grande, a presto! :-)


Il vecchio orologio a cucù segnava le dieci passate da qualche minuto.
Nella cucina del casolare di campagna a est di Gubbio, poco lontano dalle ultime zone abitate della periferia, a parte il trascurabile ticchettio delle lancette e l’immancabile rumore di tarlo che, a far attenzione, si sentiva provenire dall’unico mobile dell’ambiente, regnava il silenzio.
Il grande tavolo in legno di noce, al centro della stanza, era in parte ancora apparecchiato. Come a testimoniare la fretta con cui tutti erano usciti, dopocena.
Sopra, in ordine sparso, vi erano rimasti quattro piattini da dolce, altrettanti bicchieri e forchette e - su un vassoio a parte - quello che era avanzato di una deliziosa (almeno a vedersi) torta di mele.
Poco più lontano il fuoco, ormai quasi del tutto spento nel vecchio camino, sembrava attendere che qualcuno che lo riattizzasse, per nulla intenzionato a esulare tanto presto l’ultimo, caldo respiro. Non in quella sera, insomma.
Eh Sì! Perché quella era una serata speciale….il 24 dicembre, la vigilia di Natale.
La data nel calendario era stata cerchiata in rosso più volte. Che qualcuno avesse paura di incorrere in una dimenticanza?!? No, di certo.

Era stata Chiara a farlo, una volta tornati dalla messa della prima domenica d’avvento.
Seppur avesse soltanto otto anni, Chiara era una bambina molto precisa e attenta.
Guardando il nonno mentre si adoperava con colori e pennello, per riuscire a portare a termine quello che sarebbe stato il regalo di Natale per sua madre e suo padre, con il grosso pennarello rosso in mano aveva esclamato: “Ecco qua! Da adesso, tutti ci impegneremo perché il giorno di Natale sia perfetto. Vero, nonno Gino?”.
Il nonno non era riuscito a trattenere un sorriso. Sembrava non essere passato nemmeno un istante…
Un tempo quell’onore era toccato al suo bambino. Adesso, era la volta della nipotina.
Chi avrebbe mai potuto immaginare che un qualcosa nato per gioco, sarebbe poi diventato una ferrea tradizione di famiglia?
Ricordava quell’anno con esattezza. Era il 1960 e tutti si accingevano a festeggiare proprio la prima domenica d’Avvento. Suo figlio aveva da poco compiuto sette anni.
Rammentava bene quanto questi cominciasse a dare segni d’impazienza per quelle feste ormai prossime. E ricordava di aver pensato che fosse perché aveva perso prematuramente la madre.
Perciò, aveva istituito il gioco del ‘cerchia la data’.
Quel modo facendo, il piccolo Luigi sapeva che avrebbe avuto più poche settimane a disposizione per comportarsi da bambino bravo, ubbidiente e per far in modo che tutte le questioni natalizie, gli addobbi, i regali e altro, arrivassero ultimate nel dettaglio alla sera della vigilia; quando l’attesa per la grande festa sarebbe stata veramente agli sgoccioli.
Tornando alla realtà, Gino rispose a Chiara: “Non sbagli bambina mia, tutti ci daremo da fare. Anzi, inizieremo proprio oggi. Che ne dici di metterci subito all’opera, per allestire un meraviglioso presepe e  realizzare uno splendido e luccicante albero di Natale?”.
Chiara non stava nella pelle! Sperava di ricevere una proposta del genere.
Cominciando a saltellare di gioia per tutta casa e a canticchiare le poche strofe che aveva imparato a scuola di We wish You a Merry Christmas, corse di volata al piano di sopra, nella sua cameretta, alla ricerca di qualcosa di adatto da indossare per l’escursione in montagna (si fa per dire) in caccia di belle e grandi pellicce di muschio verde.
Cinque minuti più tardi era di nuovo scesa in cucina, infagottata fino alla punta dei capelli, con giaccone, sciarpa, guanti e berretto. “Bene andiamo, sono pronta!”, riuscì a stento a dire da sotto la spessa coltre che aveva addosso.
Il nonno la seguì con passo svelto fuori di casa. Armati di cestino e coltello, si incamminarono su per l’oliveto poco lontano, facendo attenzione ad aguzzare lo sguardo a terra.
Passo dopo passo, riuscirono a raggiungere l’altra estremità della piantagione e il grande abete che, a pochi metri di distanza dall’inizio della fitta boscaglia, troneggiava maestoso.
Chiara si incantò a fissarlo. Era altissimo.
“Nonno, pensa che bello se il nostro albero di Natale fosse così grande!”.
Le brillavano gli occhi solo all’idea. Peccato che proprio non fosse possibile: “Sai benissimo che non si può. Non solo, il nostro piccolo abete si offenderebbe se ti sentisse parlare così…”.
Gino le sorrise strizzando leggermente un occhio, dopodiché, mano nella mano, si incamminarono di nuovo verso casa.
Dalla cappa del camino si vedeva uscire una densa nuvola di fumo bianco, forse il pranzo era pronto.
L’odore che gli arrivò alle narici, una volta giunti a pochi metri di distanza dall’abitazione, fu per entrambi una piacevole conferma. Qualcuno doveva aver cotto parecchia carne alla brace.
Quasi con irruenza, nonno e nipote, allora, entrarono in cucina. Si lavarono le mani, prima di prendere posto intorno alla tavola già apparecchiata. Si mangia!
Fra un boccone e l’altro, Chiara raccontò ai suoi genitori della piacevole passeggiata mattutina, facendo attenzione a non tralasciare nemmeno il più piccolo dei dettagli.
Alzandosi in piedi, inoltre, andò a spiccare il calendario dalla parete, volendo mettere in evidenza il fatto che era iniziato per tutti il periodo di preparazione, come lei lo chiamava.
A questo proposito il padre, prima di recarsi in salotto, la invitò a sedersi di nuovo: “Aspetta qui! Ho una piccola sorpresa per te!”.
Quando fu di ritorno, con le mani dietro alla schiena, chiese: “Secondo te, cosa nascondo?”.
Chiara provò diverse volte a indovinare, in alcuni casi menzionando anche soluzioni al limite dell’immaginabile, ma il risultato fu un nulla di fatto.
Allora Luigi, non volendo insistere oltre, svelò lentamente l’arcano, mostrando a tutti un freschissimo ramoscello di vischio.
“Io e tua madre lo abbiamo trovato poco lontano da qui mentre tornavamo dalla nostra passeggiata. Era attorcigliato al ramo di un melo”.
Chiara lo afferrò per toccarne le piccole foglie spesse, facendo attenzione che le bacche madreperlacee non si staccassero. Poi, legando attorno al stelo un nastrino rosso, si fece aiutare ad appenderlo sopra alla porta, come ulteriore segno di buon auspicio per il Natale che si stavano accingendo a vivere.
Quindi, tutti tornarono a tavola.
Il pranzo si poté concludere come era iniziato. Tra una chiacchiera e l’altra, colmo di speranze e di preparativi da avviare.
Nel primo pomeriggio,  ancora tutti insieme, inaugurarono la fase clou degli allestimenti.
Prendendo una piccola scodella dalla credenza dei piatti e quattro pezzetti di carta bianca, Chiara disse: “Credo sia giunto il momento della nostra seconda tradizione…quella istituita dalla mamma qualche anno fa”.
Gli altri, allora, gridarono in coro: “il ‘forma la coppia’!”.
Ognuno scrisse il proprio nome su un foglietto, lo piègò e lo mise nella ciotola in mezzo al tavolo.
Una volta pronti tutti e quattro, Chiara, mescolando attentamente con la sua manina, ne scelse due a caso.
Nemmeno a farlo apposta! I primo estratti furono Gino e Chiara.
Loro si sarebbero occupati del presepe, gli altri, invece, dell’albero che, già pronto in sala da tempo, attendeva solo di essere abbellito.
Tutto era pronto…Via, si comincia!
In men che non si dica, il pavimento diventò pieno di scatoloni e scatoline d’ogni genere. Palline di natale, nastri colorati, statuine, luci d’ogni forma, colore e dimensione erano dappertutto.
Nell’immensa allegria di quelle quattro pareti, ognuno svolse accuratamente la propria mansione, fino a che, appena poco prima che il cucù cantasse ad annunciare le otto di sera, non fu tutto finito.

Il massiccio portone di legno si aprì con un cigolio.
Una folata di vento improvvisa non mancò di far entrare qualche fiocco di neve, che da poco aveva iniziato a scendere copiosa al suolo.
Erano le due di notte passate….il grande momento, dopo tanto attendere, era finalmente arrivato. Come ogni anno, intenso più che mai.
Uno alla volta varcarono la soglia, togliendosi subito i giacconi di dosso.
Chiara e gli altri, prontamente accolti dai mille bagliori colorati che invadevano la stanza adiacente l’ingresso, non riuscirono a trattenere di nuovo un fiume di commenti entusiastici sulla serata, seppur non avessero parlato d’altro per tutto il viaggio di ritorno.
I tanti presepi parrocchiali che avevano visto erano uno più bello dell’altro, la celebrazione di mezzanotte era stata toccante e gioiosa più che mai, complice anche la particolare recita a tema realizzata dai bambini del catechismo, e, dulcis in fondo, l’Albero di Natale più Grande del Mondo, imponente sulle pendici del monte Ingino, come sempre era uno spettacolo di ineguagliabile splendore.
Chiara sapeva che non avrebbe mai potuto prendere sonno, dopo tanta felicità. Ma, rassegnandosi al volere dei genitori, lanciando un ultimo bacio a tutti, sussurrò: “Buon Natale, famiglia mia!”. Andò a dormire. 

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